La pressione sugli ospedali è ormai in flessione e anche il ‘Carlo Urbani’ torna alla normalità dopo due anni di pandemia. Tra le date storiche da cerchiare in rosso c’è quella del 4 marzo 2020. Risale a quel giorno il primo ricovero di un paziente Covid positivo nella Terapia Intensiva del presidio ospedaliero di Jesi, ricovero inevitabile per l’impossibilità di centralizzazione verso le strutture sanitarie individuate in ambito regionale. «Nei giorni successivi, dal 7 al 22 marzo, per rispondere al progressivo afflusso di pazienti con patologia Covid, vennero attivati 5 reparti Covid per un totale di 100 posti letto (di cui 18 di terapia semintensiva e 15 di terapia intensiva) e 2 sedi di Pronto Soccorso, realtà assistenziali che hanno reso il “Carlo Urbani” la struttura Asur che ha accolto per varie settimane il maggior numero di degenti Covid positivi.- ricorda in una nota della direzione saniatria dell’ospedale “Carlo Urbani”- Da allora sembrano passati molto più di due anni per l’incredibile impegno che il “Carlo Urbani” ebbe e continuò a sostenere, ma il ricordo è sempre particolarmente vivo sia per la drammaticità del momento iniziale sia per le successive fasi pandemiche affrontate, sia perché, anche se con numeri notevolmente ridotti, la struttura rimane uno dei capisaldi a livello regionale nella lotta alla pandemia Covid».
Il “Carlo Urbani” si è anche contraddistinto nella cura dei pazienti con la somministrazione di anticorpi monoclonali anti Covid, nel monitoraggio dei pazienti affetti dal “Long Covid” eseguito presso l’ambulatorio integrato ed infine il forte supporto offerto da medici ospedalieri presso gli hub vaccinali. «Testimonianze, queste, di notevoli capacità di riorganizzazione, di flessibilità assistenziale, di “aver corso insieme al virus” nelle varie espressioni della pandemia. – prosegue il comunicato – Il tutto con le più assolute isorisorse e figure professionali che hanno incessantemente lavorato per settimane, mantenendo inoltre attività Covid-free di tipo chirurgico, letti di Utic e Stroke Unit, tutta l’attività materno-infantile, nonché un reparto di degenza ordinaria e post-acuzie per pazienti medici. Nessun atto di eroismo né enfatici ruoli da trincea, ma certamente il Carlo Urbani ha onorato il dovere richiesto dalla complessità del momento che si stava vivendo, consentendo alla struttura ospedaliera di non perdere il controllo della situazione. Chiamarsi “Carlo Urbani” richiede la consapevolezza del grande onore, ma anche del grande onere, insiti nel proprio nome. In ogni fase della pandemia, il valore aggiunto emerso è risultato legato ad una riscoperta di valori comuni, ad una coesione del gruppo, ad un forte senso di appartenenza alla struttura. Come riportato nell’enorme poster affisso nella hall di ingresso dell’Ospedale “non dimenticheremo mai tutto questo”».
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