di Claudio Maria Maffei*
Uno degli effetti della pandemia è stato quello di ridurre in maniera importante le attività sanitarie programmate sia quelle chirurgiche, che quelle ambulatoriali e diagnostiche e quelle per la diagnosi precoce dei tumori (pap test, mammografia e sangue occulto nelle feci). Questa riduzione c’è stata in tutte le Regioni e adesso lo Stato ha messo a disposizione importanti risorse per recuperare le prestazioni perdute. Pochi giorni fa, il 2 maggio, la Regione Marche ha approvato la delibera con cui ripartisce tra le aziende i quasi 13 milioni di euro (12,86 per la precisione) che le sono stati assegnati.
I 12,86 milioni di euro sono stati così ripartiti: Asur Marche 7,36 milioni; Azienda Ospedaliera Ancona 3,10 milioni; Azienda Ospedaliera Marche Nord 1,42 milioni; Inrca 0,96 milioni. L’Asur può “rigirare” al privato fino a 1,65 milioni per contribuire al recupero. Nella tabella si vede per ogni Azienda la ripartizione del fondo tra le tre aree di attività: ricovero, prestazioni specialistiche ambulatoriali e screening. Per riuscire a ottenere questo risultato le Aziende possono richiedere ai propri professionisti prestazioni aggiuntive oltre l’orario di servizio (ovviamente retribuite a parte), fare assunzioni a tempo determinato, aumentare le ore degli specialisti convenzionati interni e acquistare dai privati. In base alla Delibera regionale sembra che il 20% delle prestazioni debba essere recuperato entro maggio, un altro 20% entro agosto e il resto entro dicembre. Adesso le Aziende dovranno organizzarsi per recuperare le prestazioni perdute di cui hanno stimato l’entità nelle schede allegate alla Delibera.
Detto di questa buona notizia vediamo le criticità che andranno risolte: la delibera dice che si cercherà di riportare la offerta di prestazioni a quella del 2019. Ma siccome già nel 2019 c’erano liste di attesa troppo lunghe si rischierà di accumulare alla lista di attesa delle prestazioni “perse”, quella delle prestazioni “nuove”; sarà difficile trovare le risorse di personale necessarie nel sistema pubblico e quindi forse ci si dovrà rivolgere più del previsto al privato, il che non è un male ma rischierà di favorire ancora di più la scelta dei professionisti di andare a lavorare nelle strutture private; si dovrà decidere come regolarsi nei confronti di chi non avendo trovato posto nelle strutture pubbliche si è rivolto nel frattempo al privato sostenendo i costi di tasca propria.
Infine tre domande che potrebbero interessare ai cittadini e che meriterebbero una risposta immediata dalla Regione: debbono chiamare loro o verranno chiamati e se verranno chiamati chi lo farà e quando succederà? Se hanno sostenuto dei costi per ottenere le prestazioni non ottenute hanno diritto ad un rimborso? Per le prestazioni richieste da adesso in poi cosa succederà se il sistema pubblico non riuscirà garantirle nei tempi previsti dalla normativa?
*Medico e dirigente sanitario in pensione
«Riduzione delle liste d’attesa, 13 milioni in più nelle Marche»
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