Sequestro dell’allevamento di cani di Trecastelli: chiuse le indagini preliminari con 15 indagati a vario titolo. I Carabinieri Forestali del Gruppo di Ancona, con la collaborazione di altri Reparti dell’Arma, hanno completato la notifica ai 15 indagati gli avvisi di conclusione indagini emessi dalla Procura della Repubblica di Ancona nell’ambito del Procedimento penale che il 7 gennaio del 2021 aveva portato al sequestro di un noto allevamento di cani di piccola taglia nel Comune di Trecastelli. Contestati, a diverso titolo, a 3 allevatori, un veterinario, 3 dirigenti Asur, 5 appartenenti ad organi di controllo e a un amministratore pubblico, i reati di disastro colposo, maltrattamento animali, abusivo esercizio di professione veterinaria, mancato rispetto dei provvedimenti dell’autorità sanitaria, corruzione, frode in commercio, falso in certificazioni, omessa denuncia di reato, traffico internazionale di cani
Il sequestro dell’allevamento, operato oltre un anno fa, su delega della Procura della Repubblica di Ancona, ha determinato l’inizio di attività investigative complesse, protrattesi sino ad oggi, che hanno consentito di ricostruire una serie di condotte poste in essere da diversi soggetti ritenuti responsabili di aver cagionato uno dei più gravi disastri sanitari veterinari riguardante la nostra regione, estendendosi anche ad altre regioni italiane.
I Carabinieri Forestali il giorno del sequestro hanno riscontrato una situazione di degrado che causava gravi sofferenze agli animali ospitati nell’allevamento: la struttura, autorizzata per ospitare 71 cani, ne conteneva oltre 800 di cui diversi rinchiusi in trasportini, in ambienti pervasi dall’odore nauseabondo dell’ammoniaca prodotta dalle deiezioni. Dagli elementi acquisiti è emerso che tale situazione di degrado era stata provocata innanzitutto dalle attività illecite degli allevatori ma vi avevano contribuito anche condotte attribuibili ai diversi soggetti deputati ai controlli, che, dal 2018 al 2021, non avevano adottato tempestivi provvedimenti contribuendo al perpetuarsi e all’aggravarsi delle condizioni sanitarie dell’allevamento. In particolare, pur essendo note agli organi di controllo le condizioni di sovraffollamento del canile già dal 2018, non venivano effettuati i controlli necessari per favorire il decongestionamento della struttura, nè venivano fatte rispettare efficacemente le ordinanze emesse dalle Autorità Sanitarie. Tale operato causava, quindi, la prosecuzione degli accoppiamenti dei cani nel canile ed il progressivo incremento del numero degli esemplari oltre quello consentito. Sono state accertate anche numerose importazioni illegali da paesi dell’est europeo, soprattutto di cani di piccola taglia e razze toys, le quali, secondo i Carabinieri Forestali, avrebbero comportato l’ingresso in allevamento del patogeno Brucella canis – causando l’unico focolaio europeo della malattia -, che ha poi determinato il blocco sanitario della struttura nel giugno 2020.
Inoltre malgrado il blocco sanitario gli allevatori si sono adoperati, con la complicità di 1 veterinario libero professionista e di altri 2 soggetti per continuare la vendita di cani, peraltro appartenenti al focolaio e potenzialmente malati. Pertanto, sono accusati anche di mancato rispetto del provvedimento dell’autorità sanitaria, produzione di certificati falsi e di frode nell’esercizio del commercio. I Carabinieri Forestali, su incarico dell’Autorità Giudiziaria, hanno effettuato il rintraccio degli animali abusivamente commercializzati, dopo il blocco sanitario, in tutta Italia ed anche all’Estero (circa 100) dando notizia di quelli ritrovati al Ministero della Salute per l’attivazione delle Autorità sanitarie competenti per l’adozione dei provvedimenti di profilassi di competenza utili per evitare il diffondersi dell’epidemia.
Dopo il sequestro del canile, avvenuto nel gennaio 2021, gli allevatori hanno ancora cercato di cedere alcuni cuccioli con la complicità di soggetti residenti fuori regione. Tale attività illecita è stata prontamente scoperta e bloccata dagli inquirenti Successivamente al sequestro dell’allevamento la regione Marche si è dovuta far carico degli interventi necessari per la messa in sicurezza del focolaio ed il ripristino delle condizioni di benessere animale dell’allevamento, con il coinvolgimento anche del Comune di Trecastelli, che ha comportato un ingente dispendio di risorse finanziarie e personali. Oltre 1 milione e mezzo di euro i fondi pubblici stanziati dalla regione Marche, con veterinari pubblici e maestranze impiegate quotidianamente da un anno e mezzo per gestire gli animali, circa 400 dei quali sono stati contagiati dalla Brucella canis – malattia trasmissibile all’uomo e difficilmente curabile –. Altri 300 cani risultati negativi sono stati isolati dai positivi e ceduti in adozione a famiglie individuate dalle associazioni animaliste, grazie ad un dispositivo emesso dalla Procura della Repubblica di Ancona che ha consentito anche un ingente risparmio economico.
In particolare i 3 allevatori sono indagati per disastro colposo, per aver continuato le riproduzioni nell’allevamento ed importato illegalmente cuccioli dall’est europeo – peraltro sotto le età consentite -, nonostante vi fosse un ordinanza che vietava ingressi e riproduzioni. Le condotte illecite degli allevatori non erano contrastate efficacemente dagli organi di controllo, che spesso affrontavano con superficialità gli accessi in allevamento mostrandosi fin troppo benevolenti. Tanto che l’autorità giudiziaria. ha ritenuto di ritenerli corresponsabili del reato di disastro. Nel corso delle indagini i Carabinieri Forestali hanno accertato anche la cessione gratuita di un cucciolo di alta genealogia ad un dirigente veterinario incaricato di coordinare i controlli presso l’allevamento stesso oltre alla redazione di alcuni verbali di controllo non corrispondenti al vero o comunque privi di alcuni elementi necessari per circostanziare la grave situazione in essere. Gli allevatori sono anche accusati di aver commissionato l’importazione illegale da paesi dell’est Europa almeno 31 cuccioli, di età molto inferiore alle 12 settimane consentite, senza vaccinazione antirabbica.
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