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Infrastrutture, al Centro Italia
solo il 15% delle risorse Pnrr.
Per Ancona 931 euro ad abitante

IL COMMENTO di Ugo Bellesi - Neanche il Piano di ripresa e resilienza riuscirà a ridurre il gap con le regioni del Nord. Per la nostra provincia c'è da segnalare anche il dato della mobilità passiva che costa alla Sanità 25 milioni 525.923 euro

 

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Ugo Bellesi

di Ugo Bellesi

Le Regioni del Centro Italia avevano fatto molto affidamento sui fondi del Pnrr per poter riequilibrare, sia pure in parte, le proprie infrastrutture assolutamente carenti nei confronti del Nord Italia. E non erano speranze campate in aria dal momento che una finalità prioritaria del Pnrr è proprio quella di riportare sia le regioni del Centro Italia, che quelle del Sud, ad una situazione economica tale da poter dare anche un contributo al rilancio di tutto il sistema Italia.
Purtroppo le prime analisi ci dicono che questa finalità è ben lungi da essere raggiunta. E’ stato infatti rilevato che mentre le regioni del nord e quelle del sud, hanno fatto la parte del leone, il Centro Italia ha avuto assegnato appena il 15% delle risorse del Pnrr per cui i segnali di un possibile recupero non sono affatto incoraggianti. Infatti le quattro regioni coinvolte nel terremoto del 2016 sono ancorate ai problemi della ricostruzione per cui sono sempre da affrontare temi fondamentali come la rigenerazione urbana, demografica, economica e sociale dell’Appennino centrale. Si guarda sempre con grandi speranze alla possibilità di creare una Zona economica speciale che abbracci almeno tre regioni e cioè Marche, Umbria e Abruzzo (anche per il sisma del 2009).
Frattanto è stato reso noto uno studio del professor Gianfranco Viesti (con le ricercatrici Carmela Chiapperini e Emanuela Montenegro) dell’Università di Bari che ha messo in relazione l’ammontare degli stanziamenti del Pnrr con il numero di abitanti di ciascuna città che ha beneficiato di questi fondi. Questo è servito per stabilire quale sia stato l’investimento per abitante. Ne è scaturita una classifica che vede al 4° posto Ascoli (con 2.313 euro per abitante), al 17° posto Urbino (con 1.433 euro), al 27° posto Fermo (con 1.076 euro) e al 30° posto Ancona (con 931 euro).

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Lavori autostradali

Soltanto Macerata non figura in questo elenco: evidentemente la ripartizione tra gli abitanti è inferiore a 900 euro.
Da questo è risultato che non c’è stato un criterio unico per dotare i territori delle risorse necessarie per recuperare il divario con le aree privilegiate del paese. Così ad esempio per gli asili nido la scelta si è fatta in base ai progetti presentati dalle amministrazioni locali ma non si è imposto il vincolo di realizzarli nelle città in cui mancavano del tutto o erano insufficienti. Così per la “Rigenerazione urbana” (con un ammontare di 3,4 miliardi) le risorse sono state assegnate solo in base all’”indice di vulnerabilità”. Per il rinnovo della dotazione di autobus urbani (3,6 miliardi) si è adottato il criterio del “livello di inquinamento dei Comuni”.
Eppure era proprio fondamentale ridurre le forti disparità esistenti tra i cittadini nella fruizione di diritti fondamentali come l’istruzione, la salute, la mobilità e quindi le infrastrutture. Il docente universitario Gianfranco Viesti ha così spiegato come il riequilibrio tra tutte le regioni sia vantaggioso anche per l’Italia del nord: «Un complessivo rilancio dell’economia italiana si potrà ottenere solo attraverso il concorso di tutte le sue regioni: e in molte di esse vanno create condizioni migliori per le attività economiche. Non va dimenticato che lo sviluppo delle aree più deboli del paese crea un forte vantaggio (ad esempio in termini di ampliamento del mercato) per quelle più forti».
Quindi giustamente il governo a suo tempo aveva previsto che in ogni bando il 40% delle risorse fosse destinato al Mezzogiorno. Però ci si è dimenticati che ci sono anche altre “aree deboli” del Paese le cui amministrazioni locali tra l’altro hanno anche maggiori difficoltà a presentare progetti per carenze ataviche delle strutture tecniche. E’ chiaro infatti che sono maggiormente efficienti le amministrazioni comunali più grandi che si trovano al nord e non al centro.
Ma a questo proposito lo stesso Viesti sottolinea con rammarico che i Comuni lombardi e veneti, finiti fuori graduatoria per i progetti di “rigenerazione urbana”, sono riusciti ad avere i finanziamenti “fuori sacco” con circa 905 milioni. E’ evidente che non solo la politica ma anche le grandi imprese del nord in queste scelte hanno il loro peso. Dobbiamo riconoscere che nel sistema imprenditoriale delle Marche non mancano le eccellenze ma la quota di occupazione delle aziende di maggiore dimensione è purtroppo relativamente bassa e ciò limita la capacità innovativa e la produttività del sistema nel suo complesso. Quindi le istituzioni, nel dare sostegno alle piccole imprese, debbono puntare soprattutto alla crescita piuttosto che alla sola sopravvivenza.

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Ospedale di San Severino

Abbiamo però un primato, anche se negativo. Infatti nella sanità la mobilità passiva (che comporta un numero crescente di marchigiani che si ricovera in strutture fuori delle Marche) ha costretto la nostra Regione ad un esborso medio di quasi 114 milioni e 28.858 euro l’anno tra il 2017 e il 2021. Questo quanto risulta da uno studio della facoltà di economia dell’Università politecnica delle Marche. E’ di 39 milioni 744.193 euro l’esborso annuo per i pazienti della provincia di Pesaro. Per la provincia di Ancona la mobilità passiva costa 25 milioni 525.923 euro; per la provincia di Macerata 20 milioni 252.093 euro; per la provincia di Fermo 12 milioni 507.946 euro; per quella di Ascoli 15 milioni 959.675 euro. Le specialità più richieste per i pazienti marchigiani che si fanno assistere fuori regione sono ortopedia (25%) e cardiologia interventistica (7%). Ciò provoca circa 30.000 ricoveri l’anno in altre regioni, tra le quali sono prescelte l’Emilia (per il 50%), la Lombardia (13%), l’Umbria con il Lazio (9%) e l’Abruzzo (4%). Guardando il futuro le previsioni non sono rosee per la sanità delle Marche dal momento che diminuiscono le nascite e aumenta la popolazione anziana. Si calcola che tra cinque anni ci saranno 21mila cittadini in più di età tra 65 e 85 anni che quindi avranno maggiori patologie croniche.
Un primato squisitamente maceratese è invece quello degli infortuni sul lavoro. Infatti nei primi cinque mesi del 2022 sono stati denunciati 1.909 infortuni (572 in aumento rispetto all’analogo periodo del 2021). E sono state denunciate, sempre nei primi 5 mesi di quest’anno, 922 malattie professionali. Sono i dati peggiori delle Marche. E’ per questo che il segretario provinciale della Cgil, Daniel Taddei, ha sottolineato «la necessità di aumentare i controlli, la prevenzione e la repressione con maggiori risorse e personale perché il nostro territorio rischia di essere terreno fertile per l’illegalità e quindi esposto alle irregolarità e alla mancanza di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro».

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Uno scarico inquinato scoperto 5 anni fa

Altro dato negativo per la provincia di Macerata ci viene da una analisi svolta dalla Regione Marche sui siti inquinati. In tutte le Marche i siti inquinati da bonificare sono 267, e 167 di essi si trovano nella nostra provincia. I siti inquinati in provincia di Ancona sono 44, quelli della provincia di Fermo 25, quelli della provincia di Pesaro 21 e in provincia di Ascoli 10. Nel Maceratese i siti inquinati da risanare sono 109 nel comune di Civitanova, 37 a Montecosaro, 12 a Morrovalle, 2 a Macerata come a Porto Recanati e Potenza Picena, uno a Recanati come a Pollenza e ad Esanatoglia. Preoccupa il numero complessivo pari a 158 siti inquinati riguardanti Civitanova, Montecosaro e Morrovalle, ma è da ricordare che il fenomeno risale agli anni Novanta quando si scoprì che 26 chilometri quadrati di territorio erano inquinati da tricloroetano, il solvente usato per le calzature.

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