«A oltre dieci giorni dall’alluvione che ha colpito le Marche, abbiamo letto il rapporto di evento preliminare pubblicato dalla Protezione civile regionale, così come l’analisi che ne ha fatto la Regione. Come geologi che da sempre lavorano per la prevenzione, riteniamo opportuno studiare e approfondire i fenomeni metereologici che si sono verificati; la probabilità di ritorno superiore ai mille anni determinata in questa fase è, a nostro avviso, un dato abnorme, soprattutto tenendo conto che le prime acquisizioni strumentali superano a malapena il secolo e oltretutto in maniera incompleta. Così come è fuorviante parlare di zone che non venivano alluvionate dal fiume dall’epoca medioevale: oltre a non possedere i dati strumentali ufficiali per affermarlo, si sta spostando l’attenzione dal tema vero. L’unico del quale si dovrebbe parlare: la manutenzione continua, e non occasionale, del nostro territorio». Piero Farabollini, presidente dell’Ordine dei Geologi delle Marche, commenta così in una nota il “Rapporto di evento preliminare” sugli eventi del 15, 16 e 17 settembre pubblicato sul sito della Regione.
«La prevenzione è un argomento scomodo, ce ne rendiamo conto: non porta voti, richiede dedizione, pazienza, ricerca e grande attenzione per la quantità di denaro necessaria a completare opere che, oltretutto, potrebbero portare benefici ad anni di distanza (quando nel frattempo, magari, si è insediata un’amministrazione di colore diverso). – rimarca Farabollini – Tuttavia è l’unica strada che possiamo percorrere, per evitare che in futuro avvengano tragedie di queste dimensioni. Anziché sottolineare l’eccezionalità di eventi che, invece, il cambiamento climatico renderà sempre più frequenti, facciamo il punto su dove e come è più urgente intervenire. Abbiamo parlato molto delle mancate opere per mettere in sicurezza il Misa a Senigallia, o di altri fiumi coinvolti nel nubifragio, ma molto si dovrebbe dire anche dello spopolamento delle aree interne, che porta con sé abbandono del territorio, mancata cura delle foreste e fiumi che, in caso di piena, trascinano a valle di tutto. In questo senso la burocrazia è un ostacolo spesso insormontabile, anche per gli amministratori più accorti: prova ne sia quel che sta accadendo a Fermo, dove per ripulire l’alveo del fiume Ete Vivo serve il parere della Soprintendenza archeologica» denuncia.
«Al di là di queste strozzature e alla necessità di una semplificazione burocratica gli strumenti ci sono, anche se devono essere aggiornati e adeguati alle nuove dinamiche e scenari ambientali. È il momento di mettere da parte strumentalizzazioni e accuse per rimboccarci le maniche e lavorare, tutti insieme, per il bene della nostra Regione e del nostro Paese perché fenomeni estremi, e non più occasionali, interessano tutto il territorio nazionale. Una attenta formazione e informazione della popolazione è anche il primo efficace modo per evitare vittime e danni» aggiunge e conclude il consigliere nazionale Marche Daniele Mercuri.
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