di Maria Paola Cancellieri (foto/video di Giusy Marinelli)
Un lungo abbraccio alla mamma di Ilaria, Silvana, e al fratello Daniele.
I due imam delle moschee di Osimo, Lekbir Safhi del centro islamico Assalam di via Brodolini (zona maxi parcheggio) e zio dell’indagato, con Abdelaziz Farah della Casa della cultura islamica e moschea di Campocavallo, si sono avvicinati alla fine della funzione, accompagnati da un gruppo di musulmani, per dimostrare la loro vicinanza.
Era una chiesa gremita quella di San Marco Evangelista dove alle 10 è iniziata la celebrazione dei funerali di Ilaria Maiorano, la 41enne trovata morta nel letto della sua abitazione in via Montefanese 149 a Osimo. Accusato di omicidio volontario aggravato, il marito marocchino di 41 anni, Tarik El Ghaddassi tuttora rinchiuso nel carcere di Montacuto ad Ancona.
All’esterno era presente il sevizio d’ordine con agenti in borghese e uomini della polizia locale oltre a un’ambulanza della Cri. Il feretro, partito dalla casa funeraria Vigiani a San Biagio, è arrivato intorno alle 9.45. Ad attenderlo davanti all’ingresso della chiesa, tra i tanti cittadini, il sindaco di Osimo, nonché ex compagno di scuola di Ilaria, Simone Pugnaloni; il vicesindaco Paola Andreoni e gli assessori Federica Gatto e Alex Andreoli oltre alla vice presidente della Consulta Pari Opportunità, Franca Bartoli.
E’ stato un funerale sobrio, senza clamore, terminato con la tumulazione del feretro al cimitero Maggiore. Un addio semplice e discreto come è stata tutta la vita di Ilaria alla quale hanno voluto prendere parte anche un gruppo di islamici, al seguito degli imam delle due moschee osimane.
Al termine della funzione religiosa hanno stretto la mano e abbracciato il fratello di Ilaria, Daniele e la mamma, Silvana Salvatore, seduti al primo banco. Un gesto che parla da solo. Non presenti alla cerimonia funebre le bambine della vittima, di 5 e 8 anni, alle quali è stato risparmiato altro dolore. Sulla bara di Ilaria, avvolta da un tappeto di
fiori, rose e gigli, in molti hanno continuato a deporre mazzi floreali.
«Siamo di fronte al feretro di Ilaria, a una storia, una vita troncata e diversi interrogativi forse sono emersi dentro di noi. Forse abbiamo cercato risposte, distribuito responsabilità di qua e di là ma la verità è che ci sentiamo un po’ tutti responsabili di questa barbarie preannunciata, non accolta e capita nella sua gravità. Forse il problema che la sappiamo troppo lunga a volte. Complichiamo anziché risolvere i problemi, entriamo anche noi in questo silenzio di Ilaria per ascoltare ciò che questa vicenda ha da dirci. Questo feretro sta emanando un loquace silenzio e ci invita all’ascolto e vi invito ad osservarlo».
Parole franche, sincere, dirette quelle espresse nell’omelia da don Dino Cecconi, parroco rettore della Cattedrale di Osimo che ha concelebrato la messa con padre Jacques e padre Benny i sacerdoti della parrocchia di San Marco. Don Dino che ha portato il messaggio di vicinanza dell’arcivescovo ha richiamato l’attenzione sul problema vero di tutta questa vicenda. «Gente penso che questa non sia l’unica storia di sofferenza attorno a noi – ha rimarcato -. Anche altri stanno lottando e sono vittime di violenza e mi domando: stiamo dando la dovuta attenzione? Capisco bene che è difficile
aiutare e tentare di risolvere i problemi degli altri. Io come prete quante volte vorrei far miracoli per risolverli ma ancora non ci riesco. E’ difficile fare il bene, questo è per tutti. Rendiamoci conto però che la famiglia vive un clima di fragilità, che ha bisogno di attenzioni. Spesso tutti quanti nascondiamo il bisogno di aiuto e si fa finta che tutto vada bene, mentre sappiamo bene che non è così’. Si mantiene la stessa situazione per anni e anni senza progredire, senza crescere. Le famiglie vivono in una attenzione costante: quanta povertà fisica, affettiva spirituale si sviluppa tra le parenti domestiche. Quante mine vaganti sono attorno a noi».
Poi l’invito a essere come i bambini raccontati dal Vangelo. «Ciascuno di noi può recuperare la propria fragilità solo se ci mettiamo nella spirito dei bambini che sanno chiedere aiuto, che dicono la verità, che non vogliono nascondere, che hanno voglia di giocare e non di fare guerra. La società appartiene a tutti – ha ripetuto don Dino – e tutti siamo invitati a essere fermento di vita non di morte, di bullismo ma di rispetto e stima reciproca di apprezzamento, non di diversità che non sono un rischio ma una ricchezza. Dobbiamo sentirci vicini anche per essere attenti anche ai bisogni altrui. A volte ci impicciamo di ciò che non dobbiamo e non ci sporchiamo le mani in ciò che invece dovremmo. E quanta lentezza a volte nel fare le cose per tutti. La famiglia è un
grande impegno e riconosciamo spesso si è impreparati a portarla avanti e c’è bisogno di chiedere aiuto. E’ vero che ci sono diverse figure professionali o religiose che ci possono aiutare, penso forse che sia ormai ora che oltre al medico di famiglia e al prete della parrocchia ci sia anche lo psicologo di famiglia. Quanto è importante comunicare, raccontare i propri problemi senza vergognarsi e non nascondere le proprie debolezze e fragilità. Non è una vergogna lasciarci aiutare nei nostri problemi che a volte ci pesano e ci tolgono il respiro. Non vergogniamoci di essere cristiani. Non lo dico per fare una pubblicità da prete, ma vi suggerisco di andare in chiesa, pregare e ricevere i sacramenti. Non vi può fare solo che bene, e vi aiuterà a vivere più umanamente non aspettiamo di scoppiare provvediamo alla nostra sorte in tempo. La vita è troppo preziosa per non prendersene cura».
Il sacerdote non ha fatto alcun riferimento esplicito al presunto omicida, ristretto in stato di fermo nel carcere di
Montacuto ma in apertura della funzione religiosa ha sottolineato che «stamattina tutti sono presenti qua con noi spiritualmente, e vogliamo far sì che questo momento sia particolare e significativo. Come tutti gli eventi non sono mai a sé stanti ma sono parti di una storia e fanno tassello a tutta quella ricchezza o debolezza di una cittadinanza, di un Comune e di una comunità» chiedendo ai presenti di chiedere perdono per «ogni nostra mancanza, inadempienza e insensibilità».
Il sindaco Simone Pugnaloni era presente in fascia tricolore alle esequie con la giunta, la presidente della consulta pari opportunità Ursula Signorino e la vice Franca Bartoli. Pugnaloni ha proclamato il lutto cittadino per tutta la giornata e i negozi del rione di San Marco per il tempo della funzione religiosa hanno tenuto le serrande abbassate in segno di rispetto. Sulle vetrine spiccavano manifesti con il nome di Ilaria. La bara della giovane mamma è partita per il funerale tra gli applausi e la commozione sulla piazzetta antistante la chiesa. Tra i tanti che hanno continuato ad abbracciare anche fuori Silvana e Daniele, le volontarie dell’associazione ‘Punto Baratto’, spazio dove si pratica l’economia eco-solidale e dove spesso la 41enne passava a scegliere abiti e giocattoli per le sue bambine. Domani pomeriggio alle 18 da piazza Marconi partirà la lunga fiaccolata in ricordo di Ilaria alla quale, hanno già annunciato la partecipazione, oltre alle autorità anche gli imam delle moschee e i presidenti dei due centri islamici della città.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati