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Pari opportunità nella Giustizia:
«Servono cambiamenti culturali
per non penalizzare le donne in carriera»

ANCONA - Ampio dibattito tra avvocate e magistrate organizzato dal Cpo in tribunale

L’evoluzione delle condizioni di lavoro per le donne che vivono il mondo della giustizia è stato il tema dell’incontro del confronto su “Le Aule di Giustizia vissute dalle donne: pari opportunità? Dialogo tra Avvocate e Magistrate” organizzato dal Cpo (Comitato Pari Opportunità) dell’Ordine degli Avvocati di Ancona.

Dopo i saluti introduttivi di Virginia Reni, consigliere dell’Ordine Avvocati di Ancona delegata dal presidente Gianni Marasca e di Paola Terzoni, presidente del Cpo dell’Ordine degli Avvocati di Ancona, i temi del confronto sono stati introdotti da Filomena Ruta, già consigliera della Corte d’Appello di Ancona che ha fatto alcune riflessioni premettendo che «Le magistrate e le avvocate sono persone normali che affrontano ogni giorno le difficoltà di tutte le donne in un mondo nato prevalentemente maschile».
Per Terzoni «Il gender gap colpisce anche il mondo dell’avvocatura e a lasciare la toga sono soprattutto le avvocate. Secondo i dati di Cassa Forense le donne che hanno abbandonato la professione sono state 3.867, mentre gli uomini 1.144. praticamente più del triplo rispetto ai colleghi avvocati».
Stando sempre alle statistiche, le donne che lavorano nel mondo della giustizia si laureano più velocemente e più brillantemente ma i redditi delle avvocate che effettuano la libera professione, sono nettamente più bassi dei colleghi. «E’ l’organizzazione che fa la differenza per conciliare il lavoro e la famiglia».

Paola Terzoni, presidente Cpo

Per percorrere virtuosamente la strada della parità reale e di condizioni di lavoro più favorevoli, tra le richieste e le proposte degli avvocati «C’è quello di avere nel tribunale di Ancona spazi per l’allattamento allestendo anche un bagno con fasciatoio» ha chiesto l’avvocato Marina Magistrelli per conto delle colleghe. «Rilievi di cui ho preso nota» ha assicurata la presidente del tribunale Edi Ragaglia.
Anche le donne in magistratura sono più numerose degli uomini ma quelle che giungono agli incarichi direttivi sono in numero molto minore a conferma che la carriera comincia ma raggiunge il vertice ancora con difficoltà. L’obiettivo è ripensare un’organizzazione giudiziaria per prevedere sistemi che consentano di portare avanti una gravidanza senza scrupoli di colpa.

Il tema culturale è stato tra i punti della riflessione della presidente del tribunale che ha ricordato come «Si dibatta se si debbano declinare al femminile terminologie nate evidentemente per i maschi e come si ravvisi ancora un linguaggio maschilista o sessista di alcuni provvedimenti in una società che impone solo alle donne determinate scelte».
Ancona fa eccezione perché ‘presidente del Tribunale’ e ‘procuratore’ sono donne.

Per Monica Garulli, procuratrice della Repubblica al tribunale di Ancona, su 26 procure distrettuali antimafia solo due sono dirette da donne.
«La presenza di donne – assicura – porta valori nuovi di mediazione, di senso pratico, di rispetto». Il punto resta andare verso un «benessere organizzativo che consenta la strutturazione di ufficio in maniera tale che vi sia conciliazione maggiore tra esigenze di vita e di lavoro».
La giudice Alessandra Filoni tra le più giovani in servizio, ha puntualizzato che «L’accesso alla magistratura è garantito perché il concorso si vince per merito ma una giovane donna è considerata a rischio potenziale di assenza. L’obiettivo – ha aggiunto – è che la maternità non sia un problema anche se il lavoro di giudice è totalizzante e gestire vita privata e vita lavorativa è complicato».

Per le donne che svolgono la libera professione di avvocati «Non esistono tutele né un periodo di maternità – ha detto Serenella Bachiocco, vicepresidente del Cpo – e la rete familiare è indispensabile. Il problema è riuscire a trovare il tempo per stare a casa e avere tempo per trovare nuovi clienti e mantenerli non avendo strutture pubbliche che ci aiutano».
Anche per Marina Magistrelli, avvocata penalista «il problema fondamentale non è la coppia o il matrimonio quanto la maternità».

Simona Mengarelli, presidente Aiga (Associazione Giovani Avvocati Ancona) ha ricordato come «Non rientri nel legittimo impedimento le donne che vogliono sottoporsi alla fecondazione medicalmente assistita o si debbano sottoporre ad interventi tipicamente femminili» confermando quindi le problematiche legate alla libera professione per gli avvocati.

L’avvocata Sandra Sacchi ha posto l’accento su preconcetti che riguardano «Le competenze delle donne avvocato in certe materie essendo considerate, nell’immaginario, soprattutto affidabili per le questioni di diritto di famiglia e meno per altri ambiti».

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