di Luca Patrassi
I giudici del tribunale di Ancona – il collegio era formato dalla presidente Francesca Grassi e da Corrado Ascoli e Francesca Pizii – hanno depositato le motivazioni della sentenza per la ex Banca Marche. Sono 580 pagine, dense di dati, citazioni e riferimenti, che illustrano come si è arrivati alla sentenza e, soprattutto, come si è arrivati in pochi anni a distruggere un istituto creditizio che affondava le sue radici nell’Ottocento con una caratterizzazione sociale e solidale. A leggere le motivazioni, alla fine di quello spirito solidale era rimasto solo il senso della “famiglia”, quella dell’ex direttore generale, Bianconi, e di alcuni altri ammessi a far parte di un crac miliardario che ha appunto cancellato una storia imprenditoriale, centinaia e centinaia di posti di lavoro nell’immediato, provocato la chiusura di aziende, causato la perdita di parecchi punti di Pil per le Marche che in questi anni sono passate dall’avere un quadro economico legato al Centro Nord ad essere associate ai numeri del Sud. Alcuni passaggi salienti delle motivazioni quanto alle responsabilità: «Ricorrono nelle pratiche esaminate dal Collegio una sistematica superficialità, rectius una mera apparenza, delle istruttorie delle pratiche di fido funzionali a deliberare gli affidamenti in favore di soggetti del tutto privi di merito creditizio e già notevolmente esposti con il sistema bancario, in assenza di garanzie, ovvero in presenza di garanzie non effettive, per importi notevolissimi elargiti a distanza di pochi giorni dall’inserimento della pratica, ovvero anche in data antecedente a questo; importi, poi, finanche sviati dagli scopi dichiarati (ed a volte nemmeno dichiarati) all’atto della richiesta del finanziamento, ovvero girocontati ad altre società del medesimo gruppo imprenditoriale per scopi ugualmente altri, e comunque non verificabili, ne verificati, da parte della Banca erogante».
Si legge di finanziamenti per decine di milioni, in alcuni casi per centinaia, affidati a due giorni dall’inserimento della pratica per la realizzazione di operazioni immobiliari per le quali non c’erano nemmeno le licenze edilizie dei Comuni, concessione di finanziamenti per stati di avanzamento dei lavori dove qualche volta c’era un bel prato verde o al massimo una rete di delimitazione del cantiere. Affidamenti che un normalissimo direttore di una filiale di periferia non avrebbe mai concesso per assenza dei requisiti minimi. I numeri degli affidamenti, così come sono stati ricostruiti dai giudici del Tribunale di Ancona. al 31.12.2012 i crediti deteriorati erano € 3.631 milioni circa, di cui € 1.398 milioni circa a sofferenza ed € 1.721 milioni circa ad incaglio, con rispettivi accantonamenti per € 607 milioni circa per sofferenze e € 458 milioni circa per gli incagli (accantonamenti corrispondenti in percentuale al 43,45% delle sofferenze al lordo ed al 26,63% degli incagli, mentre, nei bilanci al2010,2011 ed al 30.6.2012, la percentuale era stata rispettivamente di 34% (2010 e 2011) e 29,33% per Ie sofferenze e di 11%, 9,82% e 7,56% per gli incagli). Nel corso del 2013 1’approfondimento e la conclusione della verifica da parte dei Commissari straordinari comportavano la finale riclassificazione dei crediti deteriorati: al 31.12.2013 i crediti deteriorati ammontavano a € 5.080 milioni circa, di cui € 2.497 milioni circa a sofferenza e € 2.220 milioni circa ad incaglio, con rettifiche pari a € 1.325 milioni circa per Ie sofferenze e € 628 milioni circa per gli incagli (accantonamenti corrispondenti al 53,07% per Ie sofferenze al lordo e m28,31% per gli incagli). A titolo indicativo e rispetto ai maggiori gruppi imprenditoriali finanziati, si riportano gli accantonamenti, effettuati dalla Banca alia data dei bilanci/comunicazioni sociali di cui sopra, comparati a quelli eseguiti al 31.12.2012 ed a 31.12.2013.
Gruppo Lanari . Banca Marche aveva effettuato accantonamenti per € 1,7 milioni al 31.12.2010 e al 31.12.2011, e € 8,4 milioni al 30.6.2012. La nuova amministrazione al 31.12.2012 aveva effettuato accantonamenti per complessivi € 70,8 milioni (di cui € 42,3 milioni per la srl La Fortezza; € 9,8 milioni per La Citta Ideale S.r.l., € 7 milioni per 1’Immobiliare Elle), previa riclassificazione ad incaglio dei crediti. I Commissari straordinari al 31.12.2013 avevano effettuato accantonamenti per complessivi € 158 milioni (di cui € 82 milioni circa per la Fortezza; € 42 milioni circa per la Citta Ideale S.r.l. e € 12,295 milioni per l’Immobiliare Elle). Gruppo Casale – De Gennaro . Banca Marche aveva effettuato accantonamenti per € 0,6 milioni al 31.12.2010, € 3,8 milioni al 31.12.2011 e € 7 milioni al 30.6.2012 (con riclassificazione ad incaglio nel dicembre del 2011). La nuova amministrazione al 31.12.2012 aveva effettuato accantonamenti per complessivi € 55 milioni circa (di cui € 17 milioni circa per la CFN S.p.A.; € 10 milioni per Capo Caccia Resort S.r.l.; € 2 milioni per Italfmance S.p.A.). I Commissari straordinari al 31.12.2013 avevano effettuato accantonamenti per complessivi € 89 milionicirca (di cui € 22 milioni circa per la CFN S.p.A.; € 19 milioni circa per Capo Caccia Resort S.r.1.; € 5 milioni circa per Italfinance S.p.A.; € 5,7 milioni circa per Immofinanziaria; € 11 milioni circa per Eurologistica S.r.l.; € 7 milioni circa per Fire spa).
Gruppo Ciccolella . Banca Marche aveva effettuato accantonamenti per € 0,8 milioni al 31.12.2010, € 0,9 milioni al 31.12.2011e al 30.6.2012. La nuova amministrazione al 31.12.2012 aveva effettuato accantonamenti per complessivi € 53,4 milioni, di cui € 48 milioni per la Gruppo Ciccolella S.r.l. ed € 5,4 milioni per la G.C. Partecipazione Agricola . I Commissari straordinari al 31.12.2013 avevano effettuato accantonamenti per complessivi € 70 milioni circa, di cui € 64 milioni circa per la Gmppo Ciccolella srl ed € 6 milioni per la G.C. Partecipazione Agricola a r.1. II valore della partecipazione della spa Medioleasing era indicate in € 101 milioni, ma sia la nuova amministrazione nel bilancio al 31.12.2012, sia i Commissari straordinari nella relazione contabile al 31.12.2013 davano atto che già al 31.12.2010 si era verificato l’azzeramento di detta partecipazione dovuto al deterioramento dei crediti vantati dalla spa Medioleasing, in quanto erogati in difetto dei presupposti legittimanti e comunque non riclassificati, cosi che la perdita di valore della partecipazione veniva in tal modo dissimulata».
A leggere le motivazioni sembra di vivere in un mondo bancario parallelo, lontano dal vissuto dei tanti artigiani, commercianti, impiegati, piccoli imprenditori che per avere un fido di duemila euro o un piccolo finanziamento venivano sottoposti a procedure defatiganti iniziando dal direttore di filiale. Qui invece i passaggi sono stati tutti saltati. Ecco cosa avveniva: «Gli imputati erogavano una serie di finanziamenti in violazione della normativa di settore, dei principi bancari, in esecuzione di una strategia aziendale tesa a favorire un particolare segmento di clientela (prevalentemente legata da rapporti personali, e in alcuni casi anche economici, con il direttore generale Massimo Bianconi), poichè le delibere di concessione dei finanziamenti erano abitualmente adottate pochi giorni dopo 1’inserimento della pratica nel sistema da parte della filiale, in plurimi casi con carenza di istruttoria anche documentale e, comunque, senza considerare gli indicatori di rischio oggettivi, in quanto: la situazione economica e patrimoniale della società cliente deponeva sfavorevolmente alle operazioni di finanziamento (per i dati emergenti dai bilanci, per Ie loro variazioni negli anni, per la carenza di risorse proprie, sia iniziali che rapportate alia natura e durata del finanziamento; per le segnalazioni della centrale dei rischi in Banca di Italia sugli sconfinamenti sull’utilizzato di sistema e sui ritardi nei pagamenti, per la negativita di vari indici, tra cui Ebitda e Puarc); Ie garanzie acquisite a supporto dei finanziamenti non erano effettive o presentavano, comunque, delle criticità, poiche: Ie garanzie personali erano rilasciate dagli stessi soggetti sulle diverse società e dalle società del gruppo fra loro (i fideiussori erano o società del gruppo, spesso a loro volta già affidate o soci delle medesime o parenti dei soci), senza considerare il complessivo indebitamento del gruppo e dei garanti e senza adeguata valutazione della loro capacità patrimoniale, specie rispetto alia complessiva esposizione. Le garanzie ipotecarie erano acquisite sulla base di perizie di parte non aggiornate o, comunque, per valori sovrastimati (per le operazioni immobiliari non vi era una valutazione qualitativa e quantitativa precisa e completa dei costi e tempi di costruzione, mentre era sovrastimata l’auspicata redditività della finale costruzione), senza considerare il complessivo e crescente indebitamento sia della singola società che del gruppo imprenditoriale nei confronti di Banca Marche ed in generale del sistema bancario, la carenza di finanza propria, la progressione dell’esposizione negli anni ed infine anche la particolare natura dei beni ipotecati, per dimensione e caratteristica complessiva delle opere da costruire; in vari casi, la garanzia consisteva in pegno avente ad oggetto titoli emessi dalla stessa Banca Marche ed acquistati con una parte del finanziamento contestualmente erogato, ovvero azioni della stessa società finanziata o di società appartenenti al medesimo gruppo imprenditoriale e a loro volta beneficiarie di finanziamenti da parte della stessa Banca Marche; gli importi finanziati in plurimi casi, su disposizione della stessa Banca, erano utilizzati per estinguere pregressi debiti della medesima società o gruppo imprenditoriale nei confronti dell’istituto di credito, cosi da evitare segnalazioni alia centrale rischi. In tal modo, inoltre, nei casi di finanziamenti per opere da edificare, il denaro erogato non poteva essere utilizzato per l’attività immobiliare, con conseguente permanere ed aggravarsi del ricorso al credito bancario .I finanziamenti erano oggetto di proroghe reiterate negli anni o, in plurimi casi, alia loro revoca od estinzione alia scadenza corrispondeva la concessione di nuovi finanziamenti per uguali se non superiori importi, cosi da evitare qualsiasi rischio di segnalazione della posizione debitoria che, pertanto, non veniva riclassificata, nonostante la permanenza ed aggravamento degli indicatori di rischio negativi. I componenti del collegio sindacale, inoltre, anche quali partecipanti nella qualifica alle delibere di cui appresso, omettevano di esercitare i poteri di vigilanza e controllo insiti nelle loro funzioni. In tal modo gli imputati dissimulavano il deterioramento dei crediti e Ie conseguenti perdite che ne derivavano, tanto che la nuova amministrazione, insediatasi nell’autunno del 2012, nel procedere alia preliminare e provvisoria verifica delle posizioni, effettuava iniziali riclassificazioni, con aumento di oltre un miliardo di euro dei crediti deteriorati (ad incaglio ed a sofferenza), ulteriormente aumentato di oltre un miliardo nell’approfondimento e a conclusione della verifica, ultimata nel 2013 dai commissari straordinari».
Un altro passaggio dedicato all’ex Dg Bianconi e agli ex dirigenti: «La dimostrata e qualificata sussistenza in concreto della materialità del reato contestato, sub specie di ripetute e seriali, macroscopiche, abnormi violazioni delle regole della sana e prudente gestione bancaria e finanche del buon senso, e sintomatica, poi, già di per se, del contesto altamente doloso in cui hanno certamente operate la direzione e vicedirezione generale, nonché i tecnici preposti alia filiera del credito, senza alcuna possibilità, dotata di plausibilità, di poter ricondurre l’operato di costoro allo spettro della mera negligenza».
Condannati i tecnici, assolti i consiglieri ma senza note di merito. Ecco perchè: « Di contro ad avviso del Collegio non risulta la prova univoca, aldila del ragionevole dubbio, necessaria per 1’affermazione della penale responsabilità dei consiglieri di amministrazione Ambrosini Michele Giuseppe, Bianchi Giuliano, Brusciotti Bruno E Perini Tonino. Si tratta di imputati titolari, variamente negli anni, delle cariche di membri privi di deleghe del Consiglio di Amministrazione, ovvero del Comitato Esecutivo di Banca delle Marche, e di president! e vicepresidenti del medesimo Consiglio di Amministrazione, chiamati a rispondere della rispettiva condotta attiva di contributo nel processo deliberativo dei vari affidamenti contestati al capo A) di imputazione. …..Ritiene questo Collegio, in altri termini, che il dibattimento non abbia restituito la prova certa e concorde della percezione dolosa – accompagnata, dunque, dalla precisa scelta di rimanere inerti nonostante la consapevolezza del possibile evento pregiudizievole per la societa – dei segnali di allarme in capo ai consiglieri di amministrazione di Banca delle Marche che, tuttavia, hanno certamente agito con imperizia, negligenza e superficialità finanche macroscopiche nel continuare a porre affidamento nelle capacita gestionali della direzione e vicedirezione generale».
La questione delle parti civili: «L’elevatissimo numero di parti civili costituite nel presente processo – oltre 3.500 – ha impedito, d’altronde, a questo Collegio un esame più approfondito e specifico di ciascuna posizione che avrebbe comportato un’inaccettabile dilatazione dei tempi di definizione del processo, incompatibile con la funzione propria del processo penale e contraria agli interessi delle stesse parti civili che concreto sarebbe stato in tal caso il rischio di prescrizione anche dei reati per cui invece si e potuti addivenire a pronuncia nel merito. E’ appena il caso di evidenziare che – come più volte ribadito dalla Corte Costituzionale (sentenze 443/1990, 171/1982, 217/2009) – l’inserimento dell’azione civile esercitata nel processo penale, in ragione del suo carattere accessorio e subordinato rispetto all’azione penale, subisce tutte Ie conseguenze derivanti dalla funzione e struttura del processo penale con una subordinazione che si realizza, fra l’altro, con la prevalenza data dal legislatore, nell’interesse pubblico e dell’imputato, all’esigenza di una rapida conclusione del processo penale».
Nelle 580 pagine si elenca di tutto, anche le modalità di finanziamenti dei gruppi maggiori, molti di essi del tutto scollegati dal territorio e dalle radici della banca come hanno avuto modo di osservare i giudici. Un esempio: «Immediatamente a seguire, dal 7.3.2013 al 21.3.2013, e effettuata verifica mirata sul Gruppo “Mazzaro Canio Giovanni”, all’esito della quale 1’Audit relaziona con il Report n. 25/2013 . Nella premessa della relazione si rappresenta: “[…]Relativamente al gruppo “Mazzaro Canio Giovanni” sono stati valutati in particolare gli aspetti che riguardano la corretta valutazione del merito creditizio, grado di adeguatezza delle informazioni fornite dalle singole pratiche all’organo deliberante, presenza o meno di valutazioni peritali corrette afronte di crediti basati su garanzie immobiliari, la completezza dei passaggi e delle valutazioni/pareri delle singole funzioni nell’iter valutativo e deliberativo delle pratiche tra filiale e organo deliberante finale, il rispetto delle norme relative al monitoraggio dei rischi, I’analisi delle eventuali esposizioni nei confronti di Carilo e/o Medioleasing. L’esposizione complessiva di Banca Marche nei confronti dei componenti il gruppo finanziario è di €19,4 milioni, di cui 18,8 milioni a sofferenza, con accantonamenti per dubbio esito di € 13,3 mln, ed è rappresentata per quasi il 90% da linee di credito chirografe, assistite dalla fidejussione di Mazzaro Canio Giovanni e, in parte, da pegno su 1.389.000 azioni “Pierrel Spa”, societa del gruppo quotata in borsa, con un prezzo alia data del 19/3/2013 di € 0,74. La motivazione delle richieste dell’appoggio di Banca Marche e stata quasi esclusivamente di natura finanziaria (aumenti di capitate e/o acquisizione di quote di maggioranza) ma in effetti Ie linee di credito sono state utilizzate per sopperire alia mancanza di liquidita delle società del gruppo. Non risultano esposizioni del gruppo presso Carilo Spa e Medioleasing Spa. Sin dall’inizio del rapporti, anno 2004, sono stati evidenziati, nelle singole pratiche di fido, i risultati economici pesantemente negativi dei bilanci delle società e dei consolidati e Ie delibere delle linee di credito sono state assunte in virtù di andamenti di periodo positivi, mai confermatisi tali in chiusura d’esercizio, e degli ingenti incassi previsti dalla vendita di quote societarie che, se realizzati, non sono pervenuti sui conti correnti presso Banca Marche a riduzione dell’esposizione. Per completezza di informazione si segnala che, nell’ambito delle società del gruppo e di società collegate a Mazzaro Canio Giovanni, si sono avvicendati, in qualità di amministratori, consiglieri, nominativi di pubblica risonanza nel mondo economico. Franco Briatore (P Farmaceutici Spa), e politico, Garnero Santanche Daniela (Presidente CdA Bloera Spa), Paolo Cirino Pomicino (vice presidente Ki Group Spa)».
Sono passati dieci anni dal crac Banca Marche, sono uscite le motivazioni della sentenza di primo grado. In tutti questi anni è regnato il silenzio, come se l’argomento non fosse di interesse per alcuni, partiti in primis. C’è anche chi, un facoltoso imprenditore maceratese, diversi anni fa nel corso di una molto partecipata festa d’estate a bordo piscina, disse che avremmo dovuto chiedere scusa, in particolare a uno dei dirigenti coinvolti. Le scuse, per ora, non sono arrivate, anzi i giudici scrivono di «condotta criminosa». Condotta criminosa che ha azzerato secoli di storia creditizia marchigiana, i sogni di centinaia di giovani lavoratori precari che non sono stati confermati, le attese di supporto delle classi produttive locali. Nelle 580 pagine di motivazioni, i giudici sottolineano spesso, riprendendoli, i contenuti delle dichiarazioni del manager Giuseppe Grassano, chiamato dall’allora presidente della Fondazione Carima Franco Gazzani per analizzare la situazione e tentare di bloccare in qualche modo il sistema operativo messo in atto dalla direzione generale. Grassano rimase isolato, un tentativo non riuscito, come si è visto dopo.
Quarantadue anni di reclusione per il crac di Banca Marche. Le condanne, lo scorso 23 gennaio, per 6 imputati. Il reato: bancarotta fraudolenta distrattiva. La pena più gravosa all’ex dg Massimo Bianconi: 10 anni e mezzo. Stefano Vallesi (ex direttore commerciale di Bdm e vice dg Area Mercato) è stato condannato a 9 anni; Giuseppe Paci (capo servizio concessione crediti di Bdm) a 5 anni e 8 mesi; Massimo Battistelli (ex capo area crediti Bdm) a 4 anni e 10 mesi. Per Medioleasing condannati l’ex dg Giuseppe Barchiesi a 7 anni e 6 mesi e l’ex capo servizio commerciale Daniele Cuicchi a 4 anni e 6 mesi. Gli assolti: Michele Giuseppe Ambrosini, Giuliano Bianchi, Bruno Brusciotti, Tonino Perini, Claudio Dell’Aquila (ex componenti Cda) e Paolo Arcangeletti (ex dirigente Bdm).
Crac Banca Marche, sei condanne: 10 anni e mezzo a Bianconi, 9 a Vallesi
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