di Alessandra Pierini
Sul testimonial turistico delle Marche è battaglia, a dire la verità solo politica. Gli operatori, nel dibattito “Mancini sì, Mancini no” non sono entrati, se non marginalmente. Come sempre accade sono due le fazioni: la prima, non frequentatissima a dire il vero, legata al sindaco di Pesaro Matteo Ricci che sostiene che con la brutta figura fatta in patria da Roberto Mancini, ex ct della nazionale azzurra, che ha accettato di guidare quella araba, è il caso di correre ai ripari e recedere velocemente il contratto che lo lega alle Marche. Un contratto di spiccioli se paragonato a quello milionario che lo lega all’Arabia saudita per i prossimi quattro anni. Dall’altra parte c’è naturalmente Francesco Acquaroli, presidente della Regione a capo della Giunta che Mancini lo ha scelto e lo conferma con determinazione anche perché «rientra nelle strategie mirate ai mercati esteri». Posizione sostenuta persino dall’ex governatore Luca Ceriscioli, nonché dal fu presidente Gian Mario Spacca che sui mercati esteri puntò notevolmente.
A cogliere nel segno della questione è l’ironia tranchant di Degrado Post Mezzadrile: «De sicuro Mancini su sta cosa del testimonial non ce dorme, li sordi de la Regione non sarà na barcata come quelli sauditi, ma come spicci pe paga’ lu parcheggiu in Arabia je farà comodo. Se poi ce manna pure qualche beduini a butta’ un po’ de petrodollari dalle parti nostre meglio pure, tanto co li prezzi semo cominciato già a fa le tariffe pe li sceicchi». Le tariffe in effetti sono salite, come in tutta Italia: dalla bottiglietta d’acqua alla cena vista mare, dall’esperienza in barca al trekking in montagna, tutto costa di più rispetto al passato. Ma i servizi sono migliorati? Se domani arrivasse nelle Marche una flotta di arabi e sceicchi, sapremmo dove farli dormire? Avremmo le strutture di lusso e superlusso che cercano? Ne avremmo abbastanza? Prendiamo ad esempio Macerata e poniamo che questi attesi ospiti volessero godersi un concerto allo Sferisterio e dormire in città, lo troverebbero un posto?
Il punto è: ma davvero un testimonial in ambito turistico è capace di attrarre quel flusso sfuggente? «Il testimonial – spiega il giornalista Carlo Cambi, docente tra l’altro di marketing turistico – ha in pubblicità la funzione di legare la propria personalità a un prodotto, ma per funzionare ci deve essere il prodotto, certo e definito. Affidarsi al fatto che il testimonial sia noto non basta. Ci vuole sintonia tra testimonial e offerta. Ad esempio scegliere Roberto Mancini e Gianmarco Tamberi avrebbe un senso se le Marche avessero scelto di puntare tutto sull’offerta sportiva. Se invece decidessero di puntare sull’enogastronomia, converrebbe scegliere come testimonial Moreno Cedroni o Mauro Uliassi. E’ una questione di penetrazione rispetto al target». La proposta di Carlo Cambi è molto concreta. «Il turismo è una esperienza di contatto con una civiltà e i testimonial migliori sono i residenti. Io punterei sugli anziani, questa è la terra con la migliore aspettativa di vita e gli over 60 sono attualmente coloro che hanno la maggiore capacità di spesa nel mercato turistico. Ottimi testimonial potrebbero essere due anziani che si baciano contenti su una panchina sul Conero. Dustin Hoffman ad esempio era una scelta migliore rispetto a Mancini perchè rappresentava il possibile cliente, soddisfatto di una scelta. L’errore sta nel ritenere che la notorietà sia direttamente proporzionale al risultato».
Poi accade che una sera a Villa Quiete, storico hotel 4 stelle a Montecassiano, si incontrano due star planetarie come Whoopi Goldberg e Robert Plant e la notizia fa il giro d’Italia. «Merito di Giacomo Leopardi e dello Sferisterio» ha chiarito Emilia Torresi, titolare dell’hotel. In effetti sono i nostri “prodotti” ma non sono forse anche i nostri testimonial? Lo sa bene ad esempio Recanati che da anni investe sul “suo” poeta con ritorno notevole aggiungendo di recente anche il quid in più della cultura fonte di benessere.
Altro dubbio che sorge è se non sarebbe invece più utile avere degli influencer, ma qui si rischia di fare confusione. «Il testimonial – chiarisce Carlo Cambi – entra in gioco in una fase di affermazione del brand, mentre l’influencer riguarda la frase di sollecitazione del brand, di promozione. E’ chiaro che se devo promuovere i Vincisgrassi, è molto più utile avere una foodblogger affermata, testimonial dello Sferisterio è il pubblico, non è il grande cantante che invece può con una sua frase o con la sua presenza fare da cassa di risonanza». Come è accaduto ad esempio proprio con Robert Plant, ancora lui, la storica voce dei Led Zeppelin che dopo il concerto ha postato sui social una foto del colonnato dell’arena con la frase «Italian heartland Macerata…remarkable evening .. warm welcome to say the least» (Il cuore dell’Italia Macerata…serata notevole…accoglienza a dir poco calorosa).
E a proposito di influencer, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non potrebbe esssere per le Marche, dove Fratelli d’Italia gode in questo momento di grande favore, una ottima influencer? Cosa sarebbe accaduto se, anziché la Puglia, avesse scelto le Marche per trascorrere le vacanze e ospitare un qualche capo di Stato? E perché non il G7 nelle Marche? E qui purtroppo torniamo al problema iniziale. Perché se ci capitasse cotanta occasione, nonostante il mare quest’anno particolarmente sporco un po’ ovunque (ad eccezione della zona a ridosso del Conero) e nonostante le difficoltà viarie, non potremmo offrire strutture e servizi tali da accontentare quel tipo di pubblico. E’ vero che non si può attendere, che il mercato turistico è comunque in crescita ed è assolutamente vietato fermarsi ma se davvero ci attendiamo turisti a fiumi, sarebbe intanto il caso di cominciare a tracciare la strada.
https://www.cronacheancona.it/2023/08/29/il-turismo-delle-marche-ha-bisogno-di-investimenti-non-sono-i-testimonial-a-far-decollare-la-richiesta/458319/
«Testimonial Marche, Mancio non si tocca. Strategie mirate ai mercati esteri»
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