di Sandro Renzi
Nel 2022 il numero di operazioni sospette segnalate all’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’Italia ha toccato un record storico: 155.426. Una su quattro, inoltre, è stata considerata ad alto rischio, il 99,8% del flusso totale è riconducibile all’ipotesi di riciclaggio e nel 90% circa dei casi le comunicazioni sono giunte dalle banche, dalle Poste e dagli intermediari finanziari.
E’ quanto emerge da uno studio della Cgia che a margine lancia anche un allarme: la criminalità economica riesce sempre di più a penetrare nel tessuto produttivo italiano. Ma non basta. «Se la combinazione tra l’aumento dei tassi di interesse e la diminuzione dei prestiti bancari alle Pmi verificatosi in questo ultimo anno dovesse continuare, non è da escludere che il numero delle imprese a rischio infiltrazione mafiosa sia destinato a crescere ulteriormente» si legge ancora nello studio. Ad una analisi più dettagliata, emerge che sotto osservazione finiscono i bonifici nazionali (31,3%), seguiti dai pagamenti con carte di credito o moneta elettronica (28,5%) e money transfer (21,3%). Questa la ripartizione delle cosiddette “forme tecniche” segnalate alla Uif. Operazioni che vengono trasmesse anche al Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di Finanza e alla Direzione Investigativa Antimafia per i successivi accertamenti investigativi, oltre alle autorità giudiziarie.
Nelle Marche le operazioni sospette segnalate nel 2022 sono state 3.097, 200 in più rispetto al 2021 ( + 6,9%). Dato che posiziona la nostra regione al dodicesimo posto con 208,3 segnalazioni ogni 100.000 abitanti. Secondo una stima della Banca d’Italia, il giro d’affari della criminalità organizzata ammonterebbe nella penisola a circa 40 miliardi di euro l’anno (praticamente 2 punti di Pil). «Va tenuto conto, in base alle definizioni stabilite a livello internazionale, che questo importo non include i proventi economici ascrivibili ai reati violenti, come furti, rapine, usura, ed estorsioni, ma solo quelli originati dalle transazioni illecite. Insomma, questa esplosione delle comunicazioni ci indicano che i gruppi criminali sentono sempre più la necessità di reinvestire i proventi delle loro attività nell’economia legale, anche per consolidare il proprio consenso sociale» si apprende dallo studio della Cgia. Anche le mafie, insomma, hanno cambiato approccio. Se in passato si utilizzavano metodi violenti come le intimidazioni, oggi, per “avvicinarsi” al mondo delle imprese vengono privilegiate altre strade: dal finanziamento all’acquisizione della proprietà delle aziende, sfruttandone la vulnerabilità economico finanziaria.
Tra le province, quella di Fermo si attesta al 49° posto su 107, con 342 segnalazioni di operazioni sospette, 10 in meno rispetto al 2021. Un dato che fa ben sperare. Ancona si attesta invece al 44° posto con ben 977 segnalazioni ( +21,,2% in un anno), l’ascolano lo ritroviamo al 37° posto con 450 segnalazioni (40 in meno rispetto al 2021), nel pesarese incremento contenuto con 551 segnalazioni (10 in più in un anno). Nel Maceratese, invece, le segnalazioni sospette sono state 777 ( + 9,7%), in termini assoluti la provincia si colloca al 19° posto con 254,8 segnalazioni ogni 100.ooo abitanti. L’attività investigativa conseguente anche a queste operazioni sospette ha permesso all’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di confiscare definitivamente alle associazioni criminali 3.000 unità (dato giugno 2023). Il 40,4% delle aziende confiscate era attivo, il 26,3% cessato, il 23,2% con procedure concorsuali in corso e il 9,9% era inattivo. I settori più interessati hanno riguardato le costruzioni (22,6%), il commercio (20,7%), gli alloggi e ristorazione (9,7%) e le attività immobiliari (7,9%). Nelle Marche sono state 3 le imprese confiscate definitivamente contro le 888 della regione Sicilia.
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