L’entroterra marchigiano è caratterizzato dalla presenza di numerose strade esposte al pericolo di attraversamento di animali selvatici. Se di notte ci si trova a transitare su una di queste in assenza di adeguata illuminazione e di segnali di pericolo, vi è il rischio che l’automobilista incorrain un incidente con un capriolo o un cinghiale. Come tutelarsi in casi di questo genere? Cosa afferma la giurisprudenza al riguardo? È l’avvocato Renzo Merlini, dello studio maceratese Merlini e associati, a dare la sua interpretazione basandosi su alcuni casi seguiti di recente.
«In primis, è necessario inquadrare il tipo di illecito, che pone in capo al proprietario dell’animale la responsabilità per i danni cagionati dallo stesso sotto la propria custodia – sottolinea Merlini – la fauna selvatica rientra tra il patrimonio indisponibile dello Stato e nello specifico trattasi di una responsabilità che ricade in capo alla Regione, così come confermato da una recente sentenza della Cassazione. Da ciò si deduce che, in caso di danni a cose o persone cagionati dall’inatteso passaggio di animali selvatici sulla carreggiata, se si intende richiedere il risarcimento dei danni patiti, è necessario citare in giudizio la Regione».
Il problema risiede nell’interpretazione delle norme, poiché i giudici forniscono una lettura diversa dei presupposti in virtù dei quali ritenere la Regione responsabile dei danni causati da fauna selvatica. «Ne sono esempio emblematico le due recenti pronunce in cui ho assunto la difesa di clienti rimasti coinvolti in incidenti causati da animali selvatici, che hanno provocato notevoli danni alle vetture degli assistiti – prosegue il legale – da una parte, il tribunale di Macerata ritiene che la presenza dell’animale sulla carreggiata e l’avvenuto impatto tra la fauna ed il veicolo non siano di per sé sufficienti a fondare la responsabilità in capo alla Regione. Secondo questo orientamento, il danneggiato è tenuto a provare che l’ente abbia assunto una condotta colposa. Il Tribunale asserisce che non si può pretendere dalla Regione che tutto il perimetro boschivo sia recintato, anche se abitualmente popolato da animali selvatici, che in ogni tratto stradale vi siano cartelli, che vi sia illuminazione continua su tutto il percorso. Oltre a ciò, il giudice ritiene necessario provare che vi siano stati precedenti incidenti sul tratto stradale in esame, causati da un numero eccessivo di esemplari selvatici presenti nella zona».
Di diverso avviso è invece la Corte d’appello di Ancona, che sostiene che la responsabilità della Regione sia oggettiva, e prescinde, pertanto, da dolo o colpa. «Ciò implica che, indipendentemente dalle precauzioni prese dall’ente che ha la custodia dell’animale, lo stesso è comunque oggettivamente responsabile dei danni cagionati dalla fauna posta sotto la propria supervisione – continua Merlini – la responsabilità viene addebitata alla Regione quale organo a cui spettano “le competenze normative, le principali competenze amministrative, e comunque di programmazione, coordinamento e controllo, nonché i connessi poteri sostitutivi per la tutela e la gestione della fauna selvatica”. In questo caso è stata dichiarata legittimata passiva anche l’Anas in qualità di ente gestore della rete stradale e, conseguentemente, titolare del potere di custodia della rete viaria. Per quanto concerne l’onere della prova che ricade sull’automobilista danneggiato, la Corte d’appello di Ancona afferma che sia sufficiente che quest’ultimo provi la sussistenza del nesso di causalità tra lo scontro con l’animale e il conseguente danno. Sulla scorta delle osservazioni effettuate, la Corte d’appello evidenzia che gli enti su cui ricade l’onere di custodia possono esser dichiarati esenti solo nel caso in cui provino la sussistenza del caso fortuito. Sulla base di questa interpretazione, che rispecchia l’orientamento maggioritario in giurisprudenza, il conducente che vede danneggiata la propria auto deve limitarsi a provare che l’animale rientra tra quelli posti sotto la supervisione della Regione e che l’evento dannoso è stato provocato dal comportamento assunto dalla fauna».
Come si esce da questa situazione di stallo? «In casi di questo genere, bisogna far riferimento a quello che si è sedimentato come orientamento maggioritario in giurisprudenza, maggiormente favorevole per gli automobilisti, a cui aderiscono le giurisdizioni superiori – continua l’avvocato Merlini – sulla base di ciò, in riferimento ai sinistri che vedono coinvolti animali selvatici, anche qualora il tribunale o il giudice di pace, in primo grado, non riconoscesse alcun risarcimento in capo all’automobilista, si potrà proporre ricorso e considerato l’orientamento maggioritario assunto dalla Corte d’appello di Ancona e dalla Cassazione sul punto, vi sono buone possibilità di vincere la causa e vedersi risarciti dalla Regione».
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