di Gianluca Ginella
Omicidio di Rosina Carsetti, partito oggi il processo in Corte d’appello ad Ancona. I giudici hanno deciso di risentire diversi testimoni (16 in tutto): dai vicini di casa, alle amiche della 78enne uccisa il 24 dicembre del 2020 a Montecassiano, alle due detenute sentite nel processo di primo grado e che avevano conosciuto in carcere Arianna Orazi, la figlia di Rosina che in primo grado era stata assolta dall’accusa di omicidio.
Oltre alla donna sono imputati il nipote di Rosina, Enea Simonetti, condannato all’ergastolo in primo grado, e il marito della 78enne, Enrico Orazi, assolto in primo grado dall’accusa di omicidio. Arianna ed Enrico erano stati condannati in primo grado a due anni per simulazione di reato (avevano detto che ad uccidere Rosi era stato un ladro entrato in casa quel 24 dicembre). Tutti e tre erano stati assolti dal reato di maltrattamenti.
E su questo reato si fondano le richieste della procura che ha fatto ricorso alla sentenza di primo grado per le posizione di Arianna ed Enrico.
Oggi il procuratore generale Roberto Rossi ha chiesto di sentire alcuni testimoni «la questione riguarda i maltrattamenti, per noi un punto fondamentale perché in essi va ricercato il movente». La procura ritiene inoltre che ad uccidere Rosina non sia stato il solo Enea ma il delitto «è avvenuto in concorso con Arianna e riteniamo ci sia stata la premeditazione» spiega il procuratore generale. E sul ricorso aggiunge che i nodi del ricorso sono: «La responsabilità di Arianna Orazi, la premeditazione e i maltrattamenti». Il pg ha chiesto di sentire sei testimoni: Irene Ortolani, Barbara Marchesi, Luciano Acciarresi, Franco Fabiani e due carabinieri della stazione di Montecassiano.
La difesa di Enea (assistito dagli avvocati Andrea Netti e Valentina Romagnoli) ha sostenuto che la richiesta di rinnovazione probatoria fatta dalla pg sia «superflua e sovrabbondante», ha detto l’avvocato Romagnoli. Le richieste della difesa sono «due perizie che riteniamo essenziali nella valutazione e riguardano una perizia medico legale per accertare epoca della morte e natura delle lesioni e come il delitto è stato materialmente perpetrato. Vi è un’ora e mezza abbondante in cui Enea Simonetti non era in casa. Datare nel modo più preciso possibile quando è avvenuto il delitto è fondamentale. La sentenza di primo grado non ci dice come è stata uccisa. La seconda richiesta è una perizia psichiatrica su Enea. Ci siamo lungamente soffermati sul rapporto morboso tra madre e figlio, questo rapporto ha certamente influito sul ragazzo anche nel rapporto con gli inquirenti».
I giudici hanno accolto la richiesta di risentire alcuni testimoni. Non solo quelli indicati dall’accusa. Sostanzialmente si tratta di amiche di Rosina, dei vicini, di due donne che si trovavano in carcere con Arianna (rimasta in cella sino all’assoluzione di primo grado e ora libera). In tutto sedici: undici verranno sentiti la prossima udienza: il 10 aprile, altri 5 il 24 aprile. Sulle richieste della difesa i giudici hanno detto che valuteranno all’esito delle testimonianze se disporre o meno le perizie. Oggi erano presenti in aula sia Enea (che si trova in carcere a Montacuto di Ancona) che la mamma, Arianna Orazi (assistita dall’avvocato Olindo Dionisi), che il marito di Rosina, Enrico Orazi (assistito dal legale Barbara Vecchioli).
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