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Esuberi alla Giano, sfila una bara
di carta al presidio sindacale
Il Mimit avvia la concertazione (Foto/video)

ANCONA - Massiccia adesione delle maestranze allo sciopero indetto dalle Segreterie regionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Ugl Carta e Stampa e dalla Rsu unitaria dell’area Marche. Dalle 6 di questa mattina alle 6 di domani, per 8 ore ogni turno, sta incrociando le braccia il 95% dipendenti dello stabilimento di Fabriano e di Rocchetta. Stamattina si è svolto il sit in davanti alla sede della Regione Marche e nel pomeriggio l'assessore regionale Stefano Aguzzi ha annunciato che «il ministro Urso ha comunicato che nelle prossime ore, da parte degli uffici ministeriali, sarà convocata una riunione di approfondimento in sede nazionale, come da richiesta della Regione, dei sindacati e del territorio»

 

 

Adesione al 95% allo sciopero di 24 ore, finora per i lavoratori della società Giano-Cartiere Fedrigoni che ha annunciato 195 licenziamenti collettivi. Dalle 6 di questa mattina alle 6 di domani, per 8 ore ogni turno, stanno incrociando le braccia i dipendenti dello stabilimento di Fabriano e di Rocchetta. Stamattina invece è andato in scena il presidio delle maestranze davanti alla sede della Regione Marche, in concomitanza con il colloquio che l’ad della Fedrigoni, Marco Nespolo, stava svolgendo proprio a Palazzo Raffaello con l’assessore regionale Stefano Aguzzi. Gli operai hanno sfilato sul piazzale con in spalla  una bara di carta e hanno appeso striscioni di protesta sulle balaustre. Oggi pomeriggio invece sono stati ascoltati dallo stesso assessore  i sindacati di settore, i rappresentanti delle Segreterie regionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil, Ugl Carta e Stampa e la Rsu unitaria dell’area Marche.

La riunione dell’assessore aguzzi con i sindacati che stanno seguendo la vertenza Fedrigoni Giano

Dopo il summit l’assessore Aguzzi ha annunciato la decisione del ministro Adolfo Urso «di avviare una concertazione per affrontare le conseguenze della chiusura della Giano S.r.l., annunciata da Fedrigoni Group, che è di cruciale importanza. Riconosce non solo il valore di un marchio con oltre 750 anni di storia, ma anche il significato della sua forza lavoro e del territorio, duramente colpito da crisi economiche negli ultimi quindici anni».  Stefano Aguzzi, al termine di una giornata dedicata a incontri preliminari con l’azienda e i sindacati, in relazione alla decisione di Fedrigoni S.p.A. di uscire dal proprio business della società della Giano S.r.l., costituita nel novembre 2022, con i conseguenti 195 licenziamenti che ne deriveranno (174 lavoratori dipendenti e 21 somministrati), entro il 31 dicembre di questo anno.

La scorsa settimana il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli, insieme all’assessore Aguzzi, aveva indirizzato una lettera al Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, sollecitando una convocazione urgente di un tavolo di concertazione, nella quale si evidenziava la crescente preoccupazione per il distretto di Fabriano, già segnato da diverse crisi aziendali. Nella mattinata odierna il ministro Urso ha comunicato che nelle prossime ore, da parte degli uffici ministeriali, sarà convocata una riunione di approfondimento in sede nazionale, come da richiesta della Regione, dei sindacati e del territorio. «L’azienda ha espresso la volontà di chiudere la Giano S.r.l. a causa della crisi nel settore della carta per ufficio che viene lì prodotta – ha spiegato Aguzzi – Tuttavia, ha anche manifestato l’intenzione di rimanere operativa nel fabrianese, consolidando le proprie attività orientate alla produzione di carta da disegno per uso scolastico e artistico, con la possibilità di riassorbire parte dei dipendenti a rischio esubero. La Regione si impegna a supportare le richieste sindacali, attraverso incontri congiunti con l’azienda, interventi per la riconversione del personale e dell’attività, nonché l’attivazione di corsi di formazione. È fondamentale sottolineare che la crisi della Giano non interessa solamente i 195 dipendenti, ma coinvolge anche un ampio indotto, che comprende settori come il trasporto e la logistica». Le commesse sono incerte, e da quanto è emerso dal colloquio con l’azienda, alcuni lavoratori, dei 195 esuberi annunciati, potrebbero essere ricollocati in altri stabilimenti del gruppo.

Il connubio tra Fabriano e la carta è stato stretto 750 anni fa e in città c’è forte preoccupazione per la nuova vertenza che rischia di penalizzare il tessuto produttivo e sociale dell’area montana, già segnato da altri fronti caldi, come quello delle Beko Europe. Domani e dopo domani le sigle sindacali si confronteranno con l’azienda a Verona con l’obiettivo di difendere i posti di lavoro ma sollecitano anche e soprattutto un tavolo al Mimit. Intanto si muovono anche istituzioni e politica. I consiglieri regionali del Pd, presenti al sit in dei sindacati si dicono« pronti a fare la nostra parte per salvare i 195 posti di lavoro e scongiurare una nuova crisi sociale. Il nostro gruppo ha presentato nelle scorse settimane vari atti in consiglio per sollecitare la giunta regionale ad attivarsi al fine di salvaguardare il futuro delle Cartiere Fedrigoni e i suoi livelli occupazionali. – si legge in una nota dei consiglieri regionale dem – Noi siamo forza di opposizione al governo regionale, ma accogliamo l’invito all’unità fattoci pervenire dall’assessore Stefano Aguzzi e non faremo mancare il nostro contributo affinché si possa dare una soluzione positiva alla vertenza. In queste situazioni la politica deve saper accantonare le divisioni e dare priorità alla tutela delle persone e dei territori».

I consiglieri regionali del Pd al presidio dei lavoratori Fedrigoni Giano

Stamattina accanto ai lavoratori c’erano la capogruppo Anna Casini, il vicepresidente dell’Assemblea legislativa delle Marche Maurizio Mangialardi e i consiglieri Antonio Mastrovincenzo, Romano Carancini e Micaela Vitri. «Mandare a casa 195 addetti alla produzione – affermano i dem – significa privare di una fonte di reddito altrettante famiglie, senza considerare le possibili ripercussioni sull’indotto. Tutto ciò è inaccettabile, specie se consideriamo che stiamo parlando di un’azienda che non solo non si trova in difficoltà economica, ma continua a fare utili. L’area del Fabrianese ha già subito pesanti processi di deindustrializzazione che hanno causato migliaia di licenziamenti: non possiamo lasciare che l’ennesimo sito produttivo, il quale rappresenta anche un patrimonio storico e culturale della nostra regione, venga smantellato dalla fredda logica del profitto seguita da un fondo finanziario internazionale».

Anche il Movimento 5 Stelle è impegnato a vedere chiaro nella vicenda Fedrigoni e a tentare di trovare una soluzione per tutelare migliaia di dipendenti e l’economia dei territori di Marche e Umbria. In Regione, la consigliera Marta Ruggeri ha presentato una mozione «con la quale chiedo l’impegno della Giunta a sostenere fattivamente le iniziative di lotta dei sindacati e dei lavoratori; ad attivare con urgenza una interlocuzione con la direzione aziendale per promuovere soluzioni di ristrutturazione aziendale alternative al licenziamento collettivo; e ad attuare tutte le misure di competenza della Regione (e sollecitare quelle di competenza del Governo) per la tutela ed il sostegno economico dei lavoratori interessati dalla procedura di licenziamento». L’impegno prosegue alla Camera dei deputati dove l’on. Fede e l’on. Pavanelli hanno presentato una interpellanza rivolta al Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali e al Ministro delle Imprese e del Made in Italy.

«Ci troviamo di fronte ad una scelta spregiudicata e scriteriata – afferma Fede – che rischia di creare un vero e proprio disastro. Parliamo di circa 4mila dipendenti a rischio. Uno sfregio alla storia cartaria fabrianese, che va avanti da quasi otto secoli ed è uno dei massimi orgogli del Made in Italy, ad opera della proprietà del Gruppo Fedrigoni, di due società d’investimento, Bain Capital Private Equity e BC Partners, che evidentemente si muovono in una logica di ‘fusioni e acquisizioni’ troppo spesso lontana dall’economia reale, del tutto estranea a qualsiasi concetto di responsabilità sociale dell’impresa». Lo sguardo è poi rivolto al lungo termine: «Sarà il caso – sostengono Fede e Ruggeri – di rivedere la politica rispetto a questo genere di acquisizioni da parte di società d’investimento, per di più straniere, che non hanno alcun riguardo per la storia e le implicazioni sociali del fare impresa in Italia, per le necessità e la sicurezza del territorio nazionale, ponendo dei limiti a logiche puramente finanziarie per salvaguardare i settori più prestigiosi del Made in Italy, l’economia dei territori e l’occupazione».

(Foto/video Giusy Marinelli)

 

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