Ieri pomeriggio la premiazione del concorso “Macerata Humanities”, premio letterario per studenti delle scuole superiori e dell’università, organizzato dall’Università di Macerata nell’ambito del “Macerata Humanities Festival”.
«Una tematica quanto mai attuale quella del premio 2024: “Scoprire la pace: percorsi di giustizia per la guarigione del mondo”. – si legge in una nota dell’istituto Corridoni-Campana di Osimo – Parlare di pace, quando attorno si odono echi sempre più incalzanti di guerre, non rappresenta una velleità per intellettuali, ma un impegno civile e sociale su cui è doveroso riflettere, per far maturare una cultura della solidarietà, della fratellanza, di cui abbiamo grande bisogno. Quando poi questo impegno alla riflessione viene rivolto ai giovani e da loro accolto, le aspettative sono ancora più alte: creare una società del domani che consideri la pace una dimensione quotidiana, un habitus, uno stile di vita. Proprio ai giovani si è rivolto il premio che ha visto la partecipazione di studenti del triennio delle scuole superiori e delle Università delle Marche, dell’Abruzzo e dell’Umbria». Grande, quindi, la soddisfazione nel poter annoverare proprio due studentesse dell’Istituto Corridoni-Campana di Osimo come vincitrici di questa pregevole iniziativa.
Angelica D’Addario, frequentante la classe Quarta A del Liceo Scientifico osimano, si è aggiudicata il primo premio, per la categoria narrativa, con un racconto intenso ed emozionante che, nella cornice “buia” (per ricalcare il titolo dell’elaborato, “Buio”) della guerra in Ucraina, lascia al lettore uno spiraglio “di luce”, di speranza … perché la pace va costruita passo passo, dalle piccole cose; perché nella pace si deve sempre sperare, come nella bellezza: “Vedo la bellezza – scrive Angelica – ma se mi protendo per afferrarne un pugno (…) scivola via. (…) Troppo poco per qualcosa di concreto, abbastanza per i sogni”.
Al terzo posto, nella stessa categoria, un’altra studentessa del Campana: Chiara Murolo del Quinto A del Liceo Classico. Chiara si rivolge alla pace come fosse una sorella, a cui scrive una lettera, ragionando su quanto, oggi, sia necessario più che mai “un cambio radicale di mentalità” da parte di ognuno di noi, perché – come la studentessa afferma – non basta desiderare la pace ma occorre costruirla, facendosi “bene degli altri”. Non disillusione nelle loro parole, non scoramento – seppur la realtà che gli adulti hanno costruito per loro non sia quella auspicabile – ma impegno costante per cambiare le cose, per guarire questo mondo ferito. La speranza allora è che le parole, l’impegno personale, la volontà condivisa di seminare pace possa avere più forza, più resilienza degli arsenali di questo o quest’altro Stato.
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