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Riciclaggio d’opere d’arte,
chiusa l’inchiesta su Vittorio Sgarbi.
La perizia e l’interrogatorio che lo incastrano

MACERATA - Indagine sul dipinto “La cattura di San Pietro” di Rutilio Manetti, rubato nel 2013 dal castello di Buriasco in Piemonte. L'ex sottosegretario alla cultura deve rispondere anche di autoriciclaggio e contraffazione. Il pittore che apportò la modifica ha detto che gliela commissionò il critico. Le analisi tecniche dimostrano che il quadro corrisponde a quello trafugato

sgarbi-manetti

Il dipinto al centro dell’inchiesta e Vittorio Sgarbi

di Gianluca Ginella

Il critico d’arte Vittorio Sgarbi, ex sottosegretario alla cultura del governo Meloni, nei guai per riciclaggio, autoriciclaggio di beni culturali, contraffazione di opere d’arte. La procura di Macerata ha chiuso le indagini relative ad un’opera che era stata rubata nel 2013, “La Cattura di San Pietro” attribuita al pittore senese Rutilio Manetti.

Due sono le questioni decisive per gli inquirenti: la perizia svolta sull’opera, dove risulta essere stata fatta una aggiunta posticcia sul dipinto e che l’opera combacia con i frammenti della tela rubata. La seconda è l’interrogatorio di Pasquale Frongia che ha detto che la modifica l’ha fatta lui e gli era stata commissionata da Sgarbi. In questa inchiesta Sgarbi è l’unico indagato. Dopo la chiusura delle indagini avrà tempo venti giorni per chiedere di essere interrogato o presentare memorie difensive.

La procura di Macerata ha lavorato per mesi sul caso sino a completare il quadro, per restare in tema. Le indagini sono state svolte dal Reparto operativo dei carabinieri Tutela patrimonio culturale. Tutto nasce da alcune dichiarazioni rese dall’ex restauratore bresciano della famiglia Cavallini-Sgarbi, inizialmente raccolte nell’ambito di un altro fascicolo processuale e poi confluite in quello della procura di Macerata che ha aperto il fronte delle indagini sull’opera raffigurante “La cattura di San Pietro”, attribuita al pittore senese Rutilio Manetti, ricevuta e restaurata da un libero professionista tra il 2015 e il 2016 su incarico di Vittorio Sgarbi.

Questo dipinto secondo i carabinieri corrisponde a quello che era stato rubato il 14 febbraio del 2013 dal castello di Buriasco, in provincia di Torino. Il furto è stato compiuto da persone rimaste sconosciute. Per le indagini è risultato determinante l’esito della perquisizione eseguita a carico del critico d’arte, nel corso della quale è stata rinvenuta l’opera, che la procura ritiene essere di Manetti, ed anche la copia in 3d della stessa. C’è stata poi una comparazione tra il quadro trovato da Sgarbi e frammenti di tela dell’opera rubata a Buriasco. Nella relazione tecnica redatta dall’esperto, nominato tra il personale specializzato dell’Istituto centrale per il restauro di Roma (Icr), l’opera restaurata, confrontata con i frammenti di dipinto, le immagini acquisite agli atti processuali e censite nella banca dati dei carabinieri risulta, sostengono gli inquirenti, essere proprio quella asportata a Buriasco. La differenza sta nell’aggiunta di una torcia che è stata dipinta nella parte in alto a sinistra della tela. Le indagini hanno consentito di risalire all’autore della modifica, il pittore Pasquale Frongia. Interrogato, ha detto che quella modifica gli era stata commissionata da Sgarbi.

Dichiarazioni che contrastano con la versione di Sgarbi che ha detto che l’opera l’aveva trovata casualmente all’interno di “Villa Maidalchina” di Viterbo, acquistata dai suoi familiari nel 2000. Dichiarazioni di Frongia a parte, a pesare sono gli accertamenti tecnici che hanno evidenziato che il dipinto coincide, per materiali, tecnica esecutiva e morfologia del degrado con i frammenti del dipinto rubato. Anche la correlazione dello schema di assemblaggio delle pezze di tela su cui è stato realizzato il dipinto coincide con i frammenti presenti sulla cornice e poi c’è la perfetta sovrapponibilità dei bordi della tela con quelli ancora presenti sul telaio, e pure corrisponde il frammento staccatosi all’atto del furto nel castello di Buriasco con il disegno del dipinto.

Sulla torcia: risulta essere stata dipinta con pigmenti di produzione industriale. Le indagini hanno permesso, inoltre, di accertare che alla mostra “I Pittori della luce, da Caravaggio a Paolini”, curata dallo stesso Sgarbi e allestita a Lucca da dicembre 2021 a ottobre 2022, al posto dell’opera originale era stata esposta, su commissione del critico d’arte, la copia in 3D realizzata dal laboratorio di stampa G-Lab di Correggio. Il fatto che fosse stata esposta copia del dipinto alla mostra avrebbe avuto per Sgarbi, dice la procura, il profitto di far aumentare il valore dell’opera.

(Ultimo aggiornamento alle 15,40)

 

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