La Clinica Oculistica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche è stata protagonista di un’importante innovazione nel trattamento della degenerazione maculare correlata all’età (DMLE) di tipo neovascolare, eseguendo il primo impianto del Port Delivery System (PDS) per il rilascio controllato e duraturo di farmaci anti-VEGF.
Questa nuova tecnologia, approvata dalle autorità sanitarie statunitensi, ma ancora solo in fase sperimentale in Europa, rappresenta un avanzamento significativo nella lotta contro una delle principali cause di cecità nei soggetti anziani e apre nuove prospettive per il trattamento della patologia.
La degenerazione maculare correlata all’età di tipo neovascolare, nota anche come DMLE umida, è una condizione oculare grave che colpisce la macula, la parte della retina responsabile della visione centrale. Questa malattia è caratterizzata dalla crescita anomala di vasi sanguigni al di sotto della retina, che possono essere responsabili di essudazione ed emorragie, danneggiando permanentemente la funzione visiva del paziente. L’attuale trattamento per questa forma di degenerazione maculare prevede iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF, che aiutano a bloccare la proliferazione di questi vasi sanguigni anomali. Tuttavia, le iniezioni devono essere ripetute frequentemente, con visite regolari e un impatto significativo sulla qualità della vita del paziente.
Il Port Delivery System è un dispositivo innovativo che offre una somministrazione continua e controllata di farmaci anti-VEGF direttamente nell’occhio. Contrariamente alle tradizionali iniezioni intravitreali, che richiedono somministrazioni mensili o trimestrali, il PDS rilascia il farmaco in modo costante e graduale per oltre 6 mesi, riducendo la necessità di trattamenti frequenti e migliorando la qualità della vita dei pazienti.
Il dispositivo viene impiantato sotto la congiuntiva, attraverso una procedura chirurgica minimamente invasiva, e può essere ricaricato con il farmaco in un “setting” ambulatoriale, senza necessità di rimuovere l’impianto. In questo modo, il PDS rappresenta una soluzione a lungo termine per il trattamento della DMLE neovascolare, con potenziali benefici per pazienti che potrebbero altrimenti trovarsi ad affrontare un trattamento costante e talvolta logisticamente complesso.
Il Primo Impianto all’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche. Un’équipe di specialisti della Clinica Oculistica dell’Aou delle Marche guidata dal professor Cesare Mariotti, Ordinario di Oftalmologia dell’UnivPM, Direttore della Sod e principale operatore dell’intervento, ha impiantato questo innovativo sistema per primo nella nostra regione e secondo centro in assoluto in ambito nazionale.
Il professor Mariotti ha commentato con entusiasmo questo importante traguardo: «L’introduzione del Port Delivery System rappresenta una svolta nel trattamento della degenerazione maculare umida. Questo dispositivo offre ai nostri pazienti una risposta terapeutica più stabile e duratura, riducendo l’onere delle frequenti iniezioni intravitreali. Con questa nuova tecnologia, possiamo garantire un controllo più costante della malattia, evitando anche il rischio di recidive tra un trattamento e l’altro. È un passo fondamentale non solo per migliorare la visione, ma anche per migliorare la qualità della vita dei pazienti, riducendo il numero di visite ospedaliere e la necessità di molteplici trattamenti».
L’intervento, eseguito con successo in anestesia locale, ha visto il posizionamento del dispositivo senza complicazioni. Il paziente, che ha già ricevuto trattamenti precedenti con iniezioni intravitreali, ha mostrato segni di miglioramento nei giorni successivi all’intervento. «L’aspetto più importante di questo approccio – ha continuato Mariotti – è che il PDS non solo fornisce un rilascio costante del farmaco, ma lo fa con una precisione e costanza che sarebbe difficile ottenere con le iniezioni tradizionali».
Il Rettore dell’Università Politecnica delle Marche, prof. Gian Luca Gregori, ha evidenziato il ruolo fondamentale della ricerca accademica nel miglioramento delle terapie per i pazienti: «La tutela della salute è un obiettivo prioritario e l’ottimo risultato raggiunto ci dimostra chiaramente che la ricerca è e deve restare il vero motore di ogni innovazione. Ogni progresso raggiunto, non solo nell’ambito sanitario, arriva dopo un grande lavoro di ricerca e grazie a tecnologie avanzate si possono fornire risultati importanti al servizio di pazienti, sviluppando sempre di più cure personalizzate».
Il dottor Armando Marco Gozzini, direttore generale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, ha sottolineato l’importanza di questo intervento nel contesto delle attività sanitarie della Regione: «è un innovativo dispositivo che semplifica la vita ai pazienti e consente ai clinici di dedicare più tempo alle attività del reparto e ai pazienti stessi. Infatti i pazienti non dovranno più recarsi – periodicamente – in ospedale per sottoporsi alle iniezioni: è evidente come la sinergia tra Università e Ospedale garantisce sviluppo e propensione alle migliori innovazioni tecnologiche e terapeutiche».
Circa l’impatto sui pazienti e le prospettive future, «Il Port Delivery System non è solo una soluzione a lungo termine per il trattamento della DMLE, ma ha anche la capacità di rimodulare la storia naturale della malattia. – sottolinea il professor Marco Lupidi, Ordinario di Oftalmologia e PI della sperimentazione -. Grazie al rilascio controllato e prolungato degli anti-VEGF, possiamo ridurre la formazione di nuovi vasi patologici e prevenire l’estensione delle lesioni maculari. La costante somministrazione del farmaco, in un arco di tempo più ampio rispetto alle tradizionali iniezioni e senza fluttuazioni, potrebbe cambiare radicalmente il decorso della malattia, permettendo ai pazienti di mantenere una qualità visiva stabile e, in alcuni casi, migliorata».
La speranza è che, nel tempo, questa tecnologia possa essere estesa a un numero maggiore di pazienti e integrata con altre opzioni terapeutiche per migliorare ulteriormente i risultati clinici. Inoltre, il successo di questa procedura potrebbe aprire la strada a nuove innovazioni nel campo delle patologie retiniche, favorendo un approccio sempre più personalizzato ed efficace.
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