È scontro sulla proposta avanzata da Link Campus University, università privata nata a Roma nel 1999 e con sedi anche a Napoli e Città di Castello, di avviare dal prossimo anno accademico due corsi di laurea in tre città marchigiane: una magistrale in Medicina e chirurgia a Fano e Ascoli e una in Odontoiatria e protesi dentaria a Macerata.
Per il via libera dell’operazione, però, mancano ancora il nulla osta della Regione, che è vincolante, e il passaggio, consultivo, con la Crum, ovvero la Conferenza dei rettori delle università delle Marche.
Per il primo, non ci sono prese di posizione ufficiali, ma ce n’è una “ufficiosa” decisamente rilevante: quella di Mirco Carloni, deputato della Lega ed ex assessore regionale, che si è schierato apertamente per il sì all’operazione. «È una grande opportunità e così deve essere intesa dalle parti sociali e dal territorio – sottolinea Carloni – occorre tenere presente che, quest’anno, grazie alla saggia e lungimirante scelta del Governo e del Parlamento italiano, sarà per la prima volta possibile frequentare la facoltà di medicina senza numero chiuso e il paradosso è che chi, oggi, contesta questa scelta non ha fornito soluzioni alla carenza strutturale di medici laureati: quest’occasione per il nostro territorio si innesta sul fatto che l’anno accademico 2025/2026 sarà il primo in cui si potrà fare medicina senza numero chiuso».
Sulla possibilità di aprire intervengono i sindacati Cisl e Cgil. «Esprimiamo la necessità di aprire con urgenza un tavolo di confronto con la Regione, l’Università Politecnica delle Marche e successivamente con la Link University – dicono Selena Soleggiati, segretaria regionale Cisl Marche, e Marco Ferracuti, segretario generale Cisl Marche – la proposta di espandere l’offerta formativa attraverso la creazione di nuovi corsi rappresenta senza dubbio un’importante opportunità per il territorio e per i giovani marchigiani e di tutto il centro Italia. Tuttavia, riteniamo indispensabile un approfondimento sulla questione, in quanto emergono diverse criticità che non possono essere trascurate, come ad esempio il rischio di costi elevati e disparità oltre a generare conseguenze rilevanti sull’offerta formativa delle università pubbliche.
È fondamentale verificare che l’apertura di questi corsi avvenga nel rispetto di standard qualitativi adeguati e senza compromettere l’equilibrio del sistema universitario regionale. Per queste ragioni chiediamo un confronto immediato e approfondito con tutti i soggetti coinvolti per chiarire i termini del progetto, valutarne gli impatti economici, sociali e formativi, e garantire che ogni scelta sia orientata al bene comune e al futuro dei giovani marchigiani».
L’idea dell’università privata che apre nelle Marche non piace alla Cgil. «Quella che viene rappresentata come una grande opportunità e una straordinaria occasione di crescita preoccupa fortemente la Cgil Marche e l’Adi che credono invece che ciò possa contribuire a disgregare ulteriormente il sistema universitario regionale – si legge nella nota di Cgil e Adi– da non dimenticare il recente allarme lanciato dai rettori degli atenei marchigiani, preoccupati per il taglio del fondo di finanziamento ordinario e dalla mancanza di risorse in legge di bilancio; tagli che rischiano di indebolire ulteriormente il sistema universitario regionale.
Ci chiediamo se Carloni e Castelli si siano preoccupati dei tagli delle risorse destinate agli atenei marchigiani e quali politiche intendano proporre per difendere il sistema pubblico universitario nella regione. La formula magica di questo Governo per risolvere il problema dell’inverno demografico e del diritto allo studio non è finanziare in maniera adeguata il sistema universitario affinché non si debbano aumentare le tasse per gli studenti, non è finanziare il diritto allo studio affinché tutti abbiano sul territorio nazionale le stesse possibilità di intraprendere un percorso di alta formazione. Piuttosto, il Governo punta a drenare risorse pubbliche per agevolare la crescita di una formazione affidata a soggetti privati, che in nome del rendimento produttivo, seguono logiche di mercato che, in uno stato di diritto, non dovrebbero nemmeno sfiorare l’istruzione ponendosi in palese contrasto con i principi costituzionali.
Alla Regione e a tutti coloro che hanno a cuore una formazione di qualità sul territorio chiediamo di non assecondare queste logiche, di non mettere in crisi il sistema universitario marchigiano, di garantire il diritto allo studio di studentesse e studenti, di investire negli atenei delle Marche che sono un patrimonio da salvaguardare e sostenere».
Sul piede di guerra sono invece il consigliere regionale Romano Carancini e la deputata Irene Manzi (entrambi del Pd). «Il tentativo della Link Campus University di insediarsi nel sistema formativo marchigiano rappresenta un vero e proprio attacco al cuore delle Università pubbliche marchigiane, divenute da tempo sinonimo di eccellenza – rimarca il consigliere regionale del Pd – un’operazione politica ed elettorale completamente estranea all’interesse generale delle nostre comunità che rischiamo di pagare a caro prezzo. Attori protagonisti: una Regione ambigua ed opaca che ha lavorato sottotraccia per favorire l’apertura al soggetto privato e Guido Castelli, il nuovo “papa” delle Marche, il quale, non pago della lentezza con cui si occupa di ricostruzione delle aree del sisma, diviene il vero centro motore di questa iniziativa. A tal proposito è sconcertante l’invito che il soggetto privato accademico ha inviato per ascoltare il parere degli stakeholders dove il primo destinatario è proprio Castelli. Inoltre è di un’arroganza senza limiti il fatto che nessuno, né le istituzioni pubbliche del territorio, a partire dalla Regione, né la proprietà della Link Campus University abbia sentito il dovere di confrontarsi con gli altri atenei regionali. Atteggiamento perfettamente in linea con le scelte compiute negli ultimi anni dal governo Meloni, il quale non a caso si è distinto nel definanziamento delle università statali e ha abolito il parere vincolante della Conferenza dei rettori delle università per favorire l’ingresso dei privati. L’impressione è che si tratti del classico cavallo di Troia che la porterà ad allargarsi in futuro verso altri rami del sapere».
«Denunciamo da mesi il taglio lineare del Fondo di finanziamento ordinario voluto dalla ministra Bernini che costerà 10 milioni di euro agli atenei della regione, con una riduzione di oltre il 3% delle risorse disponibili – fa eco Manzi – un’enormità che mette a rischio il funzionamento delle università marchigiane. Non a caso, durante la discussione della legge di bilancio, abbiamo rivolto un appello ai colleghi di maggioranza eletti nelle Marche per impegnarsi insieme a tutela degli atenei per recuperare questi tagli e alla Regione per dare un segnale di fronte al rischio che corre del sistema universitario, fiore all’occhiello della regione. Si rischia ora di favorire l’apertura a un soggetto privato senza avvertire il bisogno di confrontarsi con il territorio e gli atenei regionali. A questo punto pensiamo ci sia un disegno molto preciso: smantellare il sistema delle università pubbliche per favorire l’ingresso dei privati nel sistema formativo. Riteniamo fondamentale che la Regione faccia chiarezza su quanto sta avvenendo e, soprattutto, si attivi per tutelare il sistema universitario marchigiano, garantendo il diritto allo studio per gli studenti e le studentesse , difendendo e sostenendo il sistema universitario marchigiano».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati