Il Mimit ha avviato interlocuzioni con il Comune di Siena e Invitalia per l’acquisizione dello stabilimento Beko di Siena da parte di un soggetto pubblico, come punto di partenza per creare le condizioni favorevoli alla reindustrializzazione dell’impianto e alla ricerca di un nuovo investitore, restituendo così un futuro produttivo al sito. Variazioni nei numeri annunciate anche per gli stabilimenti marchigiani del gruppo turco-americano.
È quanto emerge dall’incontro tecnico su Beko Europe in corso a Palazzo Piacentini, alla luce del disimpegno della Regione Toscana e delle delibere della Provincia di Siena, che escludono un intervento per l’acquisizione del sito, senza aver prima le garanzie di un progetto industriale. Al confronto, presieduto dal sottosegretario con delega alle crisi di impresa, Fausta Bergamotto, partecipano i vertici della proprietà, le strutture del Mimit e le organizzazioni sindacali.
Riguardo all’impianto di Siena, Beko ha confermato il proseguimento delle attività fino al 31 dicembre 2025 e la disponibilità a rispettare il contratto di locazione fino a dicembre 2027. Nel frattempo, la società si è impegnata a facilitare la transizione verso la reindustrializzazione, destinando circa 7 milioni di euro per la gestione del canone d’affitto, per l’individuazione di un advisor che avvii immediatamente la ricerca di un nuovo soggetto industriale e per la continuazione delle attività di bonifica.
Più articolata la situazione per gli stabilimenti Beko marchigiani. Confermata la sostenibilità del sito di Comunanza attraverso il taglio di 200mila volumi su 630mila e di circa 80-100 esuberi su 320 dipendenti. Con queste coordinate lo stabilimento viene ritenuto sostenibile dall’azienda. Inoltre per lo stesso stabilimento sono previsti 15 milioni di investimento e vi resterebbero solo le produzioni ad incasso e alto di gamma per lavatrici e lavasciuga.
Per lo stabilimento di Melano di Fabriano sono invece confermati i 68 esuberi ma sono previsti nel prossimo triennio 62 milioni di investimenti, dei quali 22,5 milioni sul prodotto, 15 milioni sul processo e 27 milioni nella ricerca e nello sviluppo del cooking. Più complicata la situazione nel settore impiegatizio dove viene registrata una lieve diminuzione a livello nazionale delle eccedenze, ma resta un esubero di 628 funzioni, del quale il 43% localizzato proprio su Fabriano. Dal vertice di oggi sono emersi piccoli avanzamenti ma la situazione resta difficile soprattutto per gli impiegati della Beko.
Il tavolo tecnico odierno segue gli incontri precedenti con la Regione e il Comune della scorsa settimana, nonché quello tra il ministro Urso e i vertici di Beko in occasione della sua recente missione in Turchia. In quella sede, l’azienda ha presentato un aggiornamento del piano industriale, confermando, in linea con quanto richiesto dal Mimit al tavolo plenario del 30 gennaio, investimenti pari a 300 milioni di euro. Il tavolo tra le parti verrà aggiornato giovedì 27 febbraio presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e il calendario di incontri proseguirà, il 14 marzo 10.30 e 18 marzo alle 10.30 sempre al Mimit.
«Per arrivare ad una intesa occorre soluzione per tutte le fabbriche e gli enti impiegatizi». A sostenerlo al termine del vertice sono state le segreterie nazionali di Fim, Fiom, Uilm, Uglm Per quanto riguarda il sito di Cassinetta, la Direzione aziendale ha quantificato in 350 gli esuberi nella fabbrica di frigoriferi, specificando però che a parità di professionalità le varie fabbriche possono essere considerate come vasi comunicanti; tutte le linee di montaggio resteranno in loco, ma si prevede il passaggio dai turni avvicendati a un turno unico così detto a giornata; per quanto riguarda inoltre gli investimenti questi sono stati finalmente dettagliati: 31,5 milioni di euro nella fabbrica di frigoriferi, 75 milioni di euro nella fabbrica di forni, 21 milioni di euro nella fabbrica di microonde, 8,5 milioni di euro per l’istallazione di pannelli solari.
«Per quanto concerne Melano, la Direzione di Beko ribadisce i 68 esuberi; sarebbero confermate tutte le attuali gamme di prodotto ed anzi è in studio la possibilità di aggiungere un nuovo modello; gli investimenti complessivi ammontano a 62 milioni di euro – aggiungono i sindacati – A Carinaro si conferma la missione di centro europeo di parti di ricambio; sono previsti 5 milioni di euro di investimenti anche per ospitare i nuovi pezzi di ricambio in arrivo dalla Turchia; gli esuberi restano quantificati in 40. Per quanto concerne Comunanza, la Direzione di Beko ha disegnato uno scenario di continuità produttiva, ma con la presenza di 80/100 esuberi su un totale di 320 occupati; verrebbero dismesse le lavatrici slim, nonché le lavasciuga e le lavatrici di bassa gamma; la concentrazione sulla alta gamma porterebbe la produzione da 630 mila a 430 mila pezzi annui; sono previsti 15 milioni di euro di investimenti».
Per Siena resta ferma purtroppo la decisione aziendale di cessare la produzione a fine anno; le disponibilità espresse da Beko sono relative alla ricerca di un soggetto terzo investitore e alla richiesta di ammortizzatori sociali fino alla fine del 2027; inoltre il governo si è impegnato per aiutarci a risolvere la questione inerente la acquisizione del sito da parte di un soggetto pubblico, al fine di fornire una base concreta alla ricerca di una ipotesi di reindustrializzazione. Le siglie sindacali sono preoccupate soprattutto per gli esuberi previsti nel settore impiegatizio.
«Per quanto riguarda gli enti impiegatizi, infine, gli esuberi complessivi sono stati rivisti di circa 50 unità, così da diventare 628 su un personale di 1529 impiegati; gli investimenti sono quantificati in 78 milioni di euro nelle attività trasversali e di infrastruttura. Come sindacati giudichiamo i cambiamenti al piano industriale e le posizioni di Beko ancora insufficienti, poiché non trovano una soluzione per tutte le fabbriche e le divisioni impiegatizie, non garantiscono investimenti idonei a rilanciare le produzioni italiane e valorizzare al meglio gli enti di ricerca e sviluppo prodotto, qualità, prevedono soluzioni organizzative non condivise e implicano un numero molto alto di esuberi. Con l’obiettivo di scongiurare chiusure e licenziamenti proseguiremo il negoziato presso Ministero delle Imprese e del Made in Italy i giorni 27 febbraio, 14 e 18 marzo» concludono Fim, Fiom, Uilm e Uglm.
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