La Clinica Pediatrica dell’Aou Marche
“vola” in Uganda
per dare speranze ai bambini

ANCONA - I chirurghi del Salesi Alba Cruccetti ed Edoardo Bindi: «Cosa resta di questa missione? I sorrisi dei bambini trattati in ospedale, gli sguardi a volte rassegnati dei genitori e in generale aver capito quanto siamo fortunati rispetto alla situazione in luoghi e comunità come questi»


«Cosa resta di questa missione? I sorrisi dei bambini trattati in ospedale, gli sguardi a volte rassegnati dei genitori e in generale aver capito quanto siamo fortunati rispetto alla situazione in luoghi e comunità come questi».

Alba Cruccetti ed Edoardo Bindi sono due chirurghi pediatri in servizio nell’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche e a cavallo tra la seconda metà di febbraio e l’inizio di marzo hanno operato neonati, bambini e adolescenti all’ospedale di Lacor, distretto di Gulu, nel nord dell’Uganda.
I due professionisti fanno parte del team della Clinica di Chirurgia Pediatrica del presidio ‘Salesi’ diretta dal professor Giovanni Cobellis che da tre anni aderisce a una campagna portata avanti da una onlus di Vicenza, Surgery for Children. In un Paese molto complesso come l’Uganda, fino ai primi anni del terzo millennio immerso in una guerra civile devastante animato da forti paradossi, i due chirurghi del Salesi hanno garantito la loro esperienza, formato il personale dell’ospedale locale e soprattutto portato una tecnica rivoluzionaria a quelle latitudini: «Per la prima volta in una struttura ospedaliera di quel Paese abbiamo effettuato interventi con la tecnica laparoscopica mininvasiva – affermano i due chirurghi, Bindi alla terza esperienza, compresa quella del 2024 assieme al prof. Giovanni Cobellis, mentre per la Cruccetti era la prima volta -. Da noi è stata introdotta anni fa e ci sono state già delle evoluzioni tecniche e tecnologiche, in Uganda tutto ciò è una novità assoluta. La prima parte della nostra missione a Gulu è stata dedicata alla selezione dei casi clinici da operare, fissando delle priorità considerando l’enorme lista d’attesa. In Uganda generalmente la sanità si paga, compresi gli interventi e molte famiglie, soprattutto in zone rurali come quella di Lagor, hanno difficoltà anche a pagarsi il viaggio per recarsi in ospedale. Nei circa dieci giorni di piena operatività abbiamo potuto operare oltre 70 bambini, dai neonati fino a 18 anni, con particolare attenzione alle situazioni più critiche. Patologie che da noi sarebbero quasi routinarie, in aree simili dell’Africa peggiorano per mancanza di screening e carenza di farmaci. Ecco un altro problema che ci ha colpito, la difficoltà nel reperire il materiale base, dai cerotti ai sondini fino ai cateteri e agli antibiotici».

Dieci ore di lavoro al giorno per intervenire su tanti bambini che altrimenti non avrebbero avuto alcuna possibilità di essere curati, portando la conoscenza medico-chirurgica del presidio materno-infantile di Ancona in quell’area sperduta del grande continente nero: «Lì è tutto più difficile, la vita e la sopravvivenza delle persone – hanno aggiunto i due chirurghi del ‘Salesi’ -. A colpirci è stato l’incredibile numero di bambini che avrebbero bisogno di cure serie, specie nei contesti rurali dove alla povertà spesso si aggiunge anche lo stigma sociale di chi si porta dietro patologie particolari. In effetti il caso più particolare, assurdo per certi versi, è stato quello che ha colpito tre fratelli, due femmine e un maschio adolescenti, con altrettante anomalie sessuali durante il loro sviluppo mai affrontate e curate. Per il resto, i bambini lì sono gioiosi e felici per una caramella, un palloncino, mentre nello sguardo dei loro genitori c’è davvero tanta rassegnazione, umiltà, rispetto e mai una protesta. Noi abbiamo portato le cure, la formazione per i chirurghi del posto che hanno buone basi, ma tornando anche noi abbiamo ricevuto molto da questa esperienza».

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