di Marina Verdenelli
«E’ stato lui ad aggredirmi per primo, mi è venuto addosso urlando “Ti ammazzo” e mi ha ferito, io mi sono difeso ma non volevo ucciderlo, volevo solo neutralizzarlo». E’ iniziata così la confessione di Sebastiano Dimasi ieri sera, nella caserma dei carabinieri di Fabriano. Dopo una fuga durata quasi un giorno è stato interrogato dal pm Serena Bizzarri che già da ieri aveva fatto partire il fermo. «Quando mi sono reso conto di quello che era successo sono fuggito perché avevo paura» ha proseguito il suo racconto il 55enne, di origine calabrese ma residente da tempo a Sassoferrato. Da domenica sera il muratore è ristretto nel carcere dorico di Montacuto con l’accusa di omicidio volontario, in attesa dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip e dell’udienza di convalida. L’uomo, però, è stato bloccato in territorio umbro proprio ai confini con il Fabrianese (leggi l’articolo) e per competenza territoriale dovrà essere interrogato dal gip del tribunale di Perugia. Stamattina la procura di Ancona ha spedito tutti gli atti al tribunale umbro. Sulle prime dichiarazioni fatte dal muratore, la famiglia della vittima, il professore Alessandro Vitaletti, 48 anni, freddato con più di 20 coltellate in via Buozzi, a Sassoferrato, si limita a commentare che attendono gli atti ufficiali. «Stiamo nominando un legale – dice Anna Vitaletti, sorella del docente ucciso – e che i carabinieri ci informino sugli sviluppi. Per il resto nessuno di noi poteva mai immaginare quello è successo. Minacce? Mio fratello non mi hai mai detto di averne ricevute. Di chiacchiere in pese però ne giravano tante. Io ho visto Alessandro l’ultima volta sabato scorso, alle 16. Era tornato a casa e mi ha detto che poi avrebbe fatto la spesa».
L’indagato, difeso dall’avvocato Enrico Carmenati, potrà essere ascoltato dal magistrato probabilmente già entro giovedì. «Non è stato Dimasi a cercare il professore – sottolinea il legale – sabato si sono incontrati per caso. Conosceva il professore ma non si frequentavano. Ci sono elementi che mi portano a valutare e studiare la tesi della legittima difesa. Dimasi ha reso una dichiarazione genuina in sede di interrogatorio. E’ stato lui a consegnarsi ai carabinieri quando ha visto arrivare i militari vicino casa. Ha detto ‘Sono qui, so che mi cercate’ ». Fino a questa sera l’avvocato non aveva ricevuto la notifica della convalida del fermo. Sarà eseguita invece mercoledì pomeriggio, all’ospedale di Fabriano, l’autopsia sul corpo della vittima. Il medico legale incaricato dal pm sarà Adriano Tagliabracci. La confessione di Dimasi, che invoca la discriminante della legittima difesa, avvalora comunque la tesi che il movente del delitto sia da attribuire alla gelosia provata dall’uomo per l’ex moglie, da pochi mesi compagna del professore. A seguito di questo rapporto si erano create delle tensioni tra Dimasi e la ex moglie degenerate in un episodio che il 20 gennaio hanno portato la donna a denunciare l’ex marito per un forte litigio.
Sulla giornata di sabato, nelle ore che hanno preceduto l’omicidio, il muratore aveva cercato di contattare più volte la ex moglie, sia telefonicamente che andando nell’abitazione dove adesso risiedeva. Era stato anche in parrocchia a prendere il figlio che però era tornato già a casa con la madre. La donna oggi ha lasciato Sassoferrato, avvisando al lavoro che andava via per qualche giorno.
Per chiudere il quadro investigativo, corroborato dalle testimonianze di una decina di involontari spettatori dell’aggressione, gli inquirenti attendono gli esiti dei rilievi scientifici sulla Fiat 600 del muratore, abbandonata nelle campagne fabrianesi durante la fuga e posta sotto sequestro e sugli stessi abiti che lui indossava ancora quando i carabinieri lo hanno rintracciato quasi 24 ore dopo l’accoltellamento. Il tassello che continua a mancare nel mosaico probatorio è il corpo del reato, la lama che ha finito Vitaletti. Dimasi non avrebbe fornito elementi utili per ritrovarla.
(Servizio aggiornato alle 20)
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