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Il secondo tiro libero del sindaco

IL COMMENTO – Mancinelli bis come Sturani e Galeazzi, anzi di più: da quando si elegge direttamente il sindaco, nessuno ha portato a termine due mandati consecutivi. Cosa resterà di questi dieci anni

Il sindaco festeggia con i suoi assessori il risultato elettorale

di Emanuele Garofalo

Non c’è stata la ressa alle urne per andare a votare, e questo si sapeva. Candidati bravi a riportare al voto tutti i propri elettori al secondo turno, e questo non era scontato, ma i 21mila di Mancinelli e i 12mila di Tombolini rispecchiano il ballottaggio Mancinelli-D’Angelo del 2013. Il sindaco uscente in cinque anni ha guadagnato meno di 500 voti, il raggruppamento dello sfidante meno di 200. Il ballottaggio cristallizza perciò il quadro asfittico, poco partecipato da nuove idee e nuove persone, che già il primo turno aveva certificato. Basta tornare agli annali del 2009 per rivedere una competizione ben più accesa, decisa anche qui al ballottaggio, tra Fiorello Gramillano e Giacomo Bugaro, che portarono alle urne rispettivamente 28mila e 21mila elettori. Un’altra era geologica rispetto ad oggi. Il dato si presta a letture demografiche, culturali e anche economiche: una città sostanzialmente uguale a sé stessa, cosa produce? Per ora continuità, stabilità, e l’orizzonte di un governo lungo dieci anni che nessun sindaco ha raggiunto fino in fondo nella storia recente anconetana. Dal 1993, da quando si elegge direttamente il sindaco, sono riusciti a centrare il secondo mandato Renato Galeazzi e Fabio Sturani, ma nessuno dei due lo ha portato a compimento. Galeazzi lasciò per la corsa al Parlamento, Sturani fu costretto a capitolare per mano della sua stessa maggioranza, indebolito dai veleni dell’indagine per corruzione da cui uscirà assolto solo anni dopo. Entrambi hanno dovuto passare il testimone dopo otto anni, certo in condizioni parecchio differenti tra loro. Nell’albo di Palazzo del Popolo bisogna risalire fino a Guido Monina per ritrovare un sindaco con un incarico di governo più lungo di Sturani e Galeazzi, subito seguiti dai sette anni di governo di Alfredo Trifogli, senza voler scomodare in altre epoche il sindaco della ricostruzione Francesco Angelini. Tutti nomi che hanno segnato la storia cittadina con le loro decisioni, con le prove anche drammatiche che hanno dovuto affrontare. La cittadella sanitaria di Torrette, lo stadio del Conero e il Palarossini, la riapertura delle Muse, l’isola pedonale, l’Asse Nord Sud, lo sviluppo del porto e del porto turistico, l’affermazione della Mole come contenitore culturale sono solo alcune delle opere a cui i sindaci contemporanei negli ultimi 25 anni hanno legato i loro nomi e con cui hanno contribuito a cambiare il modo di vivere quotidiano degli anconetani e del capoluogo di regione. Per fare l’Ancona del 2023 non basterà continuare ad asfaltare le strade e ritrovare un decoro, ma bisognerà realizzare quelli che la stessa Mancinelli chiama i “grandi progetti”: il collegamento porto-grande viabilità, un watefront identitario che non sia una spianata di asfalto per lo street food una volta all’anno, un assetto del porto commerciale definitivo e funzionale, concludere la cittadella sanitaria con il Salesi, riempire la Mole di contenuti di livello, insomma dare ad Ancona quelle carte che le permettano di competere nella sfida tra distretti urbani, almeno della fascia adriatica. “Ripartiamo in condizioni ben diverse da quelle di cinque anni fa” sono state le prime parole del sindaco Mancinelli a margine dello scrutinio, che lasciano intendere di voler imprimere una svolta al secondo mandato. Avanti a sé ha una prateria: in Consiglio potrà contare su una maggioranza sostanzialmente fotocopia di quella uscente, e non a caso 9 consiglieri su 14 del gruppo Pd sono stati volutamente riconfermati in lizza dal sindaco e dal segretario Pd Cardoni. Contro si troverà una opposizione meno docile e più spostata a destra di quella che finora è stata capeggiata da D’Angelo e Quattrini, ma comunque numericamente impossibilitata nel mettere davvero in difficoltà la giunta e soprattutto ancora impegnata in una interminabile traversata del deserto, alla ricerca di una chiave per poter spostare gli equilibri cittadini a proprio vantaggio, nonostante la congiuntura nazionale favorevole. Tutto pronto dunque per il secondo tiro libero del sindaco, ma forse il suggerimento sul punto più importante da segnare arriva dalla vicina Falconara. Dopo dieci anni di esperienza Brandoni, il “delfino” Stefania Signorini si è trovata in difficoltà, vincente per un pugno di schede sul trio Luchetti-Calcina-Marcelli Flori, scoprendo una città divisa a metà sulla strada da intraprendere. Un post it per la Ancona del 2023, chiamata alla prossima scadenza ad avere una classe dirigente e un’idea di città condivisa e sostenuta dai cittadini, se davvero si vuole costruire un futuro.

«Ripartiamo con meno preoccupazioni Oggi il Pd è in sintonia con me, ma non siamo roccaforte rossa»

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