di Fabrizio Cambriani
Giovanni Gostoli è il nuovo segretario regionale del Partito Democratico. Le primarie lo hanno incoronato con un risultato netto e indiscutibile – un 68 a 32 per cento – inflitto allo sfidante Paolo Petrini. Sin dalla fine dell’estate, il pesarese Gostoli era stato individuato da tutti i segretari di federazione provinciale della regione come candidato unitario. L’ex parlamentare Petrini invece, era stato indicato, in totale contrapposizione dalle scelte dei vertici del partito, da alcuni sindaci.
Tra i quali Valeria Mancinelli, sindaca di Ancona e Romano Carancini, sindaco di Macerata. In realtà, tra i due concorrenti, non c’è mai stata partita. Nella provincia di Pesaro, tanto per dire, Petrini, pur essendo stato per ben due mandati assessore regionale, non è riuscito nemmeno a comporre una lista a sostegno della sua candidatura. Un handicap che già ai blocchi di partenza lo vedeva partire con uno svantaggio di ben 25 seggi su di un totale di 80.
Una dichiarazione di guerra a tutto il partito regionale – quella del duo Mancinelli & Carancini – in cui non ci si premurava nemmeno di reclutare i soldati necessari alle battaglie sui territori. In verità e depurata da ogni orpello idealista, la vera contesa era solo tra territori anconetani, in vista di ricollocazioni alle prossime elezioni regionali. Un braccio di ferro giocato sottobanco con il presidente della giunta regionale Ceriscioli che, non potendo garantire spazi e ruoli futuri, veniva tirato in ballo nella controversia e sfidato alle primarie attraverso la candidatura del fermano Paolo Petrini. Una candidatura, territorialmente neutra, tirata fuori dal cilindro dei prestigiatori anconetani e fatta servire in pubblico da due autorevoli sindaci di capoluogo. Quanto ignari della vera posta in gioco, non saprei dire.
Un congresso dunque che si trasformava in un referendum sull’operato del governo regionale e su quello dell’intera classe dirigente del partito. All’improvviso. Pubblicamente. Senza nessun filtro. Il risultato è stato che nemmeno i simpatizzanti ci hanno capito più di tanto. Hanno votato poco più di 13.200 persone su di un partito che conta 9250 iscritti. Quindi ceto politico allo stato puro, senza nessun valore aggiunto. Decisamente non un buon segnale per un partito ancora in crisi. Siamo lontanissimi dagli oltre 79mila del 2009 o dagli oltre 43mila delle primarie del 2015. Ma anche molto lontani dall’obiettivo di 20mila elettori che si erano prefissati i vertici del Pd regionale, per queste primarie.
Quello che resta, all’indomani di uno scontro inutile e privo di qualsiasi contenuto, sono le macerie e le lacerazioni su alcuni territori. In particolare, nelle province di Fermo e di Macerata. Nonostante i numeri siano bulgari e vedano, in assemblea regionale, una maggioranza di 52 delegati a favore di Gostoli contro i 28 di Petrini. Ne esce sconfitta, senza prova di appello, la linea dei sindaci Mancinelli & Carancini. La pervicace ostinazione nel voler per forza ricorrere alle primarie – convinti di sedere dalla parte della ragione solo perché candidati attraverso questo strumento – li fa uscire molto ridimensionati.
Il 75% di Petrini in provincia di Ancona – sia chiaro – è un patrimonio che metteranno sul tavolo di trattativa ex parlamentari e consiglieri regionali in carica con la nuova segreteria di partito. Con buona pace della sindaca Mancinelli che, a differenza di tanti marpioni di lungo corso che se ne stavano più prudentemente mimetizzati, ci ha messo la faccia in prima persona. Brutto colpo pure per Carancini. Da oggi, decisamente in ribasso le sue azioni, visto che non prevale nemmeno nella sua Macerata e non mobilita più nessuno. A differenza di Fiordomo, altro sindaco pro-Petrini, che solo a Recanati porta a votare oltre 550 persone. Praticamente un quarto dei votanti della provincia. Solo che Fiordomo, diversamente da Carancini, non si è esposto in prima persona.
Se perdono malamente i sostenitori di Petrini, Ceriscioli vince su tutta la linea. Sia politica che amministrativa. Con il paradosso che le pressanti richieste – peraltro tutte giuste e condivisibili – trasformate dallo sfidante Petrini in punti programmatici della sua proposta di segreteria, dovrebbero, almeno in teoria, decadere perché bocciate sonoramente dagli iscritti. Quindi, tanto per dirne qualcuna, niente assessore alla Sanità, niente primarie per la scelta del prossimo candidato presidente e nessuna discontinuità con il passato. Questa è stata la scelta, rigorosamente tra il bianco e il nero che si è voluta imprimere al congresso di un partito che tra mille difficoltà sta governando la Marche e sente forte la pressione e la sensazione di poter perdere il primato già dal prossimo anno. Se si fossero privilegiate le diverse sfumature di grigio, ci sarebbe stata l’opportunità di un’analisi pacata e ragionata diffusa su tutto il territorio. Se non altro per tentare di rimettere in pista, sia pure tardivamente, una rinnovata proposta politica condivisa da tutti. La divisione in fazioni, pur con lo stesso risultato finale, ha impedito questo percorso virtuoso. Mi auguro che chi lo ha fatto, per ragioni affatto commendevoli, si sappia assumere le proprie responsabilità, anche per il futuro. A Giovanni Gostoli, che si trova a guidare autorevolmente un partito sempre più traboccante di vizi e svuotato di virtù, vanno i miei migliori auguri di buon lavoro.
Giovanni Gostoli nuovo segretario Pd, Petrini perde anche nel Maceratese
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