di Federica Serfilippi
Un sorriso prima di entrare in aula, nessuna reazione alla lettura della sentenza che lo ha condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione. Un verdetto, quello che ha inchiodato Claudio Pinti, letto anche alla presenza di colei che lo ha denunciato dopo aver scoperto di aver contratto l’Hiv: l’ex fidanzata Romina, parte civile al processo contro il 36enne. Era accusato di omicidio volontario, per aver infettato l’ex convivente (poi morta), e lesioni personali gravissime, reato quest’ultimo legato al virus trasmesso a Romina e scoperto a maggio 2018. Il verdetto è stato emesso dal gup Paola Moscaroli dopo circa mezz’ora di camera di consiglio. I pm Pucilli e Bilotta avevano chiesto per l’imputato, difeso dagli avvocati Andrea Tassi e Alessandra Tatò, 18 anni di reclusione, considerando la continuazione tra le due contestazioni mosse dalla procura. Pinti ha voluto partecipare all’udienza nonostante le gravi condizioni di salute. Qualche giorno fa ha lasciato l’ospedale di Viterbo (dove era ricoverato da dicembre) per far ritorno nel carcere romano di Rebibbia dove è entrato la scorsa estate dopo un breve periodo passato a Montacuto. Prima del ritiro del gup per il verdetto, voleva rendere delle dichiarazioni spontanee. Gli sono state negate per una questione di tempi. Se avesse voluto parlare, avrebbe dovuto farlo a una delle scorse udienze. Ha però lasciato al giudice una memoria difensiva di sei pagine dove ha voluto riportare alcune parole di una ricerca sull’Aids uscita recentemente su una rivista scientifica di carattere internazionale. L’articolo sosteneva la non validità di perizie che mirano a correlare il contagio diretto tra due persone avente lo stesso ceppo virologico. Bensì, sarebbero da prendere in considerazione solo quando emerge dagli accertamenti una non correlazione tra i ceppi. Sono state stabilite anche le provvisionali alle parti civili. A Romina, assistita dall’avvocato Alessandro Scaloni, andranno 50 mila euro. Ai genitori e al figlio 30 mila euro complessivi. Alla figlia minore di Pinti, sostenuta dall’avvocato Federica Finucci, andranno 100 mila euro. Venticinque mila, invece, per la sorella e ciascuno dei genitori di Giovanna Gorini (avvocati Elena Martini e Cristina Bolognini), l’ex convivente del 36enne, e madre di sua figlia, morta nel giugno 2017 per una patologia tumorale connessa all’Hiv. L’accusa sosteneva che l’imputato l’aveva indotta a non curarsi, affermando l’inesistenza del virus. Tuttora Pinti è fautore delle teorie negazioniste sull’Hiv e, nonostante le sue gravi condizioni di salute, continua a non sottoporsi a terapie per contrastare l’immunodeficienza a cui è legata il virus, da lui scoperto una decina di anni fa e mai curato.
(servizio aggiornato alle 17.19)
(foto di Giusy Marinelli)
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