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Atelier Arco Amoroso,
spazi culturali in esilio:
aprono uffici per pratiche rifugiati

ANCONA - Ceduto in comodato d’uso gratuito dal Comune alla Prefettura dopo che era chiuso da fine 2017 per inagibilità tecnica. L'ente ha necessità di sistemare il proprio personale che si occupa delle pratiche dei richiedenti asilo. In passato ha ospitato mostre ed eventi. L’assessore Marasca: “La controparte l’ha messo in sicurezza e ha promesso di trovare un locale alternativo a settembre”

 

di Giampaolo Milzi

La parola d’ordine, quasi un tormentone, da parte dei competenti componenti della Giunta comunale, era stata “pazienza, abbiate pazienza”. Ma poi, per l’Atelier dell’Arco Amoroso – e tutte le associazioni e i singoli cittadini che erano abituati a servirsene per organizzare mostre ed eventi culturali – nell’autunno scorso è arrivata la doccia fredda dei “superiori motivi d’interesse e urgenza pubblica e sociale”, e così per gli antichi ed eleganti locali che si affacciano su piazza del Plebiscito è arrivato il passaggio di mano dal Comune, proprietario, alla Prefettura.

Una doccia gelata se si considera che, causa inagibilità, l’Atelier era stato chiuso già dalla fine del 2017. E che il 26 febbraio 2018 l’assessore comunale al Patrimonio, Paolo Manarini, responsabile politico-tecnico della gestione del locale, aveva promesso che Palazzo del Popolo l’avrebbe riaperto al pubblico a fine settembre scorso per la stagione culturale 2018-2019. Ed in effetti il 2 aprile 2018 il Consiglio comunale, nell’approvare la manovra di assestamento del bilancio, aveva dato l’ok allo stanziamento dei circa 60mila euro necessari alla ristrutturazione e messa a norma. E poi? La richiesta della Prefettura: “L’ufficio prefettizio che si occupa dei rifugiati si è trovato alle prese con un aumento imponente di richieste d’asilo e il Ministero gli ha aumentato il personale. Per far lavorare questo personale rapidamente, e smaltire le richieste, ci hanno chiesto la disponibilità dell’Arco amoroso, in attesa della sistemazione in nuovi uffici da prendere in affitto”, ha spiegato stamattina a Cronache Ancona l’assessore comunale alla Cultura, Paolo Marasca, anche lui, con Manarini, spinto a fare marcia indietro rispetto alle dichiarazioni di “pazienza per la riapertura per esposizioni ed appuntamenti culturali” che – ed ora si capisce perché – nel settembre scorso è sfumata. Il passaggio di mano dal Comune alla Prefettura è stato sancito dalla firma di un contratto di commodato d’uso gratuito (determina n° 2045 del 5/10/2018 del dott. Giacomo Circelli, responsabile dello Sprortello edilizia unica) di valenza annuale, con scadenza il prossimo 1 dicembre. “Dunque a tempo determinato”, ha sottolineato Marasca. Di più: “Abbiamo chiarito alla Prefettura che gli spazi ci erano stati lasciati dalla Provincia senza le caratteristiche tecnico-impiantistiche adeguate. E la Prefettura ha accettato di assumersi l’onere di eseguire i lavori di messa a norma degli impianti, e li ha fatti prima di insediarsi, sgravando il Comune delle spese”.

Già, le spese. Poco meno di 60mila euro, appunto, quelle preventivate secondo il progetto approntato dai tecnici del Comune. Gli interventi più corposi? Per il piano sotterraneo (ampia sala che dà su via della Catena e servizi igienici), col rinnovamento dell’impianto elettrico, la sostituzione di infissi, la ritinteggiature di alcune pareti, le riparazioni all’impiantistica. Di poco rilievo quelli per il piano terra (il più importante per la fruizione pubblica), concernenti anche qui l’impianto elettrico affinché risultasse in linea con le norme antincendio, per cui occorrevano circa 10mila euro. E poiché, pare che per i colloqui (“interviste”) tenuti dalla Commissione territoriale prefettizia con rifugiati e richiedenti asilo, preliminari alla concessione di una misura di protezione internazionale, vengano usate solo le tre stanze al piano terra, lecito supporre che la Prefettura non si sia sobbarcata il cantiere più costoso per il piano semi-undeground. Resta da sottolineare, comunque, lo scontento in città per la perdita – pur a tempo determinato, ma dopo una chiusura che andava avanti dal 2017 – di un contenitore così prestigioso e strategico, in pieno centro storico, per la vita culturale (e si sa quali sono le carenze di spazi per tali usi ad Ancona) notissimo e molto frequentato per gli eventi ospitati in passato (conferenze, presentazioni di libri, soprattutto esposizioni), tutti di altissima caratura, come, tanto per fare un esempio, la rassegna “Leggere il ‘900”. L’ultima mostra era stata quella dell’artista anconetana di Silvia Fiorentino, dopo che già nei mesi precedenti l’Arco Amoroso era stato aperto solo in occasioni limitate, esclusivamente per eventi organizzati dal Comune. Poi porte chiuse. E le proteste, tra cui quelle sollevate del Circolo culturale Carlo Antognini di Ancona. Per chiudere con una nota positiva, le parole di Marasca: “Circa un mese fa, ho parlato con la referente della Prefettura per verificare quanto tempo ancora servisse loro, e mi ha detto di aver ottenuto dal Ministero la possibilità di cercare locali in affitto e che prevede di restituirci l’Arco amoroso nel periodo autunnale, verso settembre prossimo”. Insomma, la parola d’ordine continua ad essere “pazienza”. Ma anche “speranza”. Riuscirà davvero la Prefettura a trovare dopo l’estate un locale alternativo per le, per carità, fondamentali e importanti “interviste” a rifugiati e richiedenti asilo?

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