di Maria Paola Cancellieri
(foto servizio Giusy Marinelli)
Si candida a diventare un ospedale che servirà Ancona oltre che Osimo e la Valmusone, il nuovo Inrca-Osimo? La cittadella bianca di Torrette resterà ospedale di secondo livello e quindi destinato solo all’alta specializzazione? E che spazio si ritaglierà l’ospedale Carlo Urbani di Jesi in futuro all’interno dell’area vasta 2? La questione sanitaria osimana va analizzata da un punto di vista più alto che non può preludere dal riallineamento della rete ospedaliera marchigiana e della provincia di Ancona agli standard assistenziali introdotti dal decreto del ministero della salute numero 70 del 2015. La normativa si è arricchita di prescrizioni imperative che ancorano la sussistenza di ospedali e reparti anche al numero di popolazione servita.
La provincia di Ancona, entro il cui perimetro opera l’Ausr area vasta 2, vanta in tutto 420.000 abitanti e deve fare i conti con il numero di ospedali, posti letto e specialità. Il decreto delinea infatti bacini di utenza, minimi e massimi, per ogni disciplina medica; volumi ed esiti di ricovero; standard di qualità, organizzativi tecnologici e strutturali. Ridefinisce le reti ospedaliere e dell’emergenza-urgenza e qualifica i percorsi di continuità assistenziali ospedale-territorio. In questo quadro si inserisce il processo di fusione dell’Inrca di Ancona con l’ospedale di Osimo. Nel dettaglio, la nuova normativa prevede 3 tipi di stabilimenti ospedalieri: l’ospedale di base con 72-80 posti letto, l’ospedale di primo livello con 220-240 posti letto, un Dipartimento di Emergenza e Accettazione di I livello (Dea) e un bacino di utenza 150.000-300.000 abitanti (come sono oggi i 4 presidi unificati di Jesi, Senigallia,Osimo e Fabriano), e l’ospedale di secondo livello con più di 450 posti letto e un Dea di II livello (l’azienda Ospedali Riuniti di Ancona). L’attivazione di un reparto di cardiochirurgia, ad esempio, presuppone un bacino minimo di utenza di 600mila abitanti. Il sistema, insomma, deve essere riordinato, come spiega nella video intervista il direttore generale dell’Asur Marche, Alessandro Marini.
IL DIRETTORE SANITARIO DELL’ASUR, NADIA STORTI: “LA SPERIMENTAZIONE INRCA-OSIMO STA GIA’ DANDO BUONI RISULTATI” – Sarebbero già più che positivi i risultati della sperimentazione sui servizi integrati Inrca-Osimo, partita a maggio 2016. Ne ha fornito un riscontro, numeri alla mano, Nadia Storti, il direttore sanitario Asur Marche, ieri ospite nell’aula consiliare di Osimo (leggi l’articolo). “Siamo a meno di un anno dalla sperimentazione e il 24 agosto c’è stato l’intervento sismico che ha un po’ rallentato il percorso perché anche l’ospedale di Osimo ha messo a disposizione posti letto per i pazienti che arrivavano degli ospedali di Ascoli, San Benedetto e dal Maceratese- ha evidenziato al dottoressa Storti – In Chirurgia, nel corso del 2016 abbiamo ricoverato e operato 1820 casi, mentre nel 2015 erano stato 1300. L’integrazione ha portato quindi a un incremento di circa 500 unità all’ospedale di Osimo. Il personale dell’Inrca, competente nella disciplina vascolare, che ad Osimo mancava, ora permette di operare qui i pazienti affetti da questa patologia. Abbiamo integrato anche l’Urologia e la Gastroenterologia e per quanto riguarda la Medicina abbiamo avuto una riduzione dei ricoveri: 1250 nel 2016 a fronte dei 1500 dell’anno precedente. Il dato è collegato anche al fatto che sono stati rimodulati dei posti letto per questo percorso di integrazione”.
Buoni, secondo questa disamina, anche i numeri della Gastroenterologia (che fa prevalentemente attività ambulatoriale a Osimo) “con i ricoveri che sono rimasti gli stessi, 30 l’anno – ha aggiunto il direttore sanitario Asur- mentre in Pneumologia siamo passati dai 680 del 2015 ai 420 ricoveri del 2016. Sono stati inoltre attivati ambulatori a Osimo per il Piede Diabetico, la Cardiologia e di molte altre discipline presenti all’interno dell’Inrca”. Secondo Nadia Storti il decreto 70/2015 segnerebbe il destino del Ss. Benvenuto e Rocco, mentre la fusione con l’Inrca aprirebbe un spiraglio di salvezza. “Il decreto avrebbe imposto di trasformare l’ospedale di Osimo in semplice ospedale di base che per legge deve avere un Pronto soccorso, la Medicina, la Chirurgia e l’Ortopedia – ha chiarito- Gli ospedali di primo livello comprendono invece tutte le discipline previste oggi dall’Inrca. La fusione tra i due presidi, dal punto di vista funzionale organizzativo e strutturale, permette pertanto di mantenere all’interno del presidio di Ancona, di Osimo e di tutta la Valmusone queste specialità che oggi sono in piedi invece distribuite nelle 4 strutture ospedaliere dell’area vasta 2”. In realtà non è stato ancora deciso come si chiamerà il nuovo Inrca e se sarà un’azienda ospedaliera o un ospedale di primo livello.
Nel corso del suo intervento, ieri sera a Osimo la Storti ha inoltre evidenziato che i ritardi nella piena messa in funzione del percorso di integrazione tra i due stabilimenti sono collegati anche “ai concorsi che vanno deserti. I medici di certe specialità – ha detto – sono presenti in un numero non adeguato nella nostra regione, ad esempio i pediatri che è poi uno dei motivi che ha portato a rimodulare i requisiti per la sopravvivenza dei punti nascita. E a livello nazionale sono fonte di una scarsa programmazione con la riduzione delle scuole di specializzazione”. L’ultima preoccupazione è stata riservata alla comunicazione e alle “troppe le fonti di allarmismo. Se facciamo passare l’idea che l’ospedale di Osimo non è più sicuro, diamo incertezza e insicurezza ai lavoratori ma anche e soprattutto ai nostri cittadini. I problemi li accentuiamo – ha rimarcato il direttore sanitario Asur – E’ vero c’è ancora da fare chiarezza sul percorso di integrazione e quale saranno gli sviluppi futuri, ma non va creato spavento agli operatori e agli utenti perché se diciamo che Osimo non garantisce sicurezza poi gli utenti si rivolgeranno a un altro ospedale”.
I SINDACATI (CGIL E CISL): “ANCORA TROPPI NODI DA SCIOGLIERE” – “Soddisfatti? Non troppo” è il commento dei sindacalisti di Cgil e Cisl, ieri pomeriggio presenti nell’aula consiliare di Osimo per seguire la seduta a tema sanità. “Il confronto con i sindacati avrebbe dovuto essere espletato prima, non quando ormai il processo di integrazione con l’Inrca è in itinere. E così sarebbe dovuta avvenire l’informativa per la cittadinanza – fa osservare Milena Montesi (Cgil) con Alessandro Mancinelli (Cisl) – Ci sono ancora molti nodi irrisolti che gli interventi di ieri in consiglio comunale non hanno certo contribuito a sciogliere. Speriamo di poterlo fare al tavolo tecnico convocato per il 13 marzo. Da ieri sappiamo che il nuovo Inrca non sarà più soltanto un ospedale a vocazione geriatrica ma includerà tutte le specialità che sono oggi esistenti oltre a quelle del presidio ospedaliero di Osimo. Ci chiediamo però se, ad esempio, il reparto di Medicina avrà carattere geriatrico o se invece sarà aperto a tutti i pazienti? Abbiamo inoltre capito che dopo il decreto 70 del 2015 se il Ss. Benvenuto e Rocco si fonderà con l’Inrca potrà aspirare a diventare un ospedale di primo livello con tutti reparti specialisti, mentre se resterà nell’Area vasta 2 rischia di trasformarsi in un ospedale di base. In questa fase di transizione, però, è fondamentale garantire i professionisti ed evitare che il personale di Osimo, venga fagocitato dall’Inrca di Ancona prima del tempo”.
Cgil e Cisl sono consapevoli, insomma, che si sono aperti nuovi scenari normativi a livello nazionale “e proprio per questo motivo sono indispensabili i confronti sui tavoli tecnici perché numerosi nodi, ripeto, non sono stati ancora sciolti – aggiunge Milena Montesi –Ci riserviamo anche di svolgere le verifiche sui numeri dati in consiglio comunale che segnalerebbero un aumento delle prestazioni chirurgiche all’ospedale di Osimo dopo l’avvio della sperimentazione con l’Inrca della Montagnola. A noi non risultano queste cifre statistiche. Sono state infine superflue le rassicurazioni ricevute sul contratto di lavoro. Avevamo già informato il personale che i contratti dell’Inrca sono identici a quelli degli ospedali pubblici”.
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