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Sauro Longhi al posto di Ceriscioli?
L’ipotesi per un accordo giallorosso

MARCHE 2020 - L'intesa a livello nazionale tra Pd e M5S ha aperto nuovi scenari anche da noi per le regionali. A dare le carte e fissare alcune inderogabili condizioni, pare siano proprio pentastellati con l’appoggio di Articolo Uno. Il dato di partenza è la bocciatura dell’attuale governatore, che potrebbe essere proposto per il ruolo di presidente dell'assemblea. Al suo posto spunta il nome dell'ex rettore della Politecnica. Ma i dem sono spaccati e sotto scacco

 

 

di Fabrizio Cambriani

Spesso le apparenze ingannano. Dietro l’evidente quiete settembrina, si nasconde in realtà, un vivace dinamismo politico in vista delle prossime elezioni regionali. In particolare, sul versante del centrosinistra. L’accordo per il governo nazionale, che ha prodotto una maggioranza fondata sui nuovi pilastri portanti del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle, ha generato nei territori, nuovi e importanti sviluppi. A oggi, nelle Marche e secondo le notizie in nostro possesso, si sta già lavorando in questa direzione. Tanto che – come confermano fonti direttamente interessate – c’è già stato un primo tavolo di interlocuzione nel quale sono stati fissati alcuni paletti sui quali ragionare da qui in avanti. A dare le carte e fissare alcune inderogabili condizioni, pare sia il Movimento 5 Stelle con l’appoggio di Articolo Uno. Il dato di partenza è la bocciatura dell’attuale governo regionale guidato dal pesarese Luca Ceriscioli. Pesa negativamente il suo doppio incarico di presidente e assessore alla sanità che, nel corso dell’intera legislatura, non ha prodotto i risultati che molti si aspettavano. Anche sulle lungaggini delle liste di attesa, nel quinquennio, non si è fatto abbastanza. È vero che ultimamente qualcosa si è mosso, ma solo ricorrendo al soccorso dei privati, con un ulteriore dispendio di risorse che avrebbero dovuto essere meglio valorizzate nel servizio pubblico. Poi c’è la gestione del post terremoto che ha visto il governo regionale più come intimorito soggetto passivo che non principale protagonista, come le circostanze avrebbero richiesto. Quindi il comportamento dell’intera giunta che ha tenuto un rapporto sempre scollegato con la sua maggioranza e l’intera assemblea legislativa. E che talvolta si è trasformato in veri e propri conflitti istituzionali. Il bilancio di cinque anni è insomma negativo.

Giovanni Gostoli e Luca Ceriscioli

Da qui la richiesta di una irrinunciabile ed energica discontinuità da parte del M5S. Peraltro, dalle parti del Partito Democratico – che oggi assume le sembianze di un pugile suonato – si respira aria di confusione e smarrimento. Ciascuno va per la sua strada perseguendo più personali interessi, invece che un disegno politico di ampio respiro. Il giovane segretario regionale Giovanni Gostoli, con il suo gruppo dirigente, non ha il carisma e l’autorevolezza necessaria per guidare un passaggio così complesso. Rappresenta solo interessi di gruppi, ormai alla deriva, che pensano e premono solo per una loro futura ricollocazione. Da dipendente della federazione pesarese, è tutto concentrato a portare a casa il migliore risultato per la sua provincia, mentre il partito gli sta sfuggendo completamente di mano. Fosse per lui la riconferma di Ceriscioli sarebbe cosa già fatta, ma gli anconetani stanno convergendo verso una figura gradita anche al M5S: il professor Sauro Longhi, ex rettore della Politecnica delle Marche. Un’altra fazione del partito propone le primarie, con il loro candidato – un altro ex rettore, quello dell’Università di Camerino – Flavio Corradini. Pare che la tattica attendista di Gostoli abbia fatto irritare – e non poco – parecchi anconetani. Che per bocca del presidente dell’assemblea legislativa Antonio Mastrovincenzo, hanno pubblicamente invocato da «subito un dialogo con il Movimento 5 Stelle per arrivare a un accordo pre-elettorale».

L’ex rettore della Politecnica Sauro Longhi

Il problema vero, negli assetti futuri, sarebbe la collocazione dello stesso Ceriscioli. Qualcuno si è lasciato sfuggire pure l’eventualità di assegnargli la carica di presidente della prossima assemblea legislativa: una soluzione ragionevole e onorevole. Ma è pur vero che siamo in una fase del tutto embrionale e ipotecare o rivendicare, sin da oggi, ruoli e posizioni sarebbe del tutto velleitario. Il punto vero è che il Partito Democratico, dominus incontrastato per un ventennio, è oggi sotto scacco. Lacerato nei sui gangli vitali e ben consapevole di non essere numericamente autosufficiente, non ha più la forza e la capacità di riproporre le consolidate triangolazioni tra Pesaro, Macerata e Ascoli, che lo hanno tenuto a galla per quattro lunghi lustri. Se solo volesse rimanere in vita e aspettare che passi la nottata buia, dovrebbe assoggettarsi alla volontà dei grillini. Diversamente rischierebbe una sonora sconfitta per mano di una destra populista. Che però, date le circostanze, nessuno vorrebbe mai intestarsi. Minimo sforzo e massimo (eventuale) rendimento soffiano dalle parti del M5S. Il suo leader regionale, Gianni Maggi, ha saputo cogliere il momento giusto per tendere distrattamente la mano al Pd. Ha quindi fissato alcuni punti fondamentali e adesso si mette alla finestra con le braccia incrociate ad aspettare. Intanto di capire meglio chi sia l’interlocutore ufficiale legittimato a rappresentare le diverse anime del Pd una volta che queste si siano chiarite al loro interno. Un passaggio questo che, inevitabilmente, metterà ancora di più in torsione il partito di Zingaretti. Poi di affrontare e condizionare, sul serio e nei dettagli, il programma di governo e l’organigramma dell’undicesima legislatura. Il momento è particolarmente delicato e, nel Pd, manca del tutto una classe dirigente capace di affrontare con razionalità e lucidità questo passaggio. Emerge, al contrario e da parte di molti, la tentazione di buttare tutto in vacca se le cose non dovessero andare come previsto dai loro personalissimi disegni. A meno di sei mesi dalle regionali il dato da registrare è l’assoluta incapacità politica di assumere un’iniziativa politica forte da parte del Partito Democratico. E, per contro, una solida, abile strategia da parte del Movimento 5 Stelle. Roba che solo un anno fa sarebbe stata pura fantascienza.

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