di Martina Marinangeli
Tre lunghe ore di infuocato dibattito, toni alti ed accuse incrociate che partono dai due lati del ‘ring’, ma alla fine la commissione d’indagine consiliare sull’inchiesta Ghost Jobs è stata bocciata dall’aula di palazzo del Popolo. La maggioranza, unita e compatta, fa quadrato intorno alla giunta e respinge con forza la mozione, forte di 17 voti contro i 12 delle minoranze. «Potete immaginare la terzietà, serenità, oggettività e non faziosità con cui una commissione presieduta da consiglieri come Berardinelli o Tombolini (capigruppo rispettivamente di Forza Italia e 60100, ndr) si occuperebbe di episodi in parallelo oggetto di indagine della magistratura peraltro», afferma la sindaca Valeria Mancinelli dall’alto del suo scranno, interrotta a più riprese dalle contestazioni piccate che arrivano dai banchi delle opposizioni. «Questo è il vostro errore mortale – commenta Marco Ausili, capogruppo della Lega che, a nome di tutto lo schieramento, aggiunge in una nota -: in un colpo solo si deludono le attese di migliaia di anconetani che aspettavano chiarimenti e trasparenza, e si toglie uno dei fondamentali diritti garantiti alle minoranze dalla normativa nazionale e dallo statuto comunale, facendo capire che la democrazia qui non esiste. Davanti a questa violenza vergognosa noi chiediamo al principale responsabile dello stop alla Commissione, cioè il sindaco Mancinelli, di dimettersi immediatamente non essendo più rappresentativa di tanta parte della cittadinanza. Chiediamo inoltre alla cittadinanza, al di là del proprio colore politico, di prepararsi a manifestare il proprio dissenso». La prima cittadina aveva già a più riprese sostenuto la sua posizione contraria alla mozione, definendo la commissione una «sciocchezza» e ieri, durante i lavori del Consiglio comunale terminati alle 21 proprio per dare spazio al dibattito fiume, ha ribadito ed ampliato il concetto: «non può essere una commissione d’indagine a sindacare la rilevanza penale di un illecito – ha affermato -. Una commissione che è il tentativo di strumentalizzare la vicenda da parte di chi perde sempre le elezioni per provare la teoria che gli anconetani sono abbindolati e comprati da chi governa. Ma non è così. C’è stato un fatto grave da cui trarre i giusti segnali per rafforzare il piano anti corruzione. Il nostro impegno deve essere quello di potenziare gli strumenti di prevenzione, chiedendo come anche ad altri Comuni, e realizzare le opere che la città ci chiede».
«La verità è che c’hai paura», rispedisce le argomentazioni al mittente Stefano Tombolini: «avete costruito una macchina per l’elusione dei controlli e non volete eliminare le storture. «Ti devi vergognare, hai quattro assessori indagati – ha aggiunto Berardinelli -. Affiggeremo manifesti 6×3 in giro per la città con i nomi di chi ha votato contro la commissione d’indagine». «Mettete pure i nomi ma il nostro interesse – ha ribattuto Freddara, Pd – è di capire come un piano anti corruzione possa essere implementarlo. E diamo tempo alla magistratura di valutare atti e decidere su eventuali responsabilità». Fiordelmondo (Pd), presidente della Commissione Lavori pubblici, ha avanzato la proposta di esaminare gli atti comunali riguardanti le opere pubbliche in quella sede, anziché in una commissione d’indagine. «Dovrebbe essere vostra intenzione fare chiarezza» puntualizza Eliantonio (Fdi), mentre Rubini (Aic), nel chiedere di dar seguito alla proposta di Fiordelmondo, aggiunge però che non comprende «la vostra contrarietà se non nel voler fare quadrato attorno alla giunta, aspettando che il terremoto passi per uscire il più possibile politicamente indenni». «Questa maggioranza non vuol sapere le cose e la giunta è allergica al controllo – ha tuonato Diomedi, capogruppo M5S – Abbiamo già segnalato alla procura venti atti perché c’è un problema di controllo e una robusta sciatteria. Ma la macchina è scassata e per ogni caffè pagato c’è il disagio del cittadino».
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