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Regionali, una partita a scacchi

IL PUNTO - FdI ha mosso la pedina Acquaroli, ma gli alleati (Lega in testa) l'hanno bloccata. Un boomerang l'attacco di Forza Italia sui fondi Ue. Accordo Pd-M5S dietro l'angolo, non c'è più tempo per tattiche e attendismi

 

 

di Fabrizio Cambriani

Come da copione, durante il periodo natalizio, la politica regionale non ci ha regalato nessun sobbalzo significativo. Oddio, qualche mortaretto è stato sparato, ma si è trattato di tutta roba di piccolo calibro. È vero che, a destra, Fratelli d’Italia ha lanciato la candidatura di Acquaroli, ma è anche vero che, col passare del tempo, prima gli alleati, poi Salvini in persona, l’hanno bloccata rimandando a tempi migliori il discorso sulla scelta del candidato governatore. D’altra parte, il partito della Meloni ha trascorso due giorni di fuoco: sono finiti agli arresti un ex parlamentare – salutato dalla stessa leader, al momento della sua adesione, come valore aggiunto – e un assessore regionale in carica in Piemonte. Occorreva un diversivo mediatico e così il 20 dicembre la stessa Meloni candidava Fitto in Puglia e Acquaroli nelle Marche. In verità, il vero piatto ghiotto che fa gola ai vertici di Fratelli d’Italia è la Puglia.

Francesco Acquaroli con Giorgia Meloni

Degna di nota, invece, la sostituzione improvvisa e traumatica del coordinatore regionale di Forza Italia. Antonio Tajani ha liquidato malamente Marcello Fiori, colpevole di aver aderito al gruppo costituito da Mara Carfagna, Voce Libera. Si tratta di un’associazione a cui si sono iscritti diversi parlamentari forzisti che si riconoscono nell’ala moderata e anti-sovranista del partito. E che – stando ad affidabili fonti in parlamento – sarebbero pronti a lanciare una scialuppa di salvataggio al governo Conte, qualora ve ne fosse la necessità. Il nuovo coordinatore regionale è Francesco Battistoni, fedelissimo di Tajani, noto alle cronache per le vicende che portarono alle dimissioni della giunta Polverini nel 2012, in Lazio a causa delle spese pazze. Protagonista indiscusso dell’indimenticabile vicenda, Franco Fiorito, detto Er Batman. Battistoni, in quella occasione, denunciò le spese allegre del suo collega di partito, Fiorito. Seguirono controaccuse e, tra i due, volarono querele.

Francesco Battistoni

La Cassazione condannò Er Batman a due anni e undici mesi per appropriazione indebita di fondi pubblici destinati alla politica. La curiosità, in questo parallelo di vicende, è come l’allora presidente dimissionaria, Renata Polverini, abbia oggi aderito a Voce Libera. L’esordio di Battistoni non è stato dei migliori. Dopo aver saggiato il terreno con qualche dichiarazione sul terremoto, si è lanciato contro la giunta regionale con una gaffe mozzafiato. Ha dichiarato – pretendendo, qui e subito, le dimissioni di Ceriscioli – che la regione Marche non è capace di spendere i fondi Fesr. E che anzi, ne è ultima in classifica. Se avesse analizzato attentamente i dati avrebbe scoperto che invece dei previsti 75 milioni ne ha utilizzati ben 120, cioè il 60 per cento in più. Una cifra importantissima il cui pregio, per dovere di cronaca, va ascritto, proprio tutto a questa giunta regionale. Se invece di strafare, Battistoni si fosse limitato a segnalare e stigmatizzare un post su Facebook, nel quale il Movimento 5 Stelle rivendicava a sé i meriti dei risparmi della Camera dei deputati per la ricostruzione post sisma, avrebbe reso giustizia al suo collega di partito Simone Baldelli che ormai – lo sanno anche i muri, anche perché nell’ultimo dibattito alla Camera se ne è diffusamente parlato – ne è stato il vero artefice. Magari averne di avversari politici come Battistoni… Resterà agli atti come l’unico coordinatore regionale locale di Forza Italia sia stato Remigio Ceroni. Può piacere o no, ma le cronache raccontano che dopo di lui si registreranno solo spalatori di macerie o, al massimo, raccoglitori di cocci.

Qualche sobbalzo nel centrosinistra i sismografi politici lo hanno registrato. Tutti sussulti apparentemente trascurabili, ma che potrebbero preludere al grande scossone. Il nodo resta sempre l’alleanza con il Movimento 5 Stelle. Durante la pausa natalizia c’è stato un florilegio di dichiarazioni. Ma anche un sotterraneo e discreto movimento di sherpa in direzione di via del Nazareno. Al netto di semplificazioni o di amplificazioni giornalistiche, lo schema è ormai chiaro, definito e semplice.

Il presidente della regione Luca Ceriscioli

Nel caso di accordo del centrosinistra con i pentastellati si azzera tutto e si parte lasciandosi alle spalle ogni precedente esperienza di governo. Quindi, tutte le forze politiche devono stare dietro le quinte e lasciare spazio a figure significative estranee al mondo dei partiti. Il profilo individuato per ora risponde a quello di Sauro Longhi, ex rettore della Politecnica. È uno schema che non prevede variabili, anche perché sarebbe l’unica via stretta che la renderebbe accettabile a quella frangia del M5S che ne è ostile. Non sono previste subordinate, né tantomeno furbate tipo l’eventuale candidatura di sindaci, su cui qualcuno vorrebbe invece puntare (freme Valeria Mancinelli, sullo sfondo c’è Matteo Ricci). È l’unica maniera per mettere – davanti a questo ambizioso e nuovo progetto – Ceriscioli nelle condizioni di dover fare un passo indietro e lasciare libero ogni ingombro per questa eventualità. Non c’è più spazio, né tempo per tattiche e attendismi. I sondaggi parlano chiaro e i numeri sono netti: senza accordo vince nettamente la destra, a seguire e distaccato il centrosinistra, infine il M5S che da potenziale protagonista si ritroverà a fare mera testimonianza in Consiglio regionale. Fin qui la distaccata e laica logica politica. Adesso però sta davvero per arrivare il momento in cui le classi dirigenti dei vari partiti e movimenti devono saper dimostrare tutte le loro capacità e abilità di manovra. Hic Rhodus, hic salta direbbe Esopo. Noi stiamo a guardare.

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