di Martina Marinangeli (foto Giusy Marinelli)
Mentre in Consiglio si discute il Piano socio sanitario, sindaci e comitati da 25 Comuni marchigiani si sono ritrovati brandendo striscioni e megafoni contestando, tra le altre cose, «l’abbandono delle aree interne». Bagarre tra i manifestanti per alcuni interventi definiti «politicizzati».
Sono arrivati in oltre 200 da tutte le Marche ad Ancona per contestare le scelte della Regione in tema di sanità, mentre in Consiglio si discute il Piano socio sanitario, con il dibattito tutt’ora in corso. Questa mattina sindaci e comitati da 25 Comuni si sono ritrovati nel piazzale di fronte a palazzo Leopardi – ed alcuni di loro sono entrati in Aula per seguire i lavori – brandendo striscioni e megafoni per mettere nel mirino l’assist al privato, la riconversione dei piccoli ospedali, la chiusura dei punti nascita e «l’abbandono delle aree interne», secondo loro le ‘colpe capitali’ della giunta Ceriscioli. E, protesta nella protesta, alcuni di coloro che hanno preso la parola sono stati contestati dagli altri manifestanti perché «politicizzati e qui solo per fare propaganda».
Al netto delle divergenze di vedute tra chi ne fa una battaglia politica e chi, vivendo sulla propria pelle la riforma sanitaria, non vuole strumentalizzazioni, i punti chiave della protesta fanno da trait d’union dal Pesarese al Maceratese, passando per l’Anconetano e il Fermano. E la linea che unisce le varie voci della protesta è quella adottata dalla Regione, come sottolineato da Carlo Ruggeri, presidente del Comitato Pro Ospedali Pubblici delle Marche, soprattutto per quanto riguarda la scelta di puntare sugli ospedali unici a discapito dei presidi locali. Ruggeri cita 13 piccoli ospedali chiusi e riconvertiti (senza pronto soccorso o altri servizi) nel 2015: Recanati, Tolentino, Cingoli, Matelica, Treia, Loreto, Sassoferrato, Chiaravalle, Cagli, Sassocorvaro, Fossombrone, Sant’Elpidio a Mare, Montegiorgio. Dal canto suo il sindaco di Fabriano Gabriele Santarelli, ha fatto sapere che «l’avvocatura sta preparando il ricorso al Consiglio di Stato (contro la chiusura del punto nascita al Profili, ndr). L’ospedale – ha aggiunto – paga lo scotto della mancanza di organizzazione e programmazione generale della Regione, soprattutto la carenza di personale, con quello rimasto costretto a fare turni massacranti, andando forse al di là di quello che le normative prevedono. I servizi sono di qualità, abbiamo professionisti di alto livello che stanno tenendo alti i numeri, ma a questi numeri non corrisponde poi il personale necessario, sia a livello infermieristico che medico. Ci si sta concentrando sulle prestazioni destinate all’età avanzata, a scapito di quelle come pediatria, che per noi è fondamentale: nell’entroterra non è rimasto nessun reparto pediatrico e questo va contro le politiche territoriali con cui cerchiamo di far restare ed attirare giovani». Integrano le parole del primo cittadino, i rappresentanti del comitato fabrianese Vinicio Arteconi e Katia Silvestrini: «Abbiamo metà ospedale terremotato e non sono mai partiti i lavori, per le nuove sale operatorie promesse non si sa nemmeno dove siano finiti i soldi, mancano 40 infermieri e questo piano ci ha penalizzato ancora di più perché, rispetto agli altri ospedali di Senigallia e Jesi abbiamo meno primari e meno unità operative semplici. Questo significa che la montagna viene di nuovo penalizzata».
Cambia la provincia, ma il malcontento è lo stesso ed il sindaco si Fossombrone Gabriele Bonci si fa portavoce della richiesta di «rinvio della discussione del Piano socio sanitario. Ritengo strana questa premura di approvarlo ora, a pochi mesi dalle elezioni, un piano già scaduto da anni, quindi non vedo tutta questa urgenza. Contrari a questo Piano che ha smantellato le realtà più piccole, senza garanzie, tutto orientato ai nuovi ospedali unici provinciali che depaupereranno ulteriormente i territori. Per oltre, la scelta del sito di Muraglia per l’ospedale unico è una follia, una zona con problemi anche geologici. È una riforma che non funziona – conclude – nella nostra provincia abbiamo visto la chiusura, di fatto, degli ospedali di Cagli, Sassocorvaro e Fossombrone, con gravi disagi per i cittadini».
Entroterra montano e Piano sanitario, la protesta di Comitati e cittadini
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