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Bertolaso, da uomo della provvidenza
a uomo per la presidenza?

IL COMMENTO - L'iperattivismo e il dichiarato l'amore per le Marche due segnali da non trascurare per una possibile candidatura a Governatore. L'emergenza coronavirus ha fatto saltare tutti gli schemi per le prossime elezioni regionali. E anche nel centrodestra si potrebbero rimescolare le carte

 

di Fabrizio Cambriani

Ne sutor ultra crepidam, ovvero: il calzolaio non giudichi oltre la scarpa. Narra la leggenda come il famoso pittore greco, Apelle, nel momento in cui si accingeva a dipingere una calzatura, chiedesse un parere a un noto calzolaio del posto. Il calzolaio accettò, ma prodigo di suggerimenti, lo invitò a dipingere meglio, non solo i sandali, ma anche il resto del quadro. Apelle, senza perdere la calma lo apostrofò con quella che è ormai rimasta una massima famosa, quando si vuole, icasticamente, richiamare qualcuno a non invadere il campo di competenza altrui. Guido Bertolaso è stato chiamato dal presidente Ceriscioli in persona, ad allestire qui nelle Marche, un reparto di terapia intensiva di circa novanta posti per far fronte all’emergenza coronavirus. La storia è nota e parimenti note sono le polemiche che da essa sono originate. Non è mia intenzione riprenderle se non per un unico concetto che, personalmente, ci tengo a sottolineare. E cioè, che la vita umana non ha prezzo. E, per quanto mi riguarda, quantificarla in soldoni non ha alcun senso e non è nemmeno un buon esercizio come, qualche tempo fa, ha tentato di fare – peraltro con scarso successo – il settimanale inglese Economist.

Guido Bertolaso a Civitanova

Il punto che invece voglio evidenziare è l’atteggiamento dell’ex responsabile nazionale della Protezione civile. Che non si limita, come il suo mandato dovrebbe, a concentrare tutte le sue energie alla realizzazione del nuovo punto di ricovero, ma sta allargando il suo sguardo su di un più vasto orizzonte. L’altro giorno, per esempio, si è molto soffermato sulle misure che, secondo lui, sarebbero da prendere per prevenire ogni forma di contagio. In particolare, nella struttura dell’Hotel House di Porto Recanati. Misure che, in punto di diritto, spetterebbero alla Regione Marche e non a chi è chiamato a occuparsi di logistica. Cioè, predisporre pavimenti, stanze, impiantistica e attrezzature varie. Come il calzolaio di Apelle, Bertolaso – forte del suo esuberante personaggio – va oltre la scarpa e suggerisce cosa e come dipingere. Il tutto nel più assordante silenzio di Ceriscioli. Che risulta, ancora agli atti, presidente della giunta regionale e assessore alla sanità. In politica, il processo alle intenzioni è un punto di partenza necessario e l’iperattivismo di Bertolaso potrebbe pure far pensare che dietro alla sua dinamicità verbale e motoria ci sia dell’altro. Per esempio, l’intenzione di giocare la carta di una sua candidatura a governatore nel prossimo autunno. L’emergenza coronavirus, si sa, ha fatto saltare tutti gli schemi fin qui conosciuti. Così come sono stati rimessi in discussione dati e indicazioni realizzati dai sondaggi elettorali. Il buon Guido nazionale, forte di una sua chiamata nelle Marche, potrebbe credibilmente pensare di giocare una partita tutta sua nel campo del centrodestra. Anche perché il suo candidato in pectore – Francesco Acquaroli – sembra sparito dai radar. In un post su Facebook del 19 marzo, quindi nel momento massimo di crisi, così scriveva: “è giusto affidarsi alle istituzioni e alla scienza ma credo che la risposta più forte si trovi nell’affidarsi a chi, da lassù, può quello che per tutti noi è impossibile”. Seguiva l’emoticon delle mani giunte. Roba più da candidato alla presidenza della conferenza episcopale che non a quella di giunta regionale.

Il biglietto da visita di Bertolaso è stata una dichiarazione di amore smisurato per le Marche. Facendosi forte de suoi legami con questo territorio (quanti, in fondo non sono di origine marchigiana?) ha esordito con un “questa è la mia terra” rimodulando un po’ “l’Italia è il Paese che amo” di Berlusconi nel ’94. Poi l’annuncio di un pellegrinaggio laico all’immancabile hotel House, teatro di un multiculturale e diffuso disagio. Ma anche irrinunciabile meta per un serio lancio politico. Un passaggio dovuto tanto quello al Santuario di Loreto per affidarsi, verosimilmente e molto più urbanamente, al cuore immacolato di Maria. Che ultimamente va per la maggiore. Il tutto con una presenza verbale e scenica adrenalinica e ridondante. Lui – sempre in morbido cachemire – in primissimo piano, con la mascherina rigorosamente – e a differenza dagli altri comuni mortali – abbassata sul naso. Ceriscioli e gli uomini della sua giunta, smunti, lo sguardo smarrito e in grisaglia, sullo sfondo a fare da semplici pastori di questo bel presepe. Il pronome “io” e l’avverbio “personalmente” pronunciati, anzi scanditi più e più volte, a sottolineare che lui è l’indiscusso protagonista e gli altri semplici comparse pagate a giornata. Infine, la motivazione decisiva: lui è stato chiamato proprio da Ceriscioli a realizzare questo biblico sforzo che, evidentemente, nessuno in regione era capace di poter affrontare. Ora, è verissimo e io condivido – come ha osservato l’assessore Sciapichetti – che è importante che il gatto mangi il topo e non importa di che colore esso sia, ma è altrettanto vero che il gatto non può essere lasciato scorrazzare a piacere per ogni dove. Sennò, ci scappa pure che smetta di rincorrere i topi e – hai visto mai – si mangi lo stesso padrone…

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