di Federica Nardi
Gli anestesisti-rianimatori delle Marche non vogliono andare a lavorare nel Covid center di Bertolaso a Civitanova e quindi il carico organizzativo ricadrà tutto su quelli dell’Area vasta 3. Non a titolo volontario ma con “ordini di servizio” della direzione che, a due giorni dall’ennesima apertura annunciata della cosiddetta “astronave”, ancora non sono arrivati.
La conseguenza diretta per le altre Aree vaste sarà un rallentamento del ritorno alla normalità degli ospedali che ospitano i pazienti Covid, con tutto ciò che comporta per gli altri malati che da due mesi attendono un ritorno a pieno regime delle strutture.
Il progetto doveva essere regionale (tanto che la prima location studiata si trovava ad Ancona) ma con il rifiuto dei professionisti la mega struttura realizzata con 12 milioni di euro di donazioni private diventerà quindi un fatto di provincia. Ma anche nel Maceratese la sorte degli ospedali di Civitanova e Camerino (convertiti in Covid nei primi giorni dell’emergenza e quindi praticamente bloccati su tutto il fronte dell’attività ordinaria) non è molto diversa. A Civitanova, dove è attivo solo il Pronto soccorso, non si sa nemmeno quando riaprirà la Rianimazione. Da qui a una decisione potrebbero passare altre due settimane e comunque dipenderà dall’avvio del reparto in Fiera.
Insomma, il Covid center di Civitanova deve partire a tutti i costi o del ritorno alla “normalità” per gli altri ospedali non se ne fa niente. Sempre all’ospedale di Civitanova inoltre il primario facente funzione del Pronto soccorso, Domenico Sicolo, prima si è dimesso “per motivi personali”, poi dopo un colloquio con il direttore di Av3 Alessandro Maccioni ci ha ripensato, ritirando oggi la decisione in attesa del concorso da primario che ci sarà il 26 giugno.
Il personale è preoccupato e arrabbiato dalla situazione che ricade sugli operatori già stremati dall’emergenza degli ultimi mesi. Stamattina c’è stata una riunione convocata stamattina con i rianimatori di Civitanova e Camerino per riportare quanto comunicato anche ai primari degli altri ospedali delle Marche. Qualcuno non ha gradito le decisioni della direzione e quindi si è rivolto ai sindacati (quello degli anestesisti da tempo solleva criticità sulla struttura e in ultimo anche sul trasferimento del personale), che però nei fatti non hanno alcuna possibilità di fermare queste decisioni ma solo di lanciare appelli, al momento, inascoltati.
I turni si prospettano difficili perché – anche prima dell’emergenza – a scarseggiare erano proprio gli anestesisti. Toglierne da un ospedale vuol dire rischiare di restare scoperti. Non sono bastate le lettere, gli appelli, i dubbi sollevati fin dall’inizio sul progetto della Fiera dagli stessi medici. Il Covid center nasceva con l’obiettivo di incrementare i posti di terapia intensiva in un momento in cui si rischiava di arrivare alla saturazione degli ospedali. Situazione ora ben diversa, tanto che degli 82 posti al momento se ne occuperebbe solo uno con un trasporto da Camerino di un paziente intubato.
Ma dopo le polemiche sulla struttura gemella di Milano, con i donatori inviperiti e Bertolaso che inizialmente si era anche “smarcato” dal progetto dicendo che è stato portato avanti mentre aveva contratto il Covid, la pressione politica per far partire l’astronave è alle stelle. E anche in caso di un ritorno di fiamma dell’epidemia, che non è purtroppo escluso, resterebbe il problema per gli ospedali “normali”: se si riempiono più di 80 posti letto in Fiera, chi coprirebbe i turni?
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