di Giuseppe Bommarito
Adesso, dopo la dimostrazione muscolare e involontariamente ridicola di qualche giorno fa consistita nella deportazione quasi a forza di tre pazienti, uno in terapia intensiva e due in semi-intensiva, da Camerino sino all’astronave di Civitanova, l’Asur e la Regione, pensando di aver salvato nell’immediato la faccia, cercheranno di metterci una toppa. Prima magari la toppa la metteranno – e sarebbe anche giusto – sulle crepe che, dal soffitto dell’ex fiera o dagli infissi, hanno fatto penetrare all’interno della struttura un po’ d’acqua nei giorni piovosi. Poi Ceriscioli & Company (Guido Bertolaso, Fabrizio Ciarapica, Angelo Sciapichetti e Francesco Micucci), gli artefici di siffatta meraviglia, integrati nell’occasione da un ringhioso Alessandro Maccioni in veste di testa d’ariete lanciata contro le resistenze dei medici e dei paramedici, cercheranno di archiviare e di far passare velocemente nel dimenticatoio quello che doveva essere il punto più alto, il fiore all’occhiello, della politica regionale anticovid, ma che, nella realtà si è trasformato in una delle più brutte e sconcertanti pagine della politica regionale. Un vero e proprio incubo, del quale si continuerà a parlare a lungo, nonostante gli altolocati tentativi di insabbiamento mediatico.
Impossibile infatti non parlarne ancora. E non tanto e non solo per lo spreco immane e assurdo di soldi che guasta e guasterà a lungo il sangue a qualsiasi persona dotata di un minimo di buon senso, considerato che alla fine l’esibizione del trofeo umano – i tre pazienti sopra menzionati, che peraltro dovrebbero rimanere soli, in quanto altri arrivi non sembrano previsti, e loro stessi non dovrebbero restare a lungo nella struttura, al massimo una decina di giorni – è costata carissima a tutti noi: ad oggi, tra spese strutturali e spese di gestione (tutti soldi pubblici, nonostante i magheggi regionali più volte disvelati) solo per il primo trimestre, stiamo a circa quindici milioni di euro, in media cinque milioni di euro a paziente, ognuno dei quali, in virtù di protocolli molto stringenti, è necessariamente seguito, come è noto, da un numero spropositato di medici e di infermieri.
E nemmeno per l’imbarazzante adesione al progetto Fiera Covid della Lega salviniana delle Marche, che, pressoché unica in un coro critico quasi unanime da parte di sindacati e forze politiche, senza spiegazioni e con un salto mortale degno di un acrobata, è passata da un giorno all’altro da una radicale critica ad un’entusiastica ammirazione per l’astronave bertolasiana (sostegno imbarazzante di sicuro per il governatore piddino, ma – sia detto per inciso – non per il sindaco Ciarapica, che punta apertamente ad essere portato proprio dai leghisti come prossimo candidato governatore del centrodestra).
Tutte queste considerazioni pesano, eccome, però in realtà la necessità di rimanere con le orecchie e gli occhi puntati su questa storiaccia, e di seguitare a parlarne, oggi si impone ancora di più a causa di un fatto nuovo, cioè una recentissima presa di posizione ministeriale che sconfessa e nei fatti ridicolizza completamente l’operato della Giunta Regionale e affossa ancora di più la famigerata astronave. Proprio in questi giorni, infatti, è uscita una importantissima ed istruttiva circolare ministeriale (n. 0011254 del 29 maggio 2020) di indirizzo alle regioni per la predisposizione dei piani di riorganizzazione post covid della rete ospedaliera, tra i quali anche quelli concernenti le terapie intensive e semi-intensive. Ebbene, a proposito di queste ultime, il Ministero, dopo aver lungamente argomentato, conclude in maniera testuale: “I posti letto di terapia intensiva devono comunque essere implementati in ospedali che dispongano di posti letto di terapia intensiva e attività chirurgica”. Ed altrettanto si dice per i posti letto destinati alle terapie semi-intensive.
Frasi che sono di una chiarezza esemplare, difficile da rinvenire nel solitamente astruso linguaggio della burocrazia, e che dovrebbero far fare un salto sulla sedia a tutti i vertici regionali e dell’Asur coinvolti nella vicenda di casa nostra: in buona sostanza, si tratta infatti della piena sconfessione ministeriale della strategia delle astronavi staccate dai contesti ospedalieri, sia di quella milanese che di quella civitanovese. E in questo ultimo caso l’errore di programmazione sanitaria risulta ancora più grave, perchè qui nelle Marche l’operazione è decollata, muovendo i primissimi passi, quando già a Milano, con valutazioni del mondo scientifico sempre più unanimi, si erano evidenziati tutti i limiti e le pecche di strutture sanitarie costruite come cattedrali nel deserto e c’era tutto il tempo per mettersi a tavolino con la classe medica e realizzare a minor costo qualcosa di veramente utile per la collettività sia nel territorio che nei reparti ospedalieri di rianimazione già esistenti, e non una struttura finalizzata solamente – almeno nelle intenzioni, visto che il risultato finale è stato ben diverso – a glorificare nei secoli dei secoli i grandi strateghi dell’astronave. Ovviamente i nostri eroi seguiteranno a far finta di niente, la faccia di bronzo certamente non difetta nei palazzi dove siedono i vertici della sanità regionale, e proseguiranno nella strategia di rimozione, di distrazione dell’opinione pubblica, perché l’astronave, una volta realizzata per dimostrare che il potere può fare quello che vuole, va subito accantonata nella discussione pubblica in quanto foriera di problemi enormi.
Ci proveranno, ma non ci riusciranno, perché, a tenere desta l’attenzione sulla vicenda, ecco avvicinarsi a grandi passi l’esplodere – al livello comunale di Civitanova, ma con evidenti riflessi regionali – della contraddizione tra la testardaggine istituzionale, sostenuta da forti spinte speculative, che ha portato a realizzare contro tutto e contro tutti una struttura costosissima che già nel momento dell’ideazione non corrispondeva più all’andamento epidemiologico, e la conclamata temporaneità emergenziale del Fiera Covid. Da un lato, infatti, non si è esitato ad investire – si fa per dire – dodici milioni per la realizzazione dell’opera oltre a tutti quelli necessari per la gestione (quattro milioni solo per i primi tre mesi), dall’altro non si è tenuto affatto conto, nonostante i ripetuti richiami in tal senso, che proprio la temporaneità della famigerata astronave imporrà a breve lo smantellamento della stessa e la successiva rimessione in pristino, con altri due milioni di euro da buttare via giusto per incrementare lo spreco, il che renderà ancora più evidente, anche per chi sino ad oggi si è rifiutato di vedere e di capire, l’assurdità di una struttura emergenziale così impattante a livello economico destinata comunque a scomparire entro pochi mesi. Il Fiera Covid, infatti, è stato definito in due delibere della giunta comunale civitanovese (la n. 84 e la n. 86, entrambe del 3 aprile 2020) come struttura temporanea di emergenza, destinata a durare solamente sino a fine luglio in virtù di un contratto di comodato gratuito. Un arco temporale limitatissimo, che però cozza violentemente con l’enormità della spesa sostenuta a fondo perduto e con il previsto prossimo smantellamento, per cui adesso a livello regionale si cerca in tutti i modi di allungare il brodo. Ecco allora una nuova delibera furbastra della giunta civitanovese (la n. 139 del 26 maggio 2020), che cerca di buttare il sasso più in là, parlando, nell’art. 3 dello schema contrattuale del comodato gratuito tra Comune e Asur Marche, di durata del contratto sino al 31 luglio prossimo, ma – attenzione, perché il passaggio è cruciale – con “facoltà del comodatario” (l’Asur) di richiedere una proroga, indefinita nei suoi contorni temporali, per esigenze sanitarie.
Questa strategia dilatoria – che sarà di certo posta in essere – significherà tempi più lunghi per lo smantellamento (che sicuramente non dovrà avvenire prima delle prossime elezioni regionali), altri milioni di euro buttati al vento dall’Asur (viaggiamo, come sopra detto, sui quattro milioni di euro a trimestre), nonché con ogni probabilità ulteriori ritardi per la riapertura della rianimazione nell’ospedale civitanovese a causa della mancanza di personale (dirottato al Fiera Covid a piantonare due o tre pazienti). Ma al contempo altro danno anche per il Comune di Civitanova che, per fare spazio all’astronave e per far lievitare le ambizioni personalistiche del sindaco Ciarapica, ha risolto ad aprile, senza copertura finanziaria, il contratto di gestione con la Royal Group s.r.l., la società che deteneva l’immobile (rinunciando quindi al canone di locazione, circa 60.000 euro l’anno, e soprattutto al locale destinato a fiera che in questa fase di necessario rilancio economico e produttivo sarebbe stato di grande utilità). Se ne parlerà a breve a Civitanova in un consiglio comunale richiesto dalle opposizioni, che dovrà essere convocato quanto prima in sessione di bilancio previsionale annuale a pena di omissione penalmente e contabilmente rilevante a carico del buon Ciarapica, e allora saranno scintille non solo tra maggioranza e minoranza, ma anche all’interno della stessa maggioranza consiliare, laddove l’astronave, prima ancora di partire, ha già scatenato polemiche violentissime.
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