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La guerra dei sondaggi
la vince sempre Acquaroli

MARCHE 2020 - Sono tre, realizzati in pochi giorni ma tutti con lo stesso esito, anche se con forbici diverse. L'ultimo, commissionato dal Pd e non ancora diffuso, indica un distacco di 6 punti tra il candidato di centrodestra e Maurizio Mangialardi (centrosinistra)

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Da sinistra Francesco Acquaroli, Maurizio Mangialardi e Gian Mario Mercorelli. Sullo sfondo: il sondaggio del Corriere della Sera

 

di Fabrizio Cambriani

Settembre andiamo è tempo di sondaggiare. Il mese di settembre porta due autorevoli misurazioni sulle intenzioni di voto nelle Marche, pubblicati rispettivamente del Sole 24 Ore e dal Corriere della Sera. In quest’ultimo realizzato da Ipsos, attraverso 750 interviste su 4432 contatti e in modalità mista (CAMI-CATI-CAWI) emerge come Acquaroli sia attestato al 49%, Mangialardi al 35.8% e Mercorelli al 10.1%. Gli altri sfidanti oscillano tra l’1.1% e lo 0.8%. Entrambi i rilievi specificano un larghissimo vantaggio di Francesco Acquaroli del centrodestra su Maurizio Mangialardi per il centrosinistra.

Barnum-Fabrizio-CambrianiAmpiamente distaccato, quindi fuori partita, Gianni Mercorelli, del Movimento 5 Stelle. Lontanissimi dalla soglia di sbarramento tutti gli altri concorrenti. Della risposta isterica del centrosinistra, infarcita di dubbie dietrologie complottistiche, sul sondaggio effettuato dal quotidiano di Confindustria si è scritto altrove (leggi qui). Quello che vorrei aggiungere, solo a mero titolo di cronaca, è come questa indagine sia stata commentata da un autorevolissimo politologo, esperto di sistemi elettorali: Roberto D’Alimonte. L’uomo che, quando tutti nel Pd erano renziani, è stato l’ideologo e l’inventore della legge elettorale denominata Italicum, approvata dal Parlamento, ma bocciata in seguito, dalla Corte costituzionale. Insomma, trattavasi ai tempi di un venerabile maestro e non già un traditore del popolo al servizio del torvo e cospiratore capitalismo italiano.

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Il sondaggio del Sole 24 ore

Risulta inoltre, da fonti attendibili del Partito Democratico regionale, che anche loro abbiano dei rilievi demoscopici nei quali la differenza tra Acquaroli e Mangialardi sia molto più esigua e si attesti attorno al sei per cento. La forchetta dunque sarebbe larga e si attesterebbe, oggi, intorno a un minimo di sei, fino al massimo del quindici per cento rilevato da Winpoll-Cise per il Sole 24 Ore.
Ma entriamo meglio nel merito. Un sondaggio, da un punto di vista elettorale appartiene alla così detta ricerca quantitativa e si limita a scattare un’istantanea su quale siano le intenzioni di voto degli intervistati in quello specifico momento e in quella data situazione. In genere si affronta tramite interviste telefoniche su di un vasto campione rappresentativo. Oggi, attraverso il metodo CAWI (Computer Assisted Web Interviewing), è possibile, per l’intervistato, disporre di un tempo maggiore e, per l’intervistatore, approfondire meglio l’analisi con domande mirate. Ma soprattutto è utile a monitorare – in tempo reale – eventuali cambiamenti di opinione. Un sondaggio rileva i rapporti di forza e quali messaggi siano da utilizzare per dar loro maggiore intensità ed efficacia. Oppure per modificarli. O addirittura e a seconda della situazione, per ribaltarli. Di un sondaggio sono importantissimi i numeri che a prima vista non appaiono: gli elettori che a oggi hanno deciso che non andranno a votare e gli indecisi. Dal momento della rilevazione statistica, è proprio lì che gli strateghi dei candidati andranno a lavorare con le diverse tecniche di comunicazione politica, per portarli alle urne e votare il proprio “uomo”. In questo caso si attiva la ricerca qualitativa, di solito attraverso focus group, per analizzare questioni particolari che possano caratterizzare meglio il candidato e renderlo più gradevole, attraverso interviste di gruppo.

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Il sondaggio del Correre della sera

In una campagna elettorale si utilizzano gli stessi piani di una guerra. I principi sono i medesimi e le fonti a cui attingere fanno riferimento a tecniche militari. Non a caso, il luogo dove lo staff elettorale sceglie la migliore delle strategie, viene chiamato “war room”. Nulla è lasciato al caso e anche il più piccolo dettaglio viene accuratamente pianificato. Basta un nulla e una insignificante pallina da ping-pong, si potrebbe trasformare in una terribile valanga. È accaduto realmente, benché in miniatura, solo ieri. Acquaroli, forte del vantaggio rappresentato dai rilievi statistici, affronta senza troppa ansia da prestazione, un importante confronto elettorale televisivo. In cui tutti possono notare un Mangialardi in preda al nervosismo. Poi accade che un banale refuso di stampa, sul programma di Acquaroli, trasformi medico in mediocre e così si scateni il finimondo. Per ore e ore sui social divampa la polemica. Il personale sanitario – secondo quanto c’è scritto- è mediocre. Il suo staff non interviene. Lui tace a lungo, mentre la crisi monta senza che nessuno prenda in mano la situazione. Mangialardi, visto che nessuno smentisce, dirama un feroce comunicato stampa, manco Acquaroli avesse invaso la Polonia, rivelando così tutto il suo nervosismo davanti a quello che era un palese errore di battitura. Finché, dopo lunghissime ore di inazione, Acquaroli rimedia all’errore, scusandosi con un post riparatorio su Facebook. Una situazione tipica di crisi – pessimamente gestita aggiungo io – che intanto indica ad Acquaroli come in campagna elettorale non ci si possa mai permettere il lusso di nessuna distrazione. E allo staff di Mangialardi un punto debole dell’avversario su cui poter indirizzare, con mira i propri affondi. Ma aldilà di queste macchinose tecniche, finalizzate a contendersi l’ultimo voto, vale sempre e anzitutto la regola fondamentale a cui fanno riferimento gli spin-doctor di tutto il mondo. E cioè che le campagne elettorali, di solito, non si vincono per meriti propri, quanto per gli errori degli avversari. Durante la sfida, ma soprattutto prima che essa abbia luogo.

 

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