Il territorio marchigiano esce profondamente mutato dalla tornata elettorale e, in particolare, il recente ballottaggio di Senigallia pone i più – ma non i più attenti – di fronte a questioni che hanno un impatto significativo sulla vita dei cittadini. Senza star a stilare la lunga lista dei problemi regionali irrisolti mi voglio concentrare su una questione che riguarda da vicino la provincia di Ancona. Mi riferisco alla gestione del ciclo dei rifiuti, bega che va avanti da circa 4 anni e che ha visto la città di Ancona, capoluogo di provincia e dei Comuni governati dal Partito Democratico, portare avanti a testa bassa senza ascoltare nessuno la tesi dell’affidamento diretto, senza gara d’appalto e senza nemmeno una adeguata valutazione di preventivi, a una società interamente pubblica. A scatola chiusa. Nemmeno una doppia sconfitta al Tar e al Consiglio di Stato è riuscita ad avviare seriamente una discussione sul tema.
Un muro contro muro che ha lasciato il servizio nell’empasse delle cosiddette “proroghe tecniche”; lasciando questa grave responsabilità amministrativa unicamente sulle spalle dei singoli comuni. Un’Ata, di fatto, cieca e sorda, forse per ordine di scuderia (leggi, partito) all’interno della quale comuni come Falconara, Jesi e Fabriano, ad esempio, si sono battuti ma senza riuscire a sfondare un dibattito fortemente condizionato dalla Amministrazione anconetana, appoggiata da Osimo e Senigallia. Domandona dell’ultima ora: cosa farà quest’ultima “liberata” dal Pd grazie ai cittadini che hanno scelto il centrodestra del neosindaco Massimo Olivetti? Quesito più che legittimo. Due anni fa venne proposta ai comuni dell’Ata la scelta di individuare la azienda unica per la raccolta e il trattamento dei rifiuti senza ricorrere ad una gara (“in house”), vinse in quella occasione tale modalità. Perse nei tribunali della giustizia amministrativa, a tal punto da dover ricorrere necessariamente a dei correttivi (a mio giudizio solo di facciata). Tale scelta è stata ribadita anche di recente, nonostante il voto diverso e critico di alcuni, importanti comuni, tra cui Jesi e Falconara.
Quel voto, oggi che il vento è profondamente mutato, è ancora valido? Senigallia, Jesi e Falconara riusciranno ad avviare un dialogo costruttivo su temi sovracomunali, finora diretti esclusivamente dal monocolore piddino e subiti da tutti gli altri? Me lo auguro e auspico quanto prima un incontro tra i sindaci dei tre Comuni per rivalutare da capo tutta la questione rifiuti. Perché è evidente, e la vicenda del biodigestore conteso tra Jesi (che ha l’opzione migliore) e Ancona (che spinge anche per altre location, tra cui quella impensabile delle Saline, a ridosso di Castelferretti e Camerata Picena), è emblematica. È evidente che anche il modello amministrativo dei gruppi di potere targati Pd è al tramonto e che la rappresentanza è efficace quando apre al dialogo e alla condivisione e che quando l’uomo (o la donna) solo al comando si isola in un dirigismo dorato e autoreferenziale dura per un po’ ma non va lontano. Una lezione da tenere bene a mente anche nel centrodestra se non si vuole sprecare la storica opportunità che si ha oggi nelle Marche.
Clemente Rossi – assessore all’Urbanistica del Comune di Falconara