L’arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, mons. Angelo Spina, ha presieduto la celebrazione eucaristica nella Cattedrale di san Ciriaco, alla quale hanno partecipato medici, infermieri e operatori sanitari che quotidianamente affrontano in prima linea l’emergenza sanitaria e si prendono cura delle persone malate. Alla Santa Messa erano presenti i membri dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (sezione Ancona-Osimo) e i collaboratori dell’Ufficio diocesano per la pastorale della salute. Durante la celebrazione, l’arcivescovo – fa sapere una nota della Diocesi di Ancona-Osimo – ha ringraziato i medici che ogni giorno si prendono cura degli ammalati, in particolare delle persone colpite dal Covid-19, e ha sottolineato che «stiamo vivendo questo tempo difficile di tribolazione e, se da un lato c’è tanto bisogno di aiuto sanitario ed economico, tanto più c’è bisogno di nutrimento spirituale, di preghiera per poter essere forti nel momento della prova. La situazione che si protrae da mesi crea smarrimento, ansia, dubbi e, in alcuni casi, disperazione. Un pensiero speciale, di vicinanza e sostegno, va in particolare a chi si occupa della salute pubblica. In questa celebrazione vogliamo ricordare il duro e nobile lavoro dei medici e operatori sanitari, che si prendono cura delle persone malate e in modo particolare di quelle colpite dal Covid-19. Sono stati definiti “eroi”, perché, con la loro professione, hanno rischiato e rischiano la vita, per dare vita a chi soffre. Quanto è necessario oggi non solo curare, ma prendersi cura. Il pensiero va a tutti gli ammalati, sentano la potenza di questa nostra preghiera e sia sollievo alla loro sofferenza. Dietro i numeri apparentemente anonimi e freddi dei contagi e dei decessi vi sono persone, con i loro volti feriti e gli animi sfigurati, bisognose di un calore umano che non può venire meno. In questo tempo difficile, che porta i segni profondi delle ferite ma anche delle guarigioni, è necessario intensificare la preghiera perché il tempo che viviamo non sia un “tempo sospeso”, ma aperto alla speranza».
«Al centro della nostra fede – ha continuato l’arcivescovo – c’è la Pasqua, cioè l’esperienza che la sofferenza e la morte non sono l’ultima parola, ma sono trasfigurate dalla risurrezione di Gesù. Ecco perché riteniamo che questo sia un tempo di speranza. Non possiamo ritirarci e aspettare tempi migliori, ma continuiamo a testimoniare la risurrezione, camminando con la vita nuova che ci viene proprio dalla speranza cristiana. A ognuno di noi è chiesto un rinnovato impegno a favore della società lì dove è chiamato a operare, attraverso il proprio lavoro e le proprie responsabilità, e di non trascurare piccoli ma significativi gesti di amore, perché dalla carità passa la prima e vera testimonianza del Vangelo. È sulla concreta carità verso chi è affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato che tutti infatti verremo giudicati, come ci ricorda il Vangelo (cfr. Mt 25, 31-46)».
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