Marchigiani più poveri a Natale per effetto della cassa integrazione che alleggerisce le tredicesime. La Uil Marche stima decurtazioni, a seconda degli stipendi e delle ore di cassa integrazione, che in alcuni casi potrebbero arrivare anche al 90% dell’importo corrisposto normalmente.
Lo tsunami Covid si è abbattuto sulla nostra regione con 95 milioni di ore tra cassa integrazione, cig straordinaria e fondi di solidarietà secondo uno studio di Bankitalia riferito ai primi nove mesi dell’anno.
Circa il 95% delle ore autorizzate erano legate al Covid e rappresentano circa il 30% dell’orario teorico di lavoro per un dipendente a tempo pieno. «Vero che l’utilizzo di questi strumenti, combinato al blocco dei licenziamenti, ha tenuto in piedi l’economia -spiega Claudia Mazzucchelli, segretaria generale della Uil Marche-. Ma è altrettanto vero che quando si è posti in cassa integrazione a zero ore, oltre alla riduzione di stipendio, non si maturano nemmeno i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità».
Un recente studio della Uil ha simulato gli importi delle tredicesime dei dipendenti che nel corso del 2020 hanno usufruito della cassa integrazione. Se si analizza un dipendente dallo stipendio medio del settore privato con due mesi di cassa integrazione a zero ore, ad esempio, nel periodo tra aprile e maggio, quando le ore di cassa integrazione autorizzate furono quasi 1,7 miliardi (il 44% delle ore totali autorizzate), la perdita della tredicesima ammonta 278 euro medi (il 16,6% dell’importo).
Un dipendente con quattro mesi di cassa integrazione a zero ore sulla propria tredicesima si vedrà invece decurtati 556 euro medi (il 33,3% dell’importo); mentre con sei mesi di integrazione salariale a zero ore la decurtazione ammonta a 834 euro medi (il 49,9% del totale). Infine, se un dipendente è stato posto in cassa integrazione da aprile a dicembre, la decurtazione della sua tredicesima ammonterà a 1.503 euro medi (il 90 % del totale).
«È evidente – sottolinea la segretaria Mazzucchelli – che nella riforma più complessiva degli ammortizzatori sociali va rivisto il meccanismo della cassa integrazione, così come è evidente che una ripresa dei consumi e dell’economia interna non può che passare per una riduzione delle tasse a chi sicuramente le paga e cioè lavoratori dipendenti e pensionati, anche attraverso l’aumento delle detrazioni. Ciò produrrebbe un effetto positivo e immediato sulle buste paga come anche la detassazione degli incrementi contrattuali che chiediamo per i rinnovi dei Contratti nazionali di lavoro. Certo è più facile tassare i lavoratori dipendenti e i pensionati ma ciò è ingiusto, anche in considerazione dei circa 107 miliardi di euro che ogni anno vengono evasi, e sicuramente non vantaggioso per i consumi interni».