di Marco Benedettelli
Sono presidi di quartiere fondamentali, spazi di incontro e laboratori. I circoli culturali e ricreativi di Ancona rischiano di uscire molto malmessi dalle chiusure obbligate. Anche il Dpcm del 3 dicembre li ha tenuti fuori da ogni forma di ripartenze, con le utenze da pagare ma senza poter fare cassa almeno con le consumazioni al bancone, come avviene per attività commerciali dei bar.
«Il nostro circolo è stato fondato nel 1914 e ha superato gli anni della Spagnola, della grande guerra, del fascismo, della seconda guerra mondiale e gli anni di piombo. È sempre rimasto un presidio, ma ora rischiamo di dover chiudere per colpa del Covid – commenta preoccupato Giacomo Mentrasti, presidente del circolo operaio Cacciatori, appena fuori Porta Santo Stefano – Continuano ad arrivare le bollette e al massimo del prezzo. Noi siamo un circolo e non possiamo detrarre l’Iva, però siccome abbiamo un bar, i fornitori ci chiedono la tariffa business. Quindi subiamo un doppio carico. E poi c’è l’affitto, le assicurazioni e i canoni. Ma gli incassi sono fermi da inizio novembre e ci tocca consumare le poche riserve accumulate grazie alle nostre attività sociali. Se le cose vanno avanti così non ci resta che organizzare una raccolta fondi fra i soci. Però sono gli enti che dovrebbero dilazionarci le utenze, per darci respiro», aggiunge Mentrasti.
I Cacciatori, oggi iscritto al circuito Arci, trasuda cimeli, storia e ricordi da ogni parete, foto storiche e sciarpe dell’Ancona, ed è portato avanti con orgoglio da un pugno di volontari che sono riusciti a rigenerare la struttura dopo una fase di sbandamento in cui nel passato il circolo era scivolato. «Abbiamo puntato sulle attività. Siamo partiti dalla musica dal vivo, la domenica, e poi ci sono state le conferenze e le presentazioni di libri sulla storia cittadina. Anche le nostre offerte gastronomiche nascono dai sapori e dalla cucina locale. Viviamo il circolo come un laboratorio che preserva la cultura popolare, quella della gente di quartiere. Realtà come le nostre aggregano e creano memoria e conoscenza dal basso e andrebbero preservate più di altre per il ruolo che ricoprono. Ora per colpa del Covid abbiamo dovuto mettere via un progetto splendido e già avviato, una raccolta di canti popolari dai quartieri di Ancona, a partire dal nostro Capodimonte e dal porto e altri rioni», una ricerca capillare guidata dai ragazzi del circolo, che è andata a raccogliere testimonianze anche fra le anziane nelle Rsa. Tutto era pronto per la registrazione, con una sala già disposta. «Ma ora i soldi non ci sono più, abbiamo dovuto attingere ai risparmi per pagare le utenze».
Il Circolo Pace e Unione di Pietralacroce è attivo da 120 anni. Per il quartiere il luogo è una fucina di incontri intergenerazionali, riunioni sui più disparati temi, laboratori creativi e tornei sportivi. Ora l’ingresso è chiuso per i 120 soci e le vie che guardano verso il mare della Scalaccia sono stranamente più silenziose: «I surgelatori nel circolo sono tutti accesi e le bollette arrivano alte. Di aprire non se ne parla fino al 15 gennaio. Noi siamo abbastanza piccoli e magari ce la caveremo, si potrebbero per esempio alzare le quote di iscrizione per appianare i debiti. Ma gli amici dei circoli più grandi e spaziosi sono molto preoccupati», racconta il segretario Sergio Santarello che spiega come attingere agli aiuti del governo non sia affatto facile. «Non siamo rientrati fra i beneficiari dei fondi di giugno, non eravamo ancora una Aps, associazione di promozione sociale. Ma negli ultimi mesi abbiamo aggiornato il nostro statuto. Devo dire che l’Arci, di cui ora facciamo parte, ci è stata accanto e ci sta guidando verso l’iscrizione al Runt – Registro unico nazionale del terzo settore, pratica che renderà i meccanismi di erogazione più lineari. Secondo quanto l’Arci ci ha segnalato, la Regione dovrebbe prevedere un fondo a favore dei circoli non dotati di partita Iva ma di solo codice fiscale, come il nostro. Attendiamo evoluzioni, al momento non c’è nulla di approvato». Il decreto Ristori appena varato infatti prevede aiuti per enti del terzo settore solo con partita iva.
Un’altra testimonianza arriva dal quartiere di Torrette. Qui lo storico circolo Arti e Mestieri, 150 anni di storia di fronte al mare di via Flaminia, ha sospeso tutte le attività per i soci. A restare aperto è solo lo spazio coi cinque tavoli da biliardo, dove si allenano i giocatori agonisti della Fibis – Federazione italiana biliardo sportivo. «Abbiamo anche un giocatore nazionale fra noi, Riccardo Barbini. Si gioca alla “goriziana” – racconta l’economo Antonio De Fazio – La nostra è un’associazione sportiva dilettantistica. Prima della pandemia contravamo 200 soci, siamo una delle realtà più antiche della città, nate con Regio decreto per favorire il reciproco soccorso fra le persone, anziani, bambini e famiglie. E infatti fino a quando sarà possibile nelle nostre stanze le iniziative e gli incontri saranno all’ordine del giorno. Ospitiamo mostre di quadri e abbiamo intenzione di organizzare un premio letterario. I progetti non ci mancano, guardiamo al futuro». Le preoccupazioni economiche sono pressanti, come negli altri circoli, con le utenze da pagare nonostante tutto e i soldi già spesi per i piccoli adeguamenti strutturali richiesti dalle norme igieniche. C’è anche il pensiero per i fornitori come gli amici soci che vivono un momento di difficoltà. «Mi piange il cuore a vedere il nostro bar chiuso – spiega De Fazio – però come lavoro faccio il sanitario e mi rendo purtroppo ben conto di quanto siano necessarie le norme di distanziamento. Il periodo è difficilissimo, ma ora è il momento di riflettere e presto, sono certo, torneremo alla normalità».
Dpcm e circoli chiusi, il sindaco Ubertini scrive al premier Giuseppe Conte
I circoli ricreativi e culturali si appellano al Prefetto: «Fateci riaprire»
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati