di Claudio Maria Maffei*
Nelle Marche in questa fase della pandemia c’è da affrontare una emergenza assoluta. La Regione deve dimostrare subito una sua maggiore capacità di farvi autonomamente e responsabilmente fronte. L’emergenza è rappresentata dalla situazione epidemiologica molto differenziata in regione e molto grave nella provincia di Ancona. La risposta a questa emergenza è difficile, anzi difficilissima, e richiede al nuovo governo regionale di dimostrare di essere all’altezza del compito che i cittadini gli hanno affidato.
Vediamo qualche dato sulla situazione epidemiologica della regione ed in particolare della provincia di Ancona. Nell’ultima settimana questa provincia si colloca addirittura al quinto posto in Italia come frequenza di nuovi casi (297 ogni 100.000 abitanti), ma è ormai a ridosso della quarta e terza posizione. La situazione nelle altre province è differenziata tra Pesaro e Macerata, attestate vicino a quel limite di 150 casi ogni 100.000 abitanti che è considerato il limite tra una situazione ad alto e una a basso rischio (124 Pesaro e 154 Macerata), e Fermo ed Ascoli Piceno con una situazione molto migliore (91 e 81 casi ogni 100.000 abitanti nell’ultima settimana). Vanno male in regione anche i dati sulle Terapie intensive in cui i ricoveri sono aumentati seppure di poco nell’ultima settimana e in cui la percentuale di posti letto occupata da pazienti Covid è del 34% contro un valore soglia del 30%, dato che peggiorerebbe molto se si tenesse conto dei posti letto di terapia intensiva “veri” e quindi operativi. E anche come frequenza dei decessi ieri le Marche erano al quinto posto in Italia. Insomma, la situazione nella parte sud della Regione è sotto controllo, a Macerata e Pesaro è critica, anche se non grave rispetto alla media delle alte realtà provinciali, quella di Ancona purtroppo è invece grave e ancora in via di peggioramento.
Qual è stata finora la scelta della Regione? “Chiudere” la provincia di Ancona in entrata ed in uscita e aspettare (almeno questa è l’impressione) indicazioni da Roma, ovvero dalla cabina di regia Ministero-Istituto Superiore di Sanità che monitora le varie situazioni regionali. La scelta di limitare entrate ed uscite dalla provincia è venuta infatti, a detta del presidente Acquaroli, dopo un confronto con questa Cabina. Così come è con questa cabina che il responsabile (almeno così viene presentato) dell’Osservatorio epidemiologico regionale dice di stare facendo il monitoraggio della situazione. Questa scelta di farsi supportare da Roma mi sembra molto discutibile. E’ come se in una scuola l’insegnante non ce la facesse a tenere a bada l’esuberanza dei suoi studenti e allora li chiudesse dentro l’aula in attesa di decidere che fare dopo aver sentito il preside. Che, immagino, chiederebbe: “ma fanno sempre così? Me lo dica lei che li dovrebbe conoscere”. Dopo di che preside ed insegnate decidono di non decidere e aspettano fuori della classe se magari la confusione dovesse diminuire da sola. Non mi pare un modo responsabile ed efficace di gestire l’emergenza. Probabilmente occorre prendere decisioni forti e impopolari, ma è o non è questa la responsabilità del governo regionale? Sulla provincia di Ancona la Regione decida autonomamente subito se c’è qualche misura più energica da adottare perché aspettare un ulteriore peggioramento della situazione e il supporto di Roma per prenderla sarebbe scelta grave.
In coda segnalo anche che i dati della vaccinazione sembrerebbero nelle Marche lievemente peggiori di quelli medi nazionali, che pure certo non brillano. Ad avere completato le prime due dosi sarebbe nelle Marche l’1,88% della popolazione (contro il 2,20% nazionale) e ad avere fatto la prima il 2,89% (contro il 3,45 nazionale). Ma su questo non ho dubbi: recupereremo questo piccolo divario non appena saranno disponibili più dosi di vaccino.
*Medico e dirigente sanitario in pensione
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