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Ex stazione marittima, ci risiamo:
la storia senza fine
del dormitorio a cielo aperto (Foto)

ANCONA - Materassi, piumini, coperte, giacche a vento e altri indumenti, tante scarpe, grandi cartonati, scatoloni con qualche genere di conforto “arredano” il fronte mare dell’immobile, con le otto lunghe panchine sotto le tettorie, e i marciapiedi all’esterno dei locali di servizio, compresi quelli igienici

Le panchine occupate dell’ex stazione marittima

di Giampaolo Milzi

Un monumento ricettivo dedicato al nulla, se non fosse per i senza tetto, che l’hanno eletto ormai in modo cronico ad oasi di sopravvivenza. E’ l’ex Stazione Marittima al porto di Ancona, moderna e bella dal punto di vista architettonico, ma chiusa da anni.  La struttura, che si allunga per decine di metri sotto la parte iniziale di via XXIX Settembre, a due passi dal centro, è diventata un dormitorio semi all’aperto per molti clochard, stranieri ma anche italiani. Già, molti. Perché è imponente la massa di materiale utile per passare in qualche modo le notti un po’ al riparo dal freddo e dalle intemperie che giace praticamente in ogni punto dell’ex stazione. Materassi, piumini, coperte, giacche a vento e altri indumenti, tante scarpe, grandi cartonati, scatoloni con qualche genere di conforto “arredano” il fronte mare dell’immobile, con le otto lunghe panchine sotto le tettorie, e i marciapiedi all’esterno dei locali di servizio, compresi quelli igienici. Si tratta del punto di estemporaneo ricovero più ampio nella mappa dei tanti luoghi (edifici pubblici e privati, parchi, sottoscala, magazzini, garage e altri impianti urbanistici) abbandonati ad Ancona, per chi un appartamento piccolo ma decoroso non riesce proprio ad ottenerlo dalle istituzioni. Un buco nero di degrado e umana disperazione del resto noto proprio alle autorità istituzionali. Tanto che è “teatro” di una specie di andazzo tipo la “tela di Penelope”. Il paragone che richiama il celebre stratagemma narrato nell’Odissea può sembrare spericolato, ma rende l’idea. Penelope, nell’interminabile attesa del ritorno del marito Ulisse ad Itaca, la notte disfaceva la tela funebre alla quale lavorava ogni giorno. In questo caso gli attori in campo sono due: forze dell’ordine, addetti comunali e di AnconAmbiente, che più o meno una volta ogni uno-due mesi, fanno piazza pulita di tutto il materiale citato; e i senza fissa dimora, che dopo qualche tempo tornano coi loro poveri beni a dormire sulle panche o per terra. Un buco nero di degrado e umana disperazione noto anche alle associazioni come Caritas, Servizio di Strada, Avvocati di strada (di Ancona) e Tenda d’Abramo e Ribò (di Falconara) che danno più di una mano ai due Comuni per alleviare le sofferenze di queste persone per troppi “invisibili”.
Complice la pandemia Covid, l’assistenza per i clochard è diminuita. Tanto che nel capoluogo regionale esiste solo un centro di pronta accoglienza notturna, l’ex albergo “Cantiani”, che ospita nelle sue camere un massimo di 40 persone (quando è più freddo), per dieci giorni, eccezionalmente prorogabili per due settimane. Chiusa da mesi la Mensa del Povero ad Ancona e la Tenda d’Abramo a Falconara (fruibile solo il servizio doccia) i senza tetto hanno a disposizione solo una mensa, presso la tensostruttura nel cortile dell’ex stabile “Un tetto per tutti”, poco dopo la stazione centrale di Ancona, dove vengono serviti pranzo e cena. Proprio alcuni volontari della Tenda d’Abramo, avevano inscenato nel febbraio scorso una manifestazione all’ex Stazione marittima di Ancona per sollecitare un incremento dei posti letto forniti dalle amministrazioni comunali. Quella falconarese è riuscita a collocare 9 soggetti dividendoli tra l’hotel “Trento e Trieste”, a Falconara, e l’hotel “Gino” ad Ancona. Numeri risibili, compresi quelli del ”Cantiani”, a fronte delle decine e decine, forse un centinaio, che cercano un’alternativa alla strada. La stazione marittima di Ancona è diventata un fantasma da quando FS ha deciso che non era più in linea con le sue strategie. Una chiusura che ha trascinato nell’off limits anche le altre stazioncine che negli anni erano state adeguate o costruite “ex novo” per avviare l’attesissimo eco-progetto di viabilità “Metropolitana di superficie”, con un collegamento da Falconara, passando per il porto dorico e per Passo Varano, fino alla zona Ikea nel comune di Camerano. Quasi mezzo miliardo di euro, soldi pubblici, buttati a mare.

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