«L’accusa mossa al direttore dell’Inrca Gianni Genga di aver trasferito a Osimo posti letto chirurgici va contestualizzata in un quadro nazionale nel quale diversi presidi ospedalieri sono stati costretti a sacrificarli per dare priorità alla gestione della pandemia, come avvenuto all’Inrca di Ancona». A parlare è il sindaco di Osimo, Simone Pugnaloni che cerca così di fugare dubbi e perplessità sollevati da esponenti del centrodestra marchigiano anche per l’assenza di un reparto di Rianimazione a Osimo e il trasferimento di pazienti fragili. Sulla vicenda è stato presentato anche un esposto in procura per far piena luce sul trasferimento degli interventi dei pazienti nel blocco operatorio dell’Inrca Osimo, integrato all’ospedale della Montagnola di Ancona dal 2018. «A chi mette in dubbio l’idoneità di Osimo per gestire l’attività chirurgica arrivata da Ancona, – prosegue Simone Pugnaloni – faccio presente che il Ss. Benvenuto e Rocco risponde agli indicatori previsti dal decreto del Ministro della Salute dell’aprile 2015 relativo alla definizione degli standard dell’assistenza ospedaliera, così come mi riferiscono i referenti del nostro nosocomio con i quali mi confronto periodicamente». Il sindaco passa pertanto ad analizzare i dati. «A dimostrazione della qualità e dell’importanza dell’attività chirurgica di Osimo, dati oggettivi evidenziano che al Ss. Benvenuto e Rocco vengono svolti interventi sia in elezione che in urgenza, sia di chirurgia generale tradizionale che in laparoscopia per patologie benigne e maligne. L’equipe già a lavoro mi ha assicurato che riesce sempre a garantire elevati standard assistenziali e che svolge interventi su più ambiti: chirurgia addominale, flebologia, proctologia, senologia, chirurgia tiroidea, patologia erniaria e chirurgia ambulatoriale. Nel solo 2020, nonostante l’emergenza Covid che ha costretto a concentrarsi solo su tumori e urgenze, mi riferiscono che la chirurgia di Osimo è riuscita ad eseguire 763 interventi, di cui 255 in urgenza. Insomma, l’Inrca di Osimo è pronta a fare la sua parte e insieme a quella di Ancona, a prescindere da dove si opera, rappresenta una risorsa per la sanità regionale che va tutelata da tutti».
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