di Luca Patrassi
Il leader della Lega Matteo Salvini torna oggi nelle Marche per alcuni incontri, in particolare alle 18 a San Benedetto in vista delle elezioni amministrative: è anche l’occasione per fare il punto su varie questioni .Un anno di centrodestra nelle Marche: siete alla guida della Regione e di molti dei Comuni più importanti, qual è il primo bilancio che fate?
«Sicuramente molto positivo, nonostante la pesante eredità che ci hanno lasciato – dice a Cronache Maceratesi – Stiamo rapidamente passando dalle parole ai fatti con visione e concretezza tanto da essere modello per l’Italia, cosa di cui ringrazio i nostri assessori regionali Saltamartini, Carloni e Latini. Penso alla campagna vaccinale che ha visto le Marche stabilmente tra le prime regioni italiane nel rapporto tra dosi ricevute e somministrate; penso agli interventi anticovid sulle scuole con impianti di aereazione meccanica e test salivari; penso alle nuove leggi attese da tanti anni su commercio, artigianato e sulle start-up, penso a quanto fatto per i giovani e le famiglie con la nuova legge sull’edilizia popolare e agli investimenti per lo sviluppo di imprese e servizi; penso alla creazione del distretto biologico più grande d’Europa. Inoltre abbiamo cambiato marcia anche su semplificazione e velocità: in meno di un anno i pagamenti per le imprese agricole sono cresciute di +50% (1° semestre 2021 rispetto al 2020). La giunta Pd precedente non è mai riuscita a liquidare i contributi alle imprese agricole con questa velocità, tanto che le Marche nelle classifiche erano tra ultime in Italia».
Piano sanitario da approvare: la convince il potenziamento della rete sanitaria territoriale o pensa sia più utile puntare su pochi centri di eccellenza?
«Potenziare la sanità territoriale riorganizzando tutto il sistema rappresenta una priorità della Lega. Lo abbiamo promesso in campagna elettorale e lo faremo nelle prossime settimane. Va ricordato che uno dei primi atti dei consiglieri della Lega è stato presentare una mozione per dire no agli ospedali unici provinciali perché l’eccellenza non dipende solo dalla dimensione degli ospedali, ma soprattutto da donne e uomini, strumenti e rapidità di intervento. Due dati sono significativi: le Marche hanno una percentuale di piccoli insediamenti e case sparse superiore alla media italiana e sta aumentando la percentuale di popolazione over 65. È chiaro che va ripensata tutta la filiera dell’assistenza di cui le cure ospedaliere sono solo una parte. Stiamo lavorando per mettere a disposizione dei marchigiani servizi di qualità per ogni livello di cura e assistenza, capaci di rispondere rapidamente alle necessità: basta con liste di attesa troppo lunghe».
Sul fronte delle infrastrutture i fondi europei fanno gola, quali dovrebbero essere secondo lei le priorità percorribili delle Marche? Arretramento della linea ferroviaria, aeroporto, allargamento di A14…
«Recuperare il gap infrastrutturale accumulato negli anni non è semplice. Oltre all’Aeroporto va data priorità alle strade perché da loro passa anche lo sviluppo economico di una regione che ha un potenziale turistico enorme. Basta guardare gli effetti della Quadrilatero sui flussi per confermare che sono indispensabili anche per evitare lo spopolamento dell’entroterra. L’A14 è un’arteria fondamentale, ma non bisogna dimenticare che nelle Marche si susseguono le valli e le pedemontane come, ad esempio la Tolentino-San Severino che ha atteso decenni ed è stata finanziata durante il governo Lega».
Il turismo è una grande risorsa poco esplorata finora, quale pensa possa essere una strategia utile per valorizzare la nostra regione? «Le Marche sono una regione bellissima, un patrimonio di cultura, natura, tradizione, arte, bellezza difficilmente eguagliabile. Per promuoversi e crescere deve essere in grado di fare squadra lavorando collegialmente non solo per migliorare i servizi e le infrastrutture, ma anche per comunicare meglio e con nuovi linguaggi una potenziale offerta turistica in grado di soddisfare le esigenze di più target. Questa Regione deve aspirare a migliorare il posizionamento nell’ambito della competitività, rispetto ad altri territori ed aver scelto il marchigiano Roberto Mancini come testimonial per la promozione turistica regionale non solo ha portato fortuna alla nostra Nazionale, ma si è rivelata la scelta giusta».
Favorevole o contrario all’obbligo vaccinale nel caso in cui non si dovesse raggiungere l’immunità gregge?
«Contrario. Nessun paese europeo ha introdotto l’obbligo. Come condiviso con tutti i governatori della Lega, va dato impulso alla campagna vaccinale fidandoci degli italiani. La costrizioni potrebbe essere un boomerang, e la percentuale di cittadini che ha scelto di vaccinarsi è tra le più alte in Europa. Un dato incoraggiante».
Questione droga: si parla sia di lotta che di liberalizzazione della cannabis, qual è la sua posizione?
«Nessuno spazio alla droga, qualsiasi droga. È sconcertante osservare che, mentre la Lega parla di lavoro, pensioni, immigrazione o Afghanistan, Pd e 5Stelle siano impegnati a spingere per la cannabis. Da ministro, sono orgoglioso di aver finanziato iniziative ad hoc contro lo spaccio fuori dalle scuole».
Attacca quotidianamente il ministro Lamorgese, non teme che le sue critiche possano suggerire comportamenti violenti?
«No, temo che l’incapacità del ministro non sia positiva per l’Italia. Non solo rave party e sbarchi senza sosta: pensiamo a quello che è successo nella vicina Rimini nelle ultime ore, con un richiedente asilo che ha accoltellato almeno quattro persone tra cui un bimbo. La situazione è preoccupante, se non è all’altezza del Viminale ne prenda atto e lasci l’incarico. La Lega ha il dovere di denunciare quello che non va».
Macerata ha conosciuto l’atroce delitto di Pamela Mastropietro e il raid razzista di Luca Traini, ora la tragedia della famiglia trovata morta nella propria abitazione: segnali di malessere globale o episodi da leggere a se stanti?
«Entrambe le vicende colpiscono allo stomaco e sono unite dal filo del disagio psichico e sociale, ma l’analogia finisce qui. L’uccisione di Pamela è maturata in un contesto di illegalità aggravato dal fallimento della gestione dei flussi migratori. Nella morte della famiglia, invece, ci sono l’accidentalità e un percorso di vita segnato da un riserbo patologico che, a quanto leggo, nessuno è riuscito a scalfire in tempo».
Il questore Pignataro che aveva ripulito la città dall’emergenza droga è stato improvvisamente trasferito, secondo lei che segnale ha dato lo Stato?
«Lo Stato ha il dovere di combattere la droga e i venditori di morte sempre e comunque. Nessuno può permettersi di abbassare la guardia».
Una qualità dei marchigiani?
«Sono, geniali, tenaci, gran lavoratori, tutte qualità che l’economista marchigiano Giorgio Fuà ha sintetizzato nel “modello marchigiano di sviluppo”. I marchigiani sono una sintesi eccezionale tra lavoro manuale e creatività, capaci di dare il meglio di sé in ogni campo e circostanza».
Un difetto?
«Come certi fuoriclasse, molto spesso, fanno fatica a fare squadra».
Gira le Marche da diversi anni, qual è la storia che più l’ha colpita?
«È una storia corale, raccontata dai tanti occhi che ho incrociato e dalle tante mani che ho stretto quando sono andato per la prima volta tra le rovine del terremoto del 2016. Ogni occhio una storia di disperazione, ogni mano la richiesta di poter tornare a vivere. Non dimenticherò mai quei momenti e quegli sguardi di chi, nonostante avesse perso tutto, aveva già la voglia di ricominciare. Non è un caso che il primo provvedimento della Lega al governo abbia riguardato il terremoto, che a quello ne sono seguiti decine e decine e che non ci siamo ancora fermati».
Centrodestra unito: solo uno slogan per le prossime elezioni o un elemento di concretezza?
«È un elemento di concretezza e realtà, sono sicuro che saremo uniti anche alle prossime politiche e gli italiani ci premieranno».
Cosa condivide del ddl Zan?
«Se l’obiettivo è combattere chi discrimina ed è violento, benissimo. Siamo tutti d’accordo e l’abbiamo formalizzato. Ma il Pd insiste per creare problemi al governo, anche se in Aula non ha voti a sufficienza, col risultato di buttare tutto il lavoro e gli aspetti condivisi».
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