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«I miei figli sono a Kiev,
rintanati in casa dalla paura
La capitale è paralizzata»

IL RACCONTO di Larissa, operatrice sanitaria del 118 all'ospedale di Torrette e residente a Falconara. Originaria della Russia, per molti anni ha vissuto in Ucraina, il paese a cui si sente profondamente legata. Questa mattina è stata svegliata delle notizie dei bombardamenti: «Sono sotto choc, il traffico è in tilt, alcuni supermercati hanno gli scaffali vuoti. La guerra ha reso tutto precario»

Lo scoppio e la densa nuvola di fumo vicino a un parco nella foto diffusa dalla presidenza ucraina. Kiev, 24 febbraio 2022 (Ansa)

 

di Giampaolo Milzi

Per lei l’Italia e l’Ucraina non sono mai state così lontane, da stamattina la sua primaria “fonte di vita” è whatsapp, che le consente di parlare ogni mezz’ora, a turno, coi due figli che abitano a Kiew. Larissa è profondamente depressa, scioccata dalla guerra. Eppure riesce a trovare la forza di sfogarsi un po’ con Cronache Ancona, dopo essersi asciugata per l’ennesima volta le lacrime ed essersi schiarita la  voce: «Io stavo in Ucraina, e non mi sono mai sentita ucraina come ora. Sono preoccupatissima, e penso che le cose andranno per il peggio». Sono le 16,15 mentre ci intratteniamo al telefono con Larissa, che lavora come operatrice socio/sanitaria al 118 dell’ospedale regionale di Torrette di Ancona. «Sono scioccata per quello che sta succedendo nel mio Paese che non sono riuscita a parlare nemmeno con le mie colleghe e con la caposala dell’ospedale quando mi hanno chiamato per consolarmi». E’ terrorizzata Larissa, che risiede col suo partner a Falconara Marittima. «Ho paura, terrore per mio figlio e mia figlia. E pensare che poco tempo fa avevo comprato il biglietto aereo per raggiungerli, la partenza era fissata per il 22 febbraio da Bologna, poi è saltato tutto, adesso quando penso agli aerei penso a quelli che mia figlia Elena, che insegna in una scuola privata a Kiev, sente passare in cielo diretti all’aeroporto militare e ho paura anche perché a Kiev ormai la guerra ha reso tutto precario».

(Photo by Sergei SUPINSKY / AFP) Ansa

Mentre Elena, 35 anni, è single, e abita da sola in un quartiere di villette a schiera di una frazione satellite della grande capitale ucraina, il fratello 30enne deve prendersi cura anche della moglie e del figlioletto di 5 anni. «Per fortuna mi hanno ascoltato quando tempo fa ho consigliato loro di mettere da parte delle provviste, visto che la tensione saliva giorno dopo giorno. – racconta Larissa – Elena, dopo aver trovato gli scaffali vuoti nei negozi stamattina, nel pomeriggio è riuscita a fare un po’ di spesa al supermercato. Poco fa si è sentita con le vicine di casa per valutare la possibilità di trasferirsi giorno e notte, come hanno consigliato le autorità, nel rifugio di un asilo. Spero che lo facciano, hanno già preparato le valigie e tutto l’occorrente.

Ma per ora Elena resta tappata in casa, ed tappata in casa e fortemente impaurita anche la famiglia di mio figlio». Figlio che abita alla periferia di Kiev, occupato come barista al centro, oggi ha subito capito che era impossibile, oltre a non essere proprio il caso, andare a lavorare. Larissa: «Loro, come me, non se l’aspettavano che Putin e il governo russo arrivassero ad invadere la nostra patria. E pensare che il mio nipotino fino alla settimana scorsa andava regolarmente all’asilo. Adesso come faranno? Possono saltare da un momento all’altro i collegamenti telefonici e, ancora peggio, la fornitura di corrente elettrica, sono prospettive da incubo. Mi hanno riferito di una città paralizzata, paralizzate anche le auto in lunghissime code, incolonnate a centinaia, in un mega ingorgo lungo la grande strada che porta ad ovest. Mio figlio è andato in avanscoperta fuori, ha trovato tutto in tilt per il traffico».

(Photo by Aris Messinis / AFP) Ansa

«Fortunatamente abita in un condominio dotato di bunker sotterraneo antiaereo. Peccato che non ha fatto in tempo a raggiungere i genitori della moglie che stanno ai confini con la Polonia, ha aspettato troppo per farlo. Io sono di madrelingua russa, sono nata in Russia, dove stavano prima i mei genitori. Poi, per motivi di lavoro, ci siamo trasferiti a Kiev. Ma ora la Russia sta facendo scorrere il sangue di persone innocenti in Ucraina. Chi l’avrebbe mai detto che sarei diventata così patriottica come lo sono da un paio di settimane. Io non mi sono mai sentita così, perché mia madre è nata in Bielorussia (il padre è nato in Ucraina, ndr.) e in famiglia si è sempre parlato russo. Ma ora, ripeto, tutto è cambiato».

Russia è una parola che adesso fa tremare Larissa. «Sì, anche perché non rimpiango certo il periodo dell’Unione Sovietica. E con un filo di speranza mi auguro ancora che l’Ucraina si salvi, entri nell’Unione Europea. Me lo auguro per un futuro migliore dei miei figli». Avevano mai pensato di trasferirsi in Italia, magari a Falconara, ad Ancona? «Sì, gliel’ho detto molte volte di farlo, ci avevano fatto un pensierino, ma rimandando l’eventuale trasferimento di qualche anno, ora quasi non possono nemmeno uscire di casa per i rischi». Ma se la situazione precipita non possono tentare di espatriare? «No, se come penso le forze armate arrivano ad occupare tutta l’Ucraina e la capitale credo che instaureranno un regime autoritario con un leader amico di Putin, che non farà più uscire nessuno dall’Ucraina, chiuderanno le frontiere per un bel pezzo».

 

«I nostri cari sono là, nel panico totale Il cielo è rosso e i vetri tremano Non riusciamo a pensare ad altro»

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