di Francesca Marchetti
«Noi ucraini vogliamo vivere con leggi europee, non vogliamo tornare alla Russia perché in passato ha portato miseria nel nostro Paese. Adesso vogliono sequestrare la centrale nucleare di Chernobyl, se distruggono il reattore l’ondata colpirà diverse nazioni. Vogliamo essere liberi, indipendenti e vivere come gli altri stati europei, con le nostre tradizioni che sono tanto belle, la nostra bellissima lingua, la nostra musica popolare che tanto somiglia a quella italiana».
Queste le parole di Plyatsushok Oksana Vasylivna, da tutti conosciuta come Oksana, nata e cresciuta nella città di L’viv, o Leopoli in italiano, che conta più di 700mila abitanti nel nord ovest della repubblica ucraina. Dal 1998 è in Italia, dove ha iniziato una nuova vita e ha trovato l’amore, senza smettere però di pensare alle sorti della sua amata Ucraina, già parte dell’impero russo prima e dell’Urss successivamente, dalla quale è stata riconosciuta l’indipendenza nel 1991.
«Noi ucraini e il presidente Zelens’kyj vogliamo entrare nella Nato e riprendere la nostra Crimea, ma il presidente russo è disposto alla pace solo se rinunciamo. Le zone di Luhansk, Donbas e Donetsk sono diventate “russofile” quando c’era Stalin, dopo 350 anni di battaglia per avere la nostra indipendenza dai russi. Hanno ucciso il nostro Stepan Bandera, molti ucraini sono stati mandati in Siberia. Ora i russofili, che sono ibridi, amano Putin, che offre 130 euro alla gente povera per entrare in Russia. Dopo 75 anni ricomincia la guerra».
«I russi ha portato tante armi in Ucraina, si erano già preparati, non vogliono ritirarsi e hanno tutto il mondo contro, ma al presidente non interessa – continua Oksana – . Non sapremo mai tutta la verità, come sulla seconda guerra mondiale. È dal 2014 che vogliono attaccarci, e anche oggi lo fanno prima a est ma vogliono arrivare fino a ovest, dove ci sono i “veri” ucraini, nazionalisti, quelli che vogliano tenere le proprie tradizioni, che non vogliono far parte della Russia. Essere nazionalisti non vuol dire essere fascisti o nazisti, ma voler bene al proprio Paese e voler mantenere il proprio sistema, la propria identità ed economia. I russi invece vogliono tutte le nostre risorse».
Oksana è arrivata in Italia 24 anni fa per una vacanza da una sua amica a Civitanova. «In Ucraina lavoravo come impiegata all’ispettorato del lavoro in una grande azienda petrolifera e del gas, ma era tutto del governo fino al 1991, spesso non ci pagavano. Nel 1998 la mia amica mi ha proposto di rimanere, ci ho pensato un po’ e ho trovato lavoro come badante, nel 2000 mi sono sposata con Claudio e viviamo a Porto Sant’Elpidio. Poi ho lavorato come commessa e come operaia in una fabbrica di calzature, ma dopo un infortunio sul lavoro ho deciso di cambiare e ho preso il diploma da Oss nel 2009. Dal 2018 sono operatrice socio sanitaria alla Rsa di Recanati, sono contenta e mi piace. Noi ucraini amiamo tanto l’Italia e gli italiani, molti si sono trasferiti e hanno aperto ristoranti o attività e si sono sposati e stanno bene».
Dopo gli ultimi due anni in cui la pandemia ha reso invivibile la situazione nelle strutture sanitarie e nelle case di riposo, ora Oksana ammette di avere paura per questa nuova guerra nel suo Paese di origine.
«Gli amici mi scrivono di questi giorni, sono terrorizzati, ci sono vittime civili perché i bombardamenti si stanno spostando a ovest, come Odessa e vogliono arrivare a Kiev – racconta Oksana -. Ho fratelli e sorelle lassù, alcuni sono obbligati per lavoro a rimanere lì, altri stanno pensando a cosa fare. Mio papà non c’è più, mia mamma ha 85 anni e vive con me, è molto preoccupata per figli e nipoti, ogni giorno guardiamo il telegiornale ma noi che possiamo fare? La povera gente che può fare? Abbiamo anche paura di chiamare la nostra famiglia in Ucraina perché il Kgb potrebbe ascoltare, è un rischio reale per noi».
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