di Claudio Maria Maffei*
La pandemia sembra darci tregua, quella tregua di cui purtroppo la invasione della Ucraina ci impedisce di godere. La tentazione di buttarci la pandemia dietro le spalle è forte, ma questo è il momento più adatto per ragionare sugli errori fatti e per predisporci al meglio ad eventuali malaugurate recrudescenze epidemiche. Perché errori sono stati fatti e in alcuni casi sono stati gravi. Vediamone almeno sei e proponiamoli alla attenzione della politica. Ce ne sono molti altri, ma oggi bastano e avanzano questi.
Primo errore (il più grande): avere ottenuto una scarsa partecipazione dei cittadini alla vaccinazione, e cioè la misura di prevenzione più importante. Vediamo nel grafico gli ultimi dati della Fondazione Gimbe aggiornati al 4 marzo. Eravamo al quintultimo posto come popolazione che ha fatto almeno una dose (82,5% contro il l’88,4% della prima, la Puglia); eravamo al sesto come percentuale di ultracinquantenni non vaccinati (6,7% contro l’1,7% della Puglia) ed eravamo addirittura al penultimo come percentuale di bambini tra i 5 e gli 11 anni vaccinati (22% contro vaccinati contro il 53,4% della Puglia). Si è data la colpa alla “esitazione vaccinale” dei marchigiani e cioè alla loro scarsa propensione alla vaccinazione. Ma è la Giunta in primis a non averci creduto. Come fa la Giunta a recuperare adesso credibilità su questo tema? Ma soprattutto cosa si sta facendo e cosa si farà per promuovere una maggiore futura adesione alla vaccinazione anti-Covid e alle vaccinazioni in generale nella nostra Regione?
Secondo errore: non essere riusciti a “difendere” gli ospedali e in particolare le terapie intensive. Siamo stati a lungo ai primi posti in Italia come tasso di occupazione delle terapie intensive con pazienti Covid e come percentuale di pazienti ricoverati Covid finiti in terapia intensiva. Questo ha significato aumentare il personale in area critica e sottrarlo alle altre aree con una forte riduzione sia della attività programmata sia chirurgica che ambulatoriale e quindi con il formarsi di liste di attesa lunghissime. E’ stata data una spiegazione a questi dati? C’è un programma per evitare in futuro analoghe situazioni? Qual è lo stato vero delle terapie intensive e semintensive degli ospedali non solo in termini di posti letto, ma anche di personale assegnato? C’è un nuovo piano ospedaliero pronto per eventuali nuove situazioni di emergenza?
Terzo errore: non avere trovato soluzioni per mantenere la più alta produzione possibile di interventi e accertamenti diagnostici programmati individuando strutture pubbliche e private che accogliessero ciò che gli ospedali sotto pressione non riuscivano a fare. Che collaborazione è stata chiesta in questo senso al privato? E, soprattutto, in futuro come si affronterà la questione?
Quarto errore: non essersi dati una organizzazione adeguata per il tracciamento nei Dipartimenti di Prevenzione. Anzichè avere personale che cambia continuamente non conviene addestrare personale non sanitario che supervisionato potrebbe tranquillamente svolgerlo? C’è un piano al riguardo?
Quinto errore: la politica dei tamponi. Prima ne sono stati comprati una enormità per l’inutile, pericoloso e fallimentare screening di massa voluto dalla politica con milioni di test probabilmente buttati per la loro scarsa validità e poi si è lasciato campo libero al privato con costi a carico del cittadino. In futuro sarà di nuovo così?
Sesto errore: la cattiva comunicazione. Propaganda tanta (c’era sempre qualche primato da sbandierare), ma informazione poca. I dati epidemiologici non sono mai tati interpretati in modo da far capire dove e come originavano i casi, i dati sui tamponi a lungo sono stati elaborati in modo totalmente diverso dal resto d’Italia e quindi risultavano incomprensibili, i dati sui posti letto di terapia intensiva sono stati forzati, non ci sono state elaborazioni utili per capire le sacche di “maggiore resistenza” alla vaccinazione. Sono solo alcuni esempi. Ma perché non pensare ad una comunicazione serale fatta da un tecnico con una delle tante modalità che la tecnologia oggi consente?
Tutti problemi che andrebbero affrontati adesso sfruttando la minore pressione pandemica. Cambiamo noi prima che il virus cambi un’altra volta.
*Medico e dirigente sanitario in pensione
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