di Michele Carbonari
Un laccio metallico si attacca alla zampa. Da capobranco, perde la leadership e la gerarchia fino a restare isolato. Nel frattempo, la ferita si rimargina da sola ma perde la parte terminale della zampa. Nonostante tutto, riesce a sopravvivere, da solo, alle vicissitudini del mondo animale, procurandosi cibo e acqua senza l’aiuto degli altri. Zoppo, da oltre due anni prosegue la sua “normale” vita da lupo.
È la straordinaria storia di resilienza di “Treppiedi”, così soprannominato dagli esperti del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e dai membri dell’associazione L’occhio nascosto dei Sibillini, che per primi si sono accorti del problema occorso all’esemplare maschio del lupo. «Seguivamo da tempo questa famiglia di lupi composta da otto individui, lui era capobranco – racconta Stefano Ciocchetti, presidente dell’associazione -. Un giorno me li trovai di fronte e li ho fotografati. Ho fatto lo zoom e ho notato che questo lupo aveva un laccio metallico, una trappola che serve per catturare i cinghiali, ma qualsiasi animale una volta che ci casca dentro rimane incastrato. In seguito l’abbiamo seguito con le fototrappole e zoppicava sempre di più. Prima è stato escluso dal branco e ha perso la gerarchia, è stato isolato, e poi ha perso la zampetta. A forza di stringere, piano piano è andata in cancrena, fino a cadere e perderla. Nel 2020 l’ho rivisto, da solo, senza zampa, ma sopravviveva. Per un anno e mezzo non si è saputo più niente. Fino a quando un veterinario del parco mi chiama e mi dice di aver preso un lupo, a cui manca una zampa. Era Treppiedi. Lo hanno “catturato” in una delle loro operazioni di monitoraggio: mettono trappole che non fanno assolutamente male all’animale, con lo scopo di prenderlo e mettere un radiocollare, per tenere sotto controllo e avere informazioni a proposito della popolazione dei lupi. E quello caduto nella trappola era proprio Treppiedi: ha perso peso ma è sempre stato in buona salute. Hanno fatto l’anestesia, una visita e dopo essersi risvegliato è ripartito e ha ripreso la sua vita. Con il gps hanno scoperto che ha fatto 750 chilometri, girando molti comuni della zona – conclude Stefano Ciocchetti -. La parte terminale della zampa è caduta e la ferita si è rimarginata da sola. Lui ha continuato a vivere, da solo, cacciando e procurandosi il cibo nonostante abbia perso la famiglia. Dalle informazioni che abbiamo sicuramente ha più di sei anni. Infatti, il capobranco deve essere riproduttivo, e questo avviene dopo i due anni dalla nascita. E ora sono già passati tre anni dal primo avvistamento».
Alessandro Rossetti, funzionario tecnico e biologo del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, testimonia i primi momenti dopo la cattura di Treppiedi: «Erano le 23,33 della notte tra l’11 e il 12 ottobre 2021, quando il meccanismo di allerta collegato alla trappola ci invia il segnale che è scattata quella posizionata qualche centinaia di metri a nord della località Collemese di Fiastra, in un incrocio di vie e sentieri nel bosco dove i lupi si soffermano spesso a marcare il territorio. Con Federico Morandi, veterinario del Parco, raggiungemmo il sito in breve tempo (il protocollo prevede infatti che per garantire la sicurezza e il benessere dell’animale il sito sia raggiungibile entro 30 minuti dallo scatto) e sul luogo, dove giunsero anche Davide Pagliaroli e Marco Bonanni, i tecnici faunisti incaricati dal Parco, il veterinario Andrea Di Pascasio e una pattuglia dei Carabinieri Forestali di Fiastra. Ci trovammo di fronte ad un individuo maschio adulto di lupo appenninico. Come da protocollo di cattura, dopo una rapida valutazione del peso e dello stato di nutrizione dell’animale, Andrea aveva provveduto immediatamente a somministrare i farmaci sedativi e i tranquillanti che permettono di manipolare in sicurezza (per il lupo e per gli operatori) l’animale. E proprio davanti all’animale addormentato, illuminato solo dalla luce delle lampade frontali, rilevammo l’assenza della zampa posteriore sinistra. Mancava la parte terminale».
Sul posto, quella notte, anche il veterinario Federico Morandi. «La ferita del moncone era ormai completamente rimarginata. Concentrati nelle attività di manipolazione e di applicazione del collare, che avrebbe permesso di seguire il soggetto per i prossimi mesi, non ci tornò subito in mente il lupo in difficoltà, con i segni di un laccio proprio al piede sinistro, che ci aveva segnalato Stefano Ciocchetti già nel gennaio 2019 e poi nel dicembre 2020.
Solo dopo la conclusione delle operazioni, mentre eravamo a distanza dall’animale in attesa del suo risveglio, e mentre iniziavamo a rilassarci dalla tensione che accompagna sempre questi momenti delle attività di cattura degli animali selvatici, ci tornò in mente la storia di quel lupo, a cui era stato dato il nome di “Treppiedi”.
Prendo il cellulare, cerco un po’ freneticamente le immagini e le trovo. L’arto del lupo delle immagini che avevo nel telefono era lo stesso. C’erano altissime probabilità che si trattasse dello stesso animale. Il lupo era Treppiedi. Incredibile, non solo era sopravvissuto alla lesione indubbiamente dolorosissima, che aveva avuto una evoluzione molto lenta (mesi), ma anche alle conseguenze di una forte limitazione al movimento, al mantenimento di un nuovo equilibrio da apprendere dovuto alla perdita della parte terminale del piede. Per ben tre anni era riuscito a mantenere uno stato di nutrizione più che buono. Il peso rilevato quella sera era di 28 chili».
Diversi mesi sono passati da quando i funzionari del Parco hanno messo il radiocollare al lupo, il quale si è subito adattato alla nuova condizione di vita. «Dopo quasi cinque mesi di monitoraggio, oggi possiamo affermare che, tra i lupi che abbiamo potuto seguire tramite localizzazioni satellitari, Treppiedi è sorprendentemente tra quelli che hanno compiuto gli spostamenti maggiori – spiega Alessandro Rossetti -. Il collare, durante questo periodo, ci ha restituito informazioni per un numero totale di 770 localizzazioni a cui ha corrisposto uno spostamento complessivo di 750 chilometri lineari all’interno di una superficie minima di 178 chilometri quadrati. Treppiedi in questo periodo di monitoraggio si è spostato più volte dall’area di cattura, Cessapalombo, fino ad Amandola, riserva dell’Abbadia di Fiastra, Petriolo, Tolentino e San Severino».
L’esempio di resistenza e resilienza di Treppiedi dimostra la grande adattabilità della specie del lupo. Federico Morandi commenta i dati che l’animale osservato ha fornito all’ente. «I risultati, quasi incredibili, ci confermano quanto già conosciuto della elevata vagilità di alcuni individui di lupo e al contempo sulla loro capacità di adattamento anche a condizioni, come una grave menomazione, che li potrebbero rendere particolarmente vulnerabili. Certamente in questa loro capacità adattativa molto viene in soccorso anche l’uomo: molte delle localizzazioni sono infatti in prossimità di attività antropiche dove, senza fatica, Treppiedi è in grado di trovare fonti alimentari come discariche e stalle (dove è noto che le letamaie possono essere siti di smaltimento di materiale “edibile” per un lupo). Il lupo può trarre vantaggio dalla gestione che l’uomo fa del proprio territorio e molto spesso è l’uomo stesso che lo tiene vicino a sé: è stato questo il primo passo che circa 15mila anni fa ha permesso all’uomo di addomesticare qualche individuo del genere Canis».
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