Carabinieri Forestali e del Nucleo Investigativo, in Regione per acquisire documenti e capire con chiarezza se l’alluvione che ha devastato le Marche nella tragica e drammatica giornata di giovedì, sia dovuta a Madre Natura o negligenza umana. Questo è quanto chiedono la Procura di Ancona e il procuratore aggiunto Valentina D’Agostino con la Pm Valeria Cigliola.
Undici morti e due dispersi sono i numeri di un bilancio nero per una inondazione e una calamità che si sono ripetuti a distanza di 8 anni, da quel maggio 2014 in cui a Senigallia i morti da contare furono quattro.
I militari dell’Arma, che anche oggi sorvoleranno in elicottero le zone colpite e devastate dall’alluvione per avere una visione, scatteranno foto e gireranno video dall’alto. Quella che verrà fatta sarà una vera e propria mappatura dal cielo per trovare quei punti deboli degli argini dei fiumi che sono stati sfondati e rotti dall’acqua, per poi studiarli e accertare se ciò sia avvenuto per la mancata manutenzione o altro.
Negli uffici della Protezione Civile regionale, i carabinieri hanno dunque svolto quella che viene comunque definita una “prassi normale in questi casi”, necessaria appunto a ricostruire l’iter di tutto l’evento.
Intanto la procura di Ancona aveva subito aperto un fascicolo per inondazione colposa e omicidio colposo. Le indagini sono a carico di ignoti.
Di certo c’è invece il fatto che, in termini di sicurezza e prevenzione nulla, dal 2014, sarebbe stato fatto.
Ecco che proprio la mancata prevenzione potrebbe essere il primo argomento sul quale incentrare le verifiche degli inquirenti e della Procura, focalizzando le indagini sulla mancata prevenzione riguardante le cosiddette ‘vasche di laminazione’, necessarie a raccogliere le ondate durante le piene fluviali, nonché sulla pulizia degli argini che è fondamentale dal momento in cui tronchi e vegetazione varia hanno ‘fatto da tappo’ in quei punti in cui i ponti sono sorretti anche da più piloni, facendo sì che questi si incastrassero e producessero un effetto diga che ha poi fatto strabordare l’acqua.
I filoni delle indagini saranno dunque due: oltre agli interventi riguardanti il rischio idrogeologico del Misa, si analizzerà dunque pure l’allerta meteo diffusa dalla Protezione Civile che prevedeva un codice ‘giallo’ (che non esclude comunque pericoli quali anche la possibilità di decessi ndr), che non aveva però incluso le fasce collinari e costiere dell’anconetano.
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