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Baccalà, il pesce veloce del Baltico
ideale da mangiare in Quaresima

A TAVOLA - La delegazione di Macerata dell’Accademia italiana della cucina dedicherà a questo pesce una tavola rotonda che si terrà nel teatro comunale di Sant’Angelo in Pontano domenica 12 marzo. Il professor Diego Poli anticipa questo evento con una dissertazione sul merluzzo che viene dal Labrador

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Baccalà con verdure

Siamo entrati nel mese di marzo e quindi ci troviamo in piena Quaresima, il periodo giusto dell’anno per gustare il baccalà. La Delegazione di Macerata dell’Accademia italiana della cucina dedicherà a questo pesce una tavola rotonda che si terrà nel teatro comunale di Sant’Angelo in Pontano domenica 12 marzo. Il professor Diego Poli, amico della Delegazione, anticipa questo evento con una sua libera dissertazione sul merluzzo che viene dal Labrador.

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Diego Poli durante una lezione all’Accademia della Cucina

di Diego Poli

«“Pesce Veloce del Baltico” / dice il menù, che contorno ha? / Torta di mais e poi servono / polenta e baccalà / cucina povera e umile / fatta d’ingenuità / caduta nel gorgo perfido / della celebrità / della celebrità». Pesce veloce del Baltico è una canzone di Paolo Conte, del 1992, che riassume i dati salienti del nostro tema: Baltico, per mari settentrionali, polenta e baccalà, per cibo della quotidianità.
Sono questi i punti di partenza di una riflessione che dal mondo del cibo ci porta alla realtà della nostra storia, fatta di avvenimenti e di trasmissioni di saperi che in questo caso sono anche di sapori.
Cominciamo con il prendere atto che qualche confusione c’è già a partire dalla terminologia, fra l’impiego ufficiale e normato e la pratica dell’uso comune. In Italia, per un decreto ministeriale promulgato nel 1997, con baccalà ci si deve riferire esclusivamente al “merluzzo nordico grigio”, ovvero, secondo la nomenclatura tecnica in latino, alla specie Gadus macrocephalus; viceversa allo stoccafisso corrisponde il “merluzzo nordico bianco”, ovvero, il Gadus morhua. Quanto alla preparazione del prodotto commerciale, e alla sua stabilizzazione per renderlo resistente al trasporto, che fino alle attuali modalità richiedeva tempi molto prolungati, il merluzzo pescato nelle fredde acque dell’Atlantico settentrionale (la Norvegia, le isole Lofoten nel Mar di Barents e le Fær Øer, l’Islanda, i Grand Banks dell’isola di Terranova e il Labrador nel Canada) è sottoposto a due e alternativi metodi di conservazione, giacché il primo, il baccalà, subisce una lavorazione tesa a preservarlo attraverso la salagione, inibendo il deterioramento dovuto alla proliferazione dei microorganismi delle cellule, il secondo, lo stoccafisso, rimuovendo il liquido per il tramite del processo di essiccazione che può avvenire, senza il sale, in modo naturale con l’esposizione all’aperto.
In quelle medesime latitudini, a questi procedimenti sono sottoposti altri animali marini, come la balena e lo squalo, nonché terrestri, come la renna, sin dai tempi più remoti. A motivo di questi trattamenti, per restituire ai tessuti l’originaria consistenza, è necessario che prima della preparazione culinaria il prodotto sia immerso in ammollo per eliminare il sale in eccesso o per reidratarlo.
treantipastinidibaccalaCome avviene di consueto, la lingua parlata non rispecchia né la tassonomia scientifica né il dispositivo giuridico, per basarsi, invece, sulle pratiche delle singole specificità sociali e culturali sorte come risposta alle necessità che nelle dimensioni dello spazio e del tempo sono andate a caratterizzare un uso alimentare che gode di diffusa popolarità. Non c’è pertanto da meravigliarsi se, ad esempio, in Veneto lo stoccafisso assuma il nome di bacalà, tant’è che il ben noto “baccalà alla vicentina” è preparato con lo stoccafisso (o stocco e pescestocco); né c’è da stupirsi che in gran parte del resto del mondo, essendo ovviamente i dispositivi legislativi e i contesti socio-culturali diversi, vengano fatti rientrare indifferentemente fra le denominazioni di baccalà o di stoccafisso i piatti a base di carne bianca appartenente alle specie del tipo merluzzo, siano essi lavorati per salagione e/o per essiccazione.
La difficoltà a tenere distinte le specificità delle tradizioni culinarie aumenta se si prende in considerazione l’ampio spettro delle denominazioni locali. Per restare ancora in Veneto, il bertagnin indica il merluzzo salato che può essere anche un nasello del Mediterraneo, anch’esso appartenente all’ordine Gadiformes, ma di specie diversa rispetto al merluzzo del baccalà e stoccafisso.
Oltre a ciò va anche messo in conto che, nonostante il disposto della normativa italiana, e la riserva sulla denominazione, di baccalà e stoccafisso sempre più sovente si commercializzano “filetti di baccalà” bagnati e messi sotto sale, provenienti da altre specie ittiche meno pregiate, e quindi molto meno costose, come il brosme e la molva (appartenenti alle Lotidae). Perché nel frattempo, le drastiche modificazioni nei consumi alimentari, intervenute con l’agiatezza diffusa iniziatasi in Europa a partire dalla seconda metà del secolo passato, hanno comportato lo stravolgimento dei prezzi di alcuni prodotti fra i quali quelli del baccalà e dello stoccafisso.
Si è pertanto costantemente a rischio della frode alimentare su cui la legislazione statale è tenuta a intervenire; così come, per prevenire lo snaturamento del simbolo gastronomico del baccalà e dello stoccafisso, devono soccorrere le associazioni senza fini di lucro, come la “Accademia dello stoccafisso all’anconitana” e la “Accademia partenopea del baccalà”, allo scopo di tutelare le arti della preparazione di queste squisitezze alimentari.
Prima che il baccalà e lo stoccafisso si affermassero in Italia, aveva ricevuto accoglienza un altro pesce sempre di provenienza settentrionale. Si tratta della aringa (Clupea harengus appartenente ai pesci teleostei dell’ordine Clupeiformes), un prodotto consumato esclusivamente dopo salagione (e da qui anche la denominazione di salacca), il cui commercio sembra essersi sviluppato attorno al 1200, monopolizzato dagli scambi che la potente Lega Anseatica aveva iniziato con il Mediterraneo per favorire il trasporto di truppe e di merci utili per le Crociate. Questo pesce assunse un valore tale da renderlo anche una moneta di scambio. Resterà il cibo della consuetudine giornaliera fino alla comparsa, attorno al 1500, di baccalà e stoccafisso, caratterizzati da migliori valori nutritivi e preferiti per l’ampia gamma di adattamento ai gusti di una cucina più variata.
un-elegante-piatto-di-baccalaLa aringa, specialmente con l’accompagnamento dalla polenta, si conserverà tuttavia ancora a lungo in alcune aree italiane, perché la concorrenza della acciuga e della sardina del Mediterraneo avrà facile gioco nel sostituirla soltanto allorquando i metodi della loro lavorazione ne permetteranno la conservazione nel trasporto.
Quanto fin ad ora detto induce a un’ultima riflessione sulla consuetudine dell’“astensione dalle carni” nel periodo quaresimale, per considerare che, essendo anche il baccalà e lo stoccafisso, così come la aringa o qualsiasi altro pesce, alimenti di una dieta carnea, la cosiddetta astinenza viene piuttosto a prefigurarsi come il ritorno alla consuetudine alimentare solita a un regime alimentare che non poteva nemmeno immaginarsi gli eccessi e l’assortimento che nel tempo sono venuti a sovrapporsi, fino a intervenire sullo stile di vita che, almeno per un periodo contenuto, la Chiesa chiede ai fedeli di mortificare.

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