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Femminicidio di Concetta Marruocco,
scarpe e rose rosse sulla bara bianca.
«Non siamo riusciti a evitare questa morte»

CERRETO D’ESI – Folla nella Collegiata e sindaci in fascia tricolore per l’ultimo saluto alla 53enne uccisa dal marito. Il vescovo Francesco Massara si è rivolto a tutta la comunità. Il nipote a nome di tutti i familiari: «Ognuno di noi deve avere il dovere morale di sensibilizzare su quanto è successo perché non deve mai più succedere. Il sacrificio di Titti servirà a lasciare a tutti noi un mondo migliore». FOTO-VIDEO

 

di Maria Paola Cancellieri (foto/video Giusy Marinelli)

Dovevano volerle bene davvero in tanti perché la chiesa Collegiata di Cerreto d’Esi questa mattina non è riuscita a contenere tutti quelli che hanno voluto rendere omaggio a Concetta Marruocco.
Per salutare la 53enne uccisa dal marito Franco Panariello il 14 ottobre scorso, i figli e la sorella con colleghi e amici, si sono ritrovati a pregare insieme ai sindaci delle città del comprensorio montano.
Ai primi banchi, in fascia tricolore con il primo cittadino cerretese, David Grillini, sedevano la vice sindaco Michela Bellomaria e gli assessori Daniela Carnevali e Stefano Stroppa, i sindaci Daniela Ghergo (Fabriano), Maurizio Greci (Sassoferrato), Tommaso Borri (Serra San Quirico) e l’assessore  Christian Conti in rappresentanza del sindaco Marco Filipponi; il presidente dell’Unione Montana dell’Esino – Frasassi,Giancarlo Sagramola. Il coordinatore di ambito 10, Lamberto Pellegrini. Presente anche Maria Boccaccini, assessore di Matelica, paese dove Concetta lavorava in ospedale.
Tenevano in mano una rosa rossa le attiviste del centro ‘Artemisia’, a cui Concetta si era rivolta trovando il coraggio di denunciare quel marito violento, con il divieto di avvicinarla e un braccialetto elettronico che non ha funzionato.
In chiesa anche le rappresentanti del centro provinciale di Ancona ‘Donne e Giustizia’, dello sportello territoriale di Senigallia ‘Dalla Parte delle donne’, di quello territoriale di Jesi ‘La Casa delle Donne’ e della commissione pari opportunità del comune di Fabriano, che hanno voluto portare anche loro  un fiore rosso da lasciare sulla bara bianca di Concetta.

Una bara avvolta da mazzi di rose bianche, azzurre e gialle, sulla quale è stato posato anche un paio di scarpe rosse, simbolo della violenza di genere.
All’entrata in chiesa il feretro è stato accolto dal gonfalone del comune di Cerreto d’Esi, che con la proclamazione del lutto cittadino, oggi, insieme l’intera comunità  si è unito nel dolore per la morte di ‘Titti’, strappata alla vita e ai suoi affetti da quelle 40 coltellate.
Nessuna lettera d’addio è stata letta al microfono di una chiesa traboccante ma solo all’uscita della bara sul sagrato. Nel silenzio in chiesa, intermezzato solo dalle preghiere e dalle voci del coro, ha invitato a riflettere durante l’omelia  il vescovo Francesco Massara che ha concelebrato la messa e che ha avuto parole di comprensione per Concetta «una donna che era compagna, sorella e madre, che desiderava semplicemente un luogo, una vita dove potersi sentire amata».
Il presule ha invitato i fedeli ad analizzare i grandi temi dell’esistenza e la fragilità che contraddistingue l’umanità, nella speranza di un cambiamento nelle dinamiche sociali. «Questo tragico avvenimento che ha scosso Cerreto d’Esi e tutto il nostro territorio, l’omicidio di una donna, una moglie e una madre che stavolta si chiama Concetta, colpita per mano di un uomo che ha compiuto contro di lei un assurdo e irreparabile gesto di morte, purtroppo sta diventando all’ordine del giorno – ha detto monsignor Massara durante il suo intervento – Sono qui con i familiari e i tanti amici di Concetta per condividere lo strazio. Il nostro cuore è rimasto agghiacciato dalla vicenda per la quale siamo qui riuniti».

A nome di tutti il vescovo della Diocesi di Fabriano-Matelica ha, pertanto, chiesto perdono al Signore «perché ancora una volta come comunità umana sociale e religiosa non abbiamo saputo evitare che l’ennesima crisi familiare sfociasse in tanto pianto, sangue e morte – ha scandito -. Perdonaci Signore perché siamo bravi a dire quello che sarebbe giusto fare, ma lo siamo molto meno quando dobbiamo offrire una presenza, una relazione e un porto sicuro a chi si trova nel bisogno, perché spesso siamo troppo preoccupati di curare le nostre piccole ferite e non ci accorgiamo di chi vive nell’ombra, nel terrore della morte. Perdonaci per tutte quelle volte che abbiamo detto, promesso e perfino giurato: mai più tanto strazio, mai più queste tragedie, mai più violenza sulle donne, mai più femminicidi».

Ha rimarcato che la nostra società alla deriva «si nutre di egoismo, superficialità e indifferenza, si maschera di individualismo e di un narcisismo senza limiti». Ha chiesto ancora perdono «se non siamo impegnati ad educare i nostri figli alla sacralità della vita umana, al rispetto reciproco e al perdono. Aiutaci a non assuefarci al male, a non abituarci alla tragedie, a non rassegnarci di fronte all’ennesima vittima innocente nella più assurda violenza, quella che può generasi nella solitudine di alcune delle nostre famiglie. Aiutaci a donare dopo questa immane tragedia l’abbraccio della solidarietà, il calore della fraternità e l’apertura di cuore. Le nostre lacrime saranno feconde solo quando riusciremo a spogliarci da quelle maschere che ci impediscono di conoscerci e di farci conoscere nella vulnerabilità e nella nostra vera umanità. Questa strada fatta di autenticità, di relazioni e solidarietà è l’unica percorribile se vogliamo abbattere quella spirale di odio e rancore. Nella speranza che la nostra sorella Concetta, tolta da questo mondo così malato, possa godere pienamente dell’amicizia con Te,  Signore, che dal Paradiso possa dare consolazione ai propri cari e riservare una preghiera per ognuno di noi e per questa comunità. La Tua misericordia possa raggiungere tutti coloro che sono coinvolti in questo dramma, vittime e carnefice, nessuno escluso».

All’uscita del feretro dalla chiesa, con tanta commozione l’avvocato dello sportello antiviolenza di Fabriano, ha ricordato che tutte le donne dei centri anti-violenza presenti «sono legate da quel patto di sorellanza per il quale Concetta è e rimarrà in ognuna di noi». Poi ha letto le parole Titti aveva scritto a loro, al termine della prima udienza del processo intentato contro il marito per maltrattamenti.«Questa mattina sono stata ascoltata. – scriveva Concetta – E’ stato davvero difficile raccontare anni di soprusi, ma sono riuscita a raccontare tutto. Dal punto di vista emotivo e psicologico è stato davvero molto pesante ma nonostante la paura di trovarmelo davanti ho pensato che deve essere lui a trovarsi in difficoltà a trovarsi davanti a me per tutto quello che ci ha fatto, e la paura e la tensione sono sparite. Adesso è arrivato il momento di essere combattiva. Non devo più permettermi di intimorirmi. Adesso basta».

Hanno toccato le coscienze anche le parole della lettera di Betty, una delle operatrici del centro Artemisia che ha seguito Titti nel suo percorso di riscatto da una vita segnata dai maltrattamenti.
«Cara Concetta, voglio ringraziarti per avermi cercata e avermi messo accanto alla tua vita, in quel tunnel stretto stretto pieno di violenza e terrore. Mi hai chiesto di incoraggiarti a credere che un’altra vita era possibile. Ci credevi, ci credevamo tutte ma non è bastato. – ha sottolineato in un passaggio – Quando ho saputo come ti aveva ucciso ho cominciato a darmi dei colpi sul corpo contando fino a 40, cercando in qualche modo di sentire quello che hai provato tu. E’ stato agghiacciante». Il centro Artemisia ha chiesto di condannare quella violenza disumana, inconcepibilmente crudele, e di non credere che Titti «sia morta a causa di un raptus. Ti vogliamo bene e continueremo a lottare perché nessuna donna deve essere violata. Ci darai la forza di continuare in questa battaglia».

Ha fatto rabbrividire e vibrare i cuori infine il messaggio letto a nome dei familiari da Vincenzo Bernabei, nipote di Concetta Marruocco. «Ringraziamo del sostegno materiale e morale ricevuto. Ci fa commuovere sapere che esiste del buono e ci da forza per affrontare in pace questo dolore. -. ha detto – Io e te Titti siamo sempre stati quelli che avevamo sempre una buona parola per tutti, che sentivano il bisogno di aiutare gli altri, che amavano gli animali perché in loro vedono l’amore incondizionato. Eravamo e saremo quelli che non giudicano per far sì che qualcosa migliori, quelli che credono nella loro capacità e e credono che nel loro piccolo vada reso migliore questo mondo. Titti hai combattuto tante battaglie al mio fianco, hai sostenuto ogni mio progetto, anche il più stupido e mi hai sempre aiutato a diffondere le mie idee come continuo della mia voce. Ne sono certo Titti, sono nato per vivere anche per te. Il mare era importante con te, ci verrai insieme a me perché sei in me… Mi raccontavi che in quella comunità protetta dove hai vissuto 2 mesi, c’era una ragazzina sola che avevi preso in affetto quasi diventando la mamma adottiva. Avevi un gran cuore, hai sempre aiutati gli altri e questo mondo aveva ancora bisogno di te. Quando eri tornata a casa, volevi anche iscriverti all’Università. Ti saresti meritata di riscattare la vita che avevi vissuto in questi anni».

La scarpe rosse davanti casa di Concetta Marruocco

Le ultime parole del nipote di questa ennesima vittima di femminicidio sono state un appello alla comunità: «Ognuno di noi deve avere il dovere morale di sensibilizzare su quanto è accaduto. Quello che è successo non deve mai più succedere. A voi donne dico siate forti e non sopportate maltrattamenti, denunciate e state attente nel difendervi. A voi uomini ricordo che una donna non si tocca e non si umilia. Devono cambiare le leggi per tutelare le vittime di maltrattamenti. Il suo sacrificio servirà a lasciare a tutti noi un mondo migliore».  Il marito di Titti è in carcere. Tra gli applausi e le lacrime, i palloncini bianchi, gialli e azzurri liberati in volo nel cielo,  si è consumato l’ultimo saluto e l’addio a Concetta Marruocco.

 

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