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«No all’ennesimo bavaglio ai giornalisti,
Mattarella non firmi la legge.
Pronti allo sciopero generale»

IL NO del sindacato Sigim che si schiera contro la modifica al codice di procedura penale per vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari (integrali o per estratto) sino al termine dell'udienza preliminare. «Il testo approvato alla Camera va al di là delle disposizioni europee e viola l’articolo 21 della Costituzione. Dopo la riforma Cartabia sulla presunzione di innocenza, la Pdl Balboni sulla diffamazione che prevede ammende smisurate, la stretta di Nordio sulle intercettazioni, questo è l’ultimo tentativo di minare la corretta informazione. Diciamo no alla censura di Stato e siamo pronti a mobilitarci»

bavaglio«Vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari significa compromettere l’autonomia dei giornalisti. Chiederemo al presidente della Repubblica Mattarella di non firmare una legge con una norma di questo tipo. Diciamo no alla censura di Stato e siamo pronti a mobilitarci con tutta la categoria fino allo sciopero generale per rivendicare l’identità e la dignità della nostra professione e per il diritto a corretta informazione». È la presa di posizione del Sigim (Sindacato giornalisti marchigiani), ma dovrebbe essere una presa di posizione di chiunque abbia a cuore libertà di informazione e trasparenza (pubblicare una ordinanza cautelare nulla più è che riferire ciò che si contesta ad un indagato e che già egli conosce). «Il 19 dicembre scorso – ricostruisce il sindacato – la Camera dei deputati ha approvato una modifica al codice di procedura penale per vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, fino al termine dell’udienza preliminare. Il testo, presentato da Enrico Costa (Azione), è stato votato da tutto l’arco parlamentare, ad eccezione di M5S, Pd e Alleanza Verdi e Sinistra. Se anche il Senato dovesse approvare la norma, l’autonomia dei giornalisti sarebbe compressa. Saremmo costretti a essere meno precisi, analitici e verificabili nel racconto di un atto che è pubblico come la privazione della libertà personale, con il rischio di sapere molto poco fino all’udienza preliminare, diversi mesi o anni dopo il presunto reato». Informare non è un mestiere per curiosi, infatti spesso un giornalista che abbia a disposizione le carte può svolgere un lavoro necessario ad arrivare all’accertamento della verità. Il Sigim cita due esempi di questo: «il caso di Stefano Cucchi, la vicenda della funivia precipitata dal Mottarone». I danneggiati non sarebbero poi mica solo i giornalisti (che sino a prova contraria non scrivono certo articoli per leggerli loro). «Ne sarebbero danneggiati tutti: i cittadini che fruiscono le notizie, i magistrati, i legali di parte e chi è sottoposto alla misura cautelare – dice il Sigim -. Dopo la riforma Cartabia sulla presunzione di innocenza, la Pdl Balboni sulla diffamazione che prevede ammende smisurate, la stretta di Nordio sulle intercettazioni, questo è l’ultimo tentativo di minare la corretta informazione e si aggiunge a uno scenario reso sempre più fragile negli ultimi anni dall’aumento del precariato nel mondo del lavoro giornalistico con pezzi pagati pochi euro, dalle centinaia di stati di crisi con i quali gli editori hanno depauperato le redazioni e dal costante arretramento economico per un contratto ormai fermo da anni. Un giornalista libero è un giornalista che non ha bavagli, ma che è anche sicuro del proprio futuro lavorativo. Respingiamo con forza il sottinteso che esiste dietro questa norma. I giornalisti raccontano e non inventano, non sono «manettari», ma anzi contribuiscono a rendere vivo il campo della democrazia con il loro lavoro di controllo su ogni potere. E non agiamo nell’illegalità: siamo sottoposti a un insieme di regole penali, civili e regolamentari/ordinistiche che determinano la nostra professione. Per la Federazione nazionale della stampa italiana, le Associazioni regionali di stampa e i Comitati di redazione, quindi, questo è l’ennesimo bavaglio all’informazione, oltre che rappresentare un ulteriore squilibrio nel nostro sistema giuridico e costituzionale. Il testo approvato va al di là delle disposizioni europee e viola l’articolo 21 della Costituzione. L’amministrazione della giustizia in privato è sempre una sconfitta per la democrazia. Da qui la richiesta al presidente della Repubblica Mattarella di non firmare una legge con una norma di questo tipo. Diciamo no alla censura di Stato e siamo pronti a mobilitarci con tutta la categoria fino allo sciopero generale per rivendicare l’identità e la dignità della nostra professione, ma soprattutto il diritto di voi lettrici e lettori di avere una giusta e corretta informazione».

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