Tragedia di Rigopiano, finisce con otto condanne e 22 assoluzioni il processo d’appello che si è svolto a L’Aquila. Sono state confermate le condanne primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (2 anni e 8 mesi), per il dirigente della Provincia Mauro Di Blasio (3 anni e 4 mesi), e per il dirigente della Provincia Paolo D’Incecco (3 anni e 4 mesi), per il tecnico Giuseppe Gatto (6 mesi), per l’ex gestore del resort Bruno Di Tommaso, (6 mesi).
Ci sono state poi tre ulteriori condanne: 1 anno e 8 mesi per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo (per falsità ideologica e omissione di atti d’ufficio), 1 anno e 4 mesi per Leonardo Bianco (per falso), ex capo di gabinetto della Prefettura, e 2 anni e 8 mesi per Enrico Colangeli, tecnico comunale di Farindola (per omicidio colposo e lesioni plurime).
Il processo si è svolto davanti alla Corte d’appello de L’Aquila ed è durato un paio di mesi. La strage di Rigopiano risale al 18 gennaio del 2017 quando una valanga distrusse l’hotel alle pendici del Gran Sasso, provocando la morte di 29 persone, tra cui sei marchigiani. Tra loro ci sono anche i parenti delle due vittime del Maceratese Marco Tanda, di Castelraimondo, pilota della Ryanair che ha perso la vita a 25 anni insieme alla fidanzata, Jessica Tinari, e Emanuele Bonifazi, di Pioraco, morto a 31 anni, dipendente dell’hotel. Nelle Marche le altre vittime sono Domenico Di Michelangelo e la moglie Marina Serraiocco, che vivevano a Osimo, lui, poliziotto della squadra Volanti del locale Commissariato, ha perso la vita a 41 anni, lei, commerciante, a 37. Il loro bambino Samuel, al tempo di 7 anni, era sopravvissuto al disastro ed era stato estratto vivo dalle macerie. A Rigopiano erano morti anche Marco Vagnarelli, 44, operaio della Whirlpool di Comunanza e la compagna, Paola Tomassini, di 46, barista della società Autogrill. Dopo sette anni di battaglie legali si apre uno spiraglio per affrontare il terzo grado di giudizio con una base più solida per le famiglie delle vittime che avevano impugnato la decisione dei giudici del Tribunale di Pescara contro l’assoluzione per 25 dei 30 imputati.
«Certo andremo avanti, fino in Cassazione. Il pm Benigni mi ha confermato che in Cassazione si darà di tutto per far riemergere le contestazioni del reato di disastro colposo» spiega Alessandro Di Michelangelo, poliziotto come il fratello Dino, che oggi ha atteso in aula l’uscita dei togati con la madre Loredana, il figlio Francesco e insieme all’avvocato Maria Giovanna Di Rado «che non ci ha mai abbandonato da 7 anni» sottolinea. «Oggi pomeriggio sono state confermate le condanne dei primi 5 imputati del primo grado, in più è stato condannato l’ex prefetto Provolo per falso e depistaggio per aver detto di aver convocato il Comitato ordine di sicurezza pubblica il 17 gennaio, in realtà mai avvenuto. Sono stati disposti i maxi risarcimenti per le parti civili e confermate le altre assoluzioni, quindi in totale sono salite a 8 le condanne su 25 richieste. – aggiunge – Per me un piccolo bagliore di luce di verità dopo 7 anni di dolore e di cammino giudiziario a volte anche drammatico – aggiunge Alessandro Di Michelangelo – anche se ho sempre avuto fiducia nella giustizia e nel lavoro della Procura. Non c’è però nessun vincitore o vinto. Restano solo 29 morti che oggi un tribunale italiano d’appello ha confermato che potevano essere evitate».
E’ rimasto anche oggi lontano dai riflettori Samuel, il figlio di Dino e Marina, ormai adolescente. Ha atteso l’esito giudiziario a casa della sua famiglia a Chieti, composta dal fratello di Marina, Giuseppe e da sua moglie che lo stanno crescendo con tanto amore e in un clima di serenità insieme alla loro bambina.
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